La Corte suprema non blocca la legge entrata in vigore che vieta l’interruzione di gravidanza dopo la sesta settimana, anche per le vittime di stupro, e incentiva la delazione

«Perfetti estranei avranno ora il potere di intromettersi in una delle decisioni più intime affrontate dalle donne. Questa legge è così estrema da non consentire eccezioni nemmeno in caso di incesto e stupro». Interviene con forza, il presidente Joe Biden, per criticare, senza indugi, la decisione della Corte Suprema di non intervenire per bloccare la nuova legislazione sull’aborto entrata in vigore, lo scorso mercoledì, in Texas.

 

E nel farlo, evidenzia due degli aspetti di questa legge più punitivi per le donne: la perdita totale del proprio diritto alla privacy, in quanto pazienti di una struttura sanitaria e il fatto che, nemmeno in casi drammatici di violenza, alla vittima venga consentito di abortire oltre le sei settimane.

 

Perché la legislazione firmata lo scorso maggio, dal governatore repubblicano dello stato, Greg Abbot, e denominata “Senate Bill 8”, vieta categoricamente il ricorso all’aborto appena il battito cardiaco diventa percepibile, evento che, generalmente, si verifica intorno alla sesta settimana. Ora, considerato che la maggioranza di donne scopre di essere incinta oltre quel periodo, si comprende come, di fatto, questo provvedimento renda inaccessibile l’aborto nel 90 per cento dei casi.

 

La cosa più grave, tuttavia, in quanto crea un precedente pericoloso, è che il “Senate Bill 8”, chiaramente anti costituzionale come ha sottolineato lo stesso presidente Biden, è stato pensato proprio per evitare ricorsi e successivi blocchi, garantendo ai cittadini di fare rapporto sui medici che infrangono la legge.

 

Le denunce, dunque, possono arrivare da un’infermiere, da un impiegato della clinica o persino dal conducente di un taxi. Eppure è difficile dirsi sorpresi di questa situazione dal momento che è da circa cinquant’anni che gli attivisti anti abortisti attaccano la sentenza del 1973, Roe v. Wade, per limitare o cancellare il diritto all’aborto negli Stati Uniti. Ed è proprio con questo obiettivo ben chiaro in mente che Donald Trump ha scelto, durante la sua presidenza, i giudici della Corte Suprema, da Brett Kavanaugh a Amy Coney Barrett, accumunati da posizioni anti abortiste così radicali da spingere il giudice Roberts, solitamente moderato, a esprimere in maniera chiara il suo dissenso contro la decisione dei colleghi conservatori. Il Texas, stato solidamente repubblicano, negli ultimi 15 anni è riuscito ad assestare durissimi colpi al diritto all’aborto tanto che, delle 40 cliniche presenti sul territorio, oggi ne restano solo una quindicina, con la conseguenza che già  adesso molte donne devono spostarsi in altri stati per sottoporsi all’interruzione di gravidanza. Il problema vero, pero’, è che a ottobre, quando rientreranno dalla pausa estiva, i giudici della Corte Suprema si troveranno ad affrontare l’ennesimo tentativo di affossare la “Roe v. Wade”, rispondendo al ricorso presentato dello stato del Mississippi contro il blocco del divieto di aborto, in qualsiasi caso, dopo la quindicesima settimana.

 

Se la decisione della Corte dovesse essere a favore degli antiabortisti, molti stati a guida repubblicana, dichiarerebbero immediatamente l’interruzione di gravidanza fuorilegge, dando speranza anche ai gruppi più estremisti che stanno addirittura spingendo per il riconoscimento del feto come persona.

 

Quello che sta accadendo in Texas (dove, intanto, è stata approvata una legge che consente di girare armati senza nessun tipo di permesso o di addestramento), peraltro, trova eco in Europa; e non solo in Polonia dove, dallo scorso gennaio l’aborto è consentito solo per ragioni di salute o per vittime di incesto e stupro, o in Romania, dove solo 28 ospedali su 134, continuano a garantire interruzioni di gravidanza, ma anche nella più liberale Germania. Se da un lato qui il numero dei medici che pratica l’aborto è in costante calo, dall’altro aumentano le barriere e gli ostacoli per poter usufruire di questo servizio tanto che è sempre più normale per donne tedesche cercare supporto nella vicina Olanda.