Europa e informazione

Giornalisti uccisi, minacce e affari sporchi: lo scandalo che scuote Atene

di Elena Kaniadakis   10 maggio 2021

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Un cronista morto, un collega intimidito, un presentatore tv con amicizie altolocate arrestato per avere commissionato un finto attentato. E ll Paese scivola al 70° posto nella classifica della libertà di stampa

Nella notte del 17 aprile, un uomo incappucciato sparava a vuoto nove colpi di kalashnikov davanti alla villetta di un presentatore televisivo ateniese, per poi dileguarsi nel buio. La notizia, riportata da alcuni media greci, non aveva suscitato particolare interesse, ma per il giornalista d’inchiesta Kostas Vaxevanis quella strana esibizione di forza aveva un’importanza speciale: rappresentava la propria condanna a morte, e confermava che gli avvertimenti ricevuti nei giorni precedenti stavano assumendo i contorni di una macabra profezia.

Undici giorni prima, il 6 aprile, un uomo si era recato nella redazione di Documento, il principale giornale d’inchiesta greco di cui Vaxevanis è anche editore. In un colloquio durato un’ora, alla presenza del giornalista e di un altro suo collega, l’uomo aveva spiegato che il presentatore televisivo Menios Fourthiotis – ambiguo personaggio al centro di numerosi scandali rivelati da Documento – stava cercando sulla “piazza” qualcuno disposto a compiere due missioni. La prima consisteva nello sparare qualche colpo fuori dalla casa del presentatore, per dimostrare che la sua vita era in pericolo; la seconda nel colpire Vaxevanis e un altro giornalista, di cui la fonte non ricordava il nome.

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Tre giorni dopo, in un sobborgo residenziale a sud di Atene, il giornalista Giorgos Karaivaz viene ucciso con dieci colpi sotto il sole di mezzogiorno: due pallottole lo raggiungono alla testa, sei al petto, una alla gola e un’altra alla mano sollevata in un gesto istintivo di difesa. A imbracciare il kalashnikov contro il giornalista – noto per le sue inchieste sulla criminalità organizzata pubblicate sul sito Bloko – erano stati due uomini con il volto coperto, in agguato fuori dalla sua abitazione. Gli esecutori avevano poi fatto perdere le proprie tracce in sella a una moto, lungo l’autostrada che percorre il litorale della città.

Il giorno dopo l’omicidio, il ministro dell’Ordine pubblico Michalis Chrysochoidis dichiara: «L’assassinio di Karaivaz è un crimine atroce. La Grecia è un paese sicuro, con un tasso di omicidi molto basso: ha a cuore sopra ogni altra cosa la libertà di stampa».
Da lì in avanti, tuttavia, la situazione precipita ulteriormente: il 27 aprile, Fourthiotis viene arrestato con l’accusa di avere commissionato un finto attacco fuori dalla sua abitazione a due uomini, successivamente coinvolti anche in una sparatoria con la polizia. Non più relegato alle pagine della cronaca, il «caso Fourthiotis» finisce per sollevare pesanti interrogativi sui rapporti che legano politici e poliziotti al «mondo della notte», come in Grecia viene chiamata la criminalità organizzata.

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Prima dell’arresto, altri eventi avevano suggerito a Vaxevanis che la sua vita fosse in pericolo. Il 16 aprile, all’alba, un uomo prova a entrare attraverso le scale d’emergenza nella redazione di Documento; una volta scoperto dalla sicurezza, si dilegua aggrappandosi ai tubi di scarico. Appena una settimana dopo, un’altra fonte informa Vaxevanis che, lo stesso giorno della tentata incursione, due uomini armati a bordo di una moto stavano per colpirlo. Ma fermati a un posto di blocco della polizia, erano stati costretti ad aprire il fuoco sugli agenti e scappare.

L’intera catena degli eventi viene raccontata da Vaxevanis ai suoi lettori in un articolo dal titolo “Sono costretto a informarvi perché siete la mia unica protezione”, in cui il giornalista, oggi sotto scorta, ribadisce: «Non mi aspetto nulla dalla polizia».
R edattore di lungo corso, Vaxevanis aveva già ricevuto minacce di morte nove anni fa. Nel 2012 era stato arrestato per aver pubblicato la lista Lagarde, un elenco di duemila potenziali evasori con conti bancari in Svizzera: accusato di avere violato le leggi sulla privacy, il giornalista era stato poi assolto da un verdetto salutato in tribunale con un applauso.

Da allora, diverse inchieste pubblicate su Documento hanno avuto come protagonisti membri del partito conservatore Nea Dimokratia. Nel 2017 il giornale rivela che la consorte di Kyriakos Mitsotakis, l’attuale premier greco, aveva un conto offshore alle Cayman, mentre un anno prima la redazione raccoglie, in Moldavia, le testimonianze di alcuni minori vittime di sfruttamento sessuale che accusano un deputato del partito, poi prescritto dopo una condanna in primo grado.

Sebbene non ci siano prove che uniscono la vicenda di Karaivaz a quella di Vaxevanis, i due episodi dipingono uno scenario fosco per il Paese: il nuovo rapporto dell’osservatorio Reporters without borders ha declassato la Grecia al 70° posto nel mondo per quanto riguarda la libertà di stampa. Nel rapporto si cita non soltanto l’omicidio di Karaivaz, ma anche le ingerenze politiche nel mondo dell’informazione.

Negli ultimi mesi, infatti, alcuni giornalisti hanno denunciato di essere stati aggrediti dalla polizia mentre svolgevano il proprio lavoro e di avere subito censure sui servizi della televisione di Stato. L’episodio più eclatante, tuttavia, avviene con la cosiddetta lista Petsas: è in questa occasione che la storia della redazione di Documento e quella di Fourthiotis iniziano a intrecciarsi.

Nell’aprile scorso, in piena pandemia, il governo finanzia con un piano di 20 milioni di euro i giornali che contribuiscono alla campagna di informazione sul Covid-19. I criteri con i quali vengono elargiti i fondi non sono chiari, ma un dato è certo: Documento è l’unico giornale, tra quelli considerati antigovernativi, a non ottenere neanche un euro.

Nella lista dei beneficiari, al contrario, risulta uno sconosciuto sito internet di proprietà di Menios Fourthiotis, manager di modelle e presentatore poco noto di un programma televisivo su una rete locale, che durante la trasmissione ha lasciato intendere di avere conoscenze importanti nell’attuale governo. Lo strano caso, portato alla luce da Documento, induce il governo a rinnegare i finanziamenti al sito.

Si tratta, tuttavia, solo della prima di una serie di rivelazioni sulla figura del presentatore: Documento scopre che beneficia, inspiegabilmente, di una scorta della polizia, poi revocata; Karaivaz segue il caso e rivela a sua volta che Fourthiotis ha scelto persino il modello delle macchine degli agenti, una prerogativa che spetterebbe ai più alti funzionari dello Stato. Nel gennaio scorso, inoltre, l’ex ministro del Lavoro, appena sostituito in un rimpasto di governo, denuncia in un’intervista a Documento che una persona, non nominata ma la cui descrizione combacia con quella di Fourthiotis, lo aveva minacciato pochi giorni prima nel suo studio per una riforma non gradita.

Per ora né il premier greco né i rappresentanti del governo hanno risposto alle richieste di chiarimento sul rapporto tra Fourthiotis e Nea Dimokratia. Il ministro dell’Ordine pubblico si è congratulato con la polizia il giorno dell’arresto del presentatore, senza nominarlo, con le seguenti parole: «Gli agenti danno prova di grande professionalità: hanno risolto un caso molto difficile e consegnato i sospettati alla giustizia».

Fourthiotis, ora in custodia cautelare, ha negato ogni accusa, ma per Vaxevanis «le istituzioni sono ostaggio di questo strano personaggio: un fatto che può essere spiegato solo pensando che sono sotto ricatto e che il presentatore rappresenti la punta dell’iceberg del rapporto tra politica e malavita».

Un argomento che era pane quotidiano di Giorgos Karaivaz, impegnato nei suoi articoli a mappare le strade che «dal mondo del sottosuolo conducono agli attici del potere». Per rintracciare il movente del suo omicidio, secondo le prime indagini, occorre ripercorrere la lunga scia di sangue che dal 2017 ha stravolto gli assetti del «mondo della notte». Una lotta per riempire nuovi spazi di potere che ha portato a 19 omicidi e 6 attentati falliti contro esponenti di spicco della mafia greca, alcuni dei quali erano in contatto con Karaivaz, impegnato a documentare la «nuova vita della criminalità organizzata».

I suoi articoli descrivevano un parastato già al centro di un’indagine dei servizi segreti greci tra il 2015 e il 2017: una rete di criminali, avvocati e agenti di polizia corrotti dediti a spartirsi i proventi di centinaia di attività illegali, come il traffico di stupefacenti e la gestione di bordelli e casinò.

Complice di questa organizzazione, la corruzione endemica presente nella polizia greca: lo stesso Karaivaz affermava nei suoi articoli che «le bande criminali sono sempre più potenti e arrivano a influenzare la selezione del personale di polizia».

Il caso di Vaxevanis e quello di Karaivaz sono due vicende distinte. Alle diverse indagini in corso spetta il compito di chiarire le dinamiche dell’omicidio del giornalista, e la posizione di Fourthiotis in merito alle minacce denunciate da Vaxevanis. Ma secondo il giornalista «il governo, abituato a delegittimare la voce critica della stampa, è responsabile del clima di ostilità che si è creato nel paese. Agli scettici, chiedo di mostrarmi un commento del governo in merito alle minacce di morte da me subite. Non esiste. Forse Fourthiotis è una persona troppo importante. O troppo pericolosa».