Voci da Bruxelles

«Su verde ed energie rinnovabili l’Italia poteva fare di più nel Recovery»

di Federica Bianchi   29 giugno 2021

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“I titoli sono giusti, ma i pesi non lo sono. Potevamo proporre di meglio”. Parla l’europarlamentare ambientalista Rossella Muroni

«Nel Recovery italiano i titoli sono giusti, meno lo svolgimento e i pesi dati alle misure». A parlare è la parlamentare ambientalista Rossella Muroni, che segue da vicino l'evolversi della politica verde europea, con cui cerca di coordinare gli sforzi italiani, e che, nonostante l'entusiasmo dimostrato dalla Commissione europea verso lo sforzo del premier Draghi, solleva qualche obiezione sulla “messa a terra” del piano.

 

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«Capisco che la Commissione abbia uno sguardo generale ma penso che l'Italia potesse fare di più sull'economia circolare, e in particolare sullo sviluppo del mercato di materie prime secondarie, sull'agricoltura biologica che non è mai stata nemmeno citata dal piano e poi sul tema delle città. Mi sarei aspettata che il piano prendesse in considerazione le principali aree metropolitane e ne facesse uno strumento del cambiamento. Il tutto a partire dai talenti italiani, dalle nostre aree di eccellenza. Anche per le energie rinnovabili avremmo potuto fare di più: il piano prevede che faremo l'eolico offshore ma il 31 marzo avremmo dovuto inviare le linee attuative, illustrando dove avremmo collocato le pale, e non l'abbiamo fatto».

 

È nei dettagli che il governo non realizza pienamente le ambizioni verdi?

«Mettendo il piano a terra ti rendi conto che il Paese poteva fare di più, compreso l'abbattimento delle emissioni, nei fatti fermo al 51 per cento, dunque al di sotto di quel 55 per cento che dobbiamo raggiungere nel 2030. In Commissione ambiente stiamo mettendo a punto 82 emendamenti di modifica per rendere più agevole l'implementazione del piano. Occorre facilitare l'installazione delle rinnovabili e la realizzazione degli impianti per la gestione dei rifiuti».

 

Ritiene il Recovery un'occasione unica per trasformare l'economia e la società italiana?

«L'Italia si espone molto perché il Recovery è vissuto un po' come un totem delle nostre aspirazioni ma ha senso solo se riusciremo prima ad utilizzare quei soldi e poi a farne un metodo con cui agganciare anche le risorse ordinarie della Ue, che tradizionalmente non sfruttiamo. Per questo è importante tenere alta la guardia».

 

A Bruxelles sembrano tutti convinti che con Draghi l'Italia abbia davvero una chance per tirarsi fuori dalla melma degli ultimi vent'anni...

«Il problema è che il piano sviluppa debito. Dunque è chiave che Draghi utilizzi la sua autorevolezza per fare in modo che, passata la crisi, non si torni all'Europa di prima perché altrimenti saremmo davvero nei guai. Il compito di Draghi non è solo lo sviluppo economico del Paese ma soprattutto il cambiamento delle regole europee. La pandemia deve lasciare anche un'eredità positiva».

 

Le donne restano il punto debole della politica di Draghi?

«Noi donne siamo ancora il welfare dell'Italia. E questo deve cambiare. Tanto più adesso che con la pandemia è cresciuta la disoccupazione femminile e la violenza sulle donne. Occorre rafforzare asili e scuole ma anche l'accesso al potere da parte delle donne. In Italia l'ambizione femminile è giudicata come qualcosa di sbagliato mentre è apprezzata negli uomini. Qualcosa si muove ma non abbastanza velocemente. Lo vediamo anche nelle amministrative dove ci sono poche candidate donne. C'è un meccanismo di esclusione che va smantellato e la soluzione non può passare solo dalle spalle delle donne ma la politica tutta deve farsene carico. Giudico negativamente la task force di consulenti sul Recovery messa insieme da Draghi perché non solo contiene esponenti che negano i cambiamenti climatici ma ancora una volta non include nessuna donna». 

 

A Bruxelles è in corso il Consiglio europeo. Uno dei principali temi del giorno è quello dell'immigrazione.

«Ecco sul fronte migranti Draghi dovrebbe smettere di lodare la guardia libica. Si concentra più sui respingimenti che sull'accoglienza ma è il sistema di accoglienza che va potenziato. I migranti scappano da condizioni di vita che noi non accetteremmo per noi stessi. Siamo onesti! Ancora una volta la soluzione del problema è in Europa, che è poi il luogo dove Draghi deve usare tutta la sua autorevolezza».

 

Bruxelles come centro di soluzione dei grandi problemi di questi anni?

«L'Europa si gioca l'identità e il futuro con il modo in cui saprà dare risposte comuni alle questioni migratorie, fiscali, climatiche. Non possiamo sperare in una nuova pandemia per risvegliare la comune coscienza europea».

 

A proposito di coscienza: con le politiche attivamente discriminatorie contro la comunità LGBTQ Victor Orban ha superato ogni limite?

«È giunta l'ora di prendere atto che Orban si trova al di fuori della dimensione democratica europea e dei suoi valori fondanti. Forse chi non condivide i valori democratici europei non ha senso che stia in Europa».