Lotta alla pandemia, cambiamento climatico, disuguaglianze economiche, immigrazione. Il nuovo presidente vuole voltare pagina e dare subito l'immagine della svolta. Ecco gli uomini e le donne che hanno il compito di fare presto

Joe Biden
«I primi cento giorni saranno importanti, ma saranno i primi mille a fare la differenza». Quando nel gennaio 2009 Barack Obama giurò da presidente, primo afro-americano a entrare nello Studio Ovale da Commander in Chief, sapeva che per realizzare la sua “hope”, la speranza in un grande cambiamento, avrebbe avuto bisogno di almeno tre anni. Joe Biden, che mercoledì 20 gennaio ha giurato come 46esimo presidente degli Stati Uniti, la pensa come lui, ma sa che nell’era dei social il suo mandato sarà giudicato - che siano fans o nemici - fin dalle prime mosse.

I fatidici “cento giorni” del più navigato politico americano - che arriva alla Casa Bianca a 78 anni (il più anziano leader della storia Usa), dopo decenni al Congresso, otto anni di vicepresidenza e una vita privata segnata da più di un dramma - saranno realmente decisivi. Perché Biden diventa presidente in un momento di crisi acuta, tra la pandemia, l’emergenza economica che ne è stata conseguenza e quando è ancora fresco il ricordo dell’assalto al Campidoglio da parte di coloro che l’Fbi ha ormai catalogato alla voce “terroristi interni”.
Una crisi di tale portata, con un paese profondamente diviso e che ribolle di rabbia, gli Stati Uniti l’hanno vissuta rarissime volte. Scherzando sulla sua età, con l’ironia del vecchio veterano di tante battaglie, Biden nelle interviste degli ultimi mesi si è sempre presentato come un “candidato di transizione”, pronto ad aiutare e a coltivare nuovi talenti del partito democratico che dovranno cambiare il volto all’America di oggi e cancellare i lasciti di Donald Trump. «Spero di poter dimostrare che con l’età è arrivata la saggezza e che l’esperienza possa rendere le cose decisamente migliori. E intendo farlo presto».

Editoriale
La liturgia dell'impotenza
25/1/2021
Vuole lasciare il segno già nelle prime settimane. Ed è convinto che con un’azione decisa (e con la squadra che la scelto al proprio fianco) già in primavera gli americani potranno verificare che un cambiamento reale è in atto. Ha un passato politico da moderato, è considerato l’uomo del compromesso, ha un occhio di riguardo per ogni forma “bipartisan” ma i suoi primi cento giorni potrebbero consegnare alla storia una delle amministrazioni più progressiste.

Di fronte a quella che ha definito una «crisi di profonda sofferenza umana in piena vista» ha delineato una legge di finanziamento da 1,9 trilioni di dollari chiedendo al Congresso (ora in mano ai democratici) di approvarla in tempi rapidissimi. Con oltre 400mila morti americani di Covid-19 e milioni di famiglie in sofferenza (sono 11 milioni gli americani che ricevono oggi i sussidi di disoccupazione), Biden è obbligato a mettere al primo posto della sua agenda la lotta alla pandemia (e il piano di vaccinazioni).

«Questo è l’annuncio più emozionante che ho avuto modo di fare», ha detto il nuovo presidente presentando il “team” di consulenti scientifici chiamati a varare il programma “scienza e verità” per combattere la pandemia, la crisi climatica e altre sfide che avranno gli scienziati come protagonisti. A guidare la squadra («che farà tornare l’America al vertice della scienza e delle scoperte») Eric Lander, un pioniere nella mappatura del genoma umano «e uno dei ragazzi più brillanti che conosco». Sarà lui, consulente elevato a membro dell’amministrazione, il direttore dell’Ufficio per la Scienza e la Tecnologia, una sorta di nuovo super-ministero che dovrà affrontare le grandi sfide del prossimo decennio.

Una rottura netta con The Donald, il suo mezzo negazionismo sul Covid-19 e le sue dichiarazioni sul cambiamento climatico («è una bufala»). Una rottura codificata dalle parole della vice-presidente Kamala Harris: «La scienza dietro il cambiamento climatico non è una bufala. La scienza dietro il virus non è di parte. Si applicano le stesse leggi, le stesse prove valgono indipendentemente dal fatto che tu le accetti o meno».

Intervista
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Cento giorni e cento milioni di vaccini
. Biden vuole ampliare il ruolo del governo nella distribuzione, creando siti federali per la vaccinazione di massa e centri mobili per chi abita nelle aree rurali, spesso le più povere e le più “negazioniste”. Cento giorni e un piano di aiuti economici da mille miliardi, 1.400 dollari a persona in pagamenti diretti e un programma federale di assicurazione contro la disoccupazione di 400 dollari a settimana. E poi diversi miliardi di dollari per i programmi federali di nutrizione e di assistenza all’infanzia e un aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora in ogni angolo d’America. Con l’aggiunta di 350 miliardi di dollari per gli Stati e 35 miliardi di dollari per i programmi di finanziamento delle piccole imprese. A guidare la politica economica una donna di grande prestigio come Janet Yellen (è stata a capo della Federal Reserve), ministro del Tesoro che avrà al suo fianco altre quattro donne: la ministra del Commercio Gina Raimondo, Katherine Tai (U.S. Trade Representative), Cecilia Rouse (Council of Economic Advisers) e Isabel Guzman (Chief of Small Business Administration).

Biden ha promesso di invertire alcune delle politiche più controverse di Trump e lo vuole fare nelle prime settimane. Visto che molte (come la deregolamentazione sul clima), sono state promulgate attraverso ordini esecutivi e non attraverso leggi del Congresso, il nuovo presidente le può revocare abbastanza facilmente. Ron Klain, il nuovo capo dello staff della Casa Bianca, si è sbilanciato parlando di «dozzine di azioni» su quattro direttrici principali: pandemia, economia, cambiamento climatico e disuguaglianza razziale.

Il ministero dell’Istruzione (lo guida l’ispanico Miguel Cardona) prolungherà il blocco sul pagamento dei prestiti degli studenti, il ministro dei Trasporti (è Pete Buttigieg, l’enfant prodige delle primarie democratiche) eliminerà il divieto di viaggiare da diversi paesi musulmani (salvo regole sulla pandemia). Verranno estese le restrizioni sugli sfratti e i pignoramenti. Gli accordi di Parigi sul clima che Trump aveva stracciato saranno ripristinati e per quanto riguarda la difesa dell’ambiente (ministro dell’Energia è Jennifer Granholm, ex Governatrice del Michigan di origini canadesi) Biden ha deciso di revocare subito il permesso per il gasdotto Keystone XL, cavallo di battaglia di legioni di militanti verdi. Nei primi giorni sarà varato anche l’ordine esecutivo per fermare la fine delle esecuzioni federali e sarà cancellato il divieto per i transgender di prestare servizio nell’esercito.

Un capitolo a parte riguarda l’immigrazione. Il disegno di legge di Biden (e di Kamala Harris che lo ha fortemente voluto) prevede un percorso che dia la cittadinanza americana a 11 milioni di immigrati che vivono, lavorano, studiano da anni negli Stati Uniti senza status legale. Trump nei suoi quattro anni di presidenza ha sempre considerato i clandestini un cancro da estirpare con la forza, con le deportazioni, con le divisioni familiari e l’abbandono di figli (anche quelli ancora bambini) nati negli Usa e quindi cittadini statunitensi a tutti gli effetti (voleva cambiare anche lo ius soli ma ha fallito). Ora quello che lui chiamava “Sleepy” Biden, Biden il sonnacchioso, si avvia a varare una riforma che sarebbe la più grande da quando Ronald Reagan diede nel 1986 la cittadinanza a circa tre milioni di lavoratori clandestini.

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22/1/2021
Il pacchetto legislativo inviato al Congresso prevede due percorsi paralleli per ottenere il passaporto americano. Uno più breve, che riguarda circa un milione di persone che oggi hanno uno status di “protezione temporanea”, come i cosiddetti Dreamers (gli immigrati clandestini arrivati negli Stati Uniti da bambini e che da anni vivono, studiano e lavorano negli Usa) o i “lavoratori essenziali” (operatori sanitari, camionisti, impiegati dei supermercati), il cui lavoro in tempi di pandemia è ancora più rilevante. Un secondo, più lungo (green card, per chi vive negli Usa da almeno cinque anni, poi dopo tre anni cittadinanza) che interessa altri dieci milioni di clandestini, concentrati soprattutto nelle grandi metropoli e negli Stati di confine meridionale.

Quella di Biden sull’immigrazione è una sfida epocale. Tutti i recenti tentativi di riformare il sistema dell’immigrazione sono falliti per l’opposizione “bipartisan” a Capitol Hill. Ne ha fatte le spese quello di George W. Bush, bocciato dal suo partito al Congresso, non è passata quella (più moderata) ideata da Barack Obama. Il nuovo presidente vuole una legge definitiva (11 milioni di nuovi americani sarebbero anche un formidabile bacino elettorale per i democratici) e che rispetto alle precedenti avrebbe anche un significativo cambiamento: non legare più l’allargamento dell’immigrazione alle politiche di sicurezza lungo i confini. Infine sarà cancellata ogni ipotesi di Muro con il Messico.

Un uomo-chiave nella squadra che dalla Casa Bianca guiderà l’America nei prossimi quattro anni sarà l’Attorney General Merrick Garland. Il nuovo ministro della Giustizia è chiamato a gestire uno dei punti più delicati dei “cento giorni” di Biden: i processi a Donald Trump. Letitia James, procuratore generale dello Stato di New York è la donna che The Donald teme di più. Quando l’attrice Whoopi Goldberg le ha dato recentemente il benvenuto in un programma del network televisivo Abc, l’ha presentato come la persona che «potrebbe colpire al cuore» l’uomo più potente (fino a mercoledì scorso) degli Stati Uniti e forse del mondo. Lei non ha mai smesso di indagare nei numerosi processi in cui Trump è invischiato (direttamente o per via dei figli) e da cui si era finora difeso solo grazie all’immunità presidenziale. Insieme a lei anche Cy Vance, procuratore distrettuale di Manhattan (nonché figlio di quel Cyrus Vance Segretario di Stato del presidente democratico Jimmy Carter) che sta indagando sulla Trump Organisation.

Biden, prima di Natale, aveva spiegato ai suoi collaboratori che nel suo progetto per riunificare l’America sarebbe stato meglio evitare i processi all’ex presidente. L’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio e il successivo impeachment di The Donald hanno cambiato rapidamente lo scenario. E ora che Trump progetta di volersi fare un partito tutto suo, il Patriot Party, non solo a Biden, ma anche a qualche repubblicano ai vertici del Grand Old Party, non dispiacerebbe una vendetta postuma per via giudiziaria.