Il 24 giugno saranno passati due anni dall'annullamento della sentenza Roe vs Wade, a seguito del quale gli Stati hanno limitato l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza. Eppure i numeri continuano a crescere, superando il milione

Mentre in Spagna viene approvata una riforma che consente anche a minorenni, tra i 16 e i 17 anni, di abortire senza il consenso dei genitori; negli Stati Uniti c’è poco da festeggiare. Il 24 giugno saranno passati due anni dall'annullamento della sentenza Roe vs Wade, che dal 1973 proteggeva il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) a livello federale. Ma le donne che scelgono di abortire non sono diminuite. In molti casi però, sono costrette a intraprendere viaggi - che durano anche diversi giorni - per raggiungere quegli Stati in cui abortire è ancora legale. 

 

Dal 2022, sono quattordici gli Stati che hanno vietato del tutto l’aborto. Mentre 27 hanno adottato delle limitazioni in base al tempo di gestazione. Nonostante ciò, nel 2023 sono state oltre un milione le donne che hanno scelto di interrompere una gravidanza, l’11 per cento in più rispetto al 2020. Oltre che da un aumento generale della consapevolezza dei propri diritti riproduttivi, questi numeri si devono agli sforzi di associazioni e cliniche che aiutano le persone ad accedere ai servizi fuori dagli Stati d'origine con politiche particolarmente restrittive. Di conseguenza, c'è un aumento complessivo delle Ivg in quegli Stati in cui questo diritto viene ancora riconosciuto come tale. E la crescita dei casi è evidente in Illinois, dove c'è stato un aumento del 71 per cento. E, soprattutto, in New Mexico, dove le interruzioni volontarie di gravidanza sono cresciute del 256 per cento.

 

«A 17 anni sono stata costretta a viaggiare oltre i confini dello Stato per abortire senza coinvolgere i miei genitori - spiega Vivian, che ha aderito al progetto “Abortion Out Loud” dell’Advocate for Youth, raccontando la sua esperienza -. Non avevo altra scelta se non quella di raccogliere i soldi per pagare l'intervento di tasca mia e di viaggiare in autobus fino all'Illinois. A causarmi un trauma non è stato l'aborto, ma il clima politico». E infatti nell'era post-Dobbs, ovvero la sentenza che ha ribaltato la Roe vs Wade, «le pazienti sono state costrette sempre di più a viaggiare - scrive l'istituto di ricerca Guttmacher - per ricevere cure perché i servizi per l’aborto all’interno del sistema sanitario formale non sono più disponibili nei loro Stati d'origine». 

 

Ma i viaggi per accedere all’aborto non si legano solo a un fattore anagrafico, come nel caso di Vivian. Infatti prima dell’annullamento della sentenza, nella maggior parte dei casi le pazienti si spostavano per motivi come le barriere legali o l'assenza di fornitori di farmaci nel loro Stato di residenza. Ora invece la questione è strettamente connessa ai divieti vigenti nei diversi Stati. E partendo da luoghi in cui le restrizioni sono molto stringenti - come in Florida, Tennessee, Mississippi e Arkansas - le donne sono costrette a dirigersi verso Illinois, Minnesota o New Mexico, alla ricerca di una clinica che possa supportarle. A livello nazionale, il numero di persone che hanno attraversato i confini dei vari Stati per accedere all’aborto è più che raddoppiato, raggiungendo 92.100 nei primi sei mesi del 2023. Contro le 40.600 calcolate a metà 2020. 

 

A mostrare come questi spostamenti siano cambiati nel tempo sono i dati raccolti dal Guttmacher. Ad esempio, nel 2020 oltre 800 residenti della Louisiana sono dovute arrivare fino in Texas per abortire. Ma dopo il ribaltamento della Roe vs Wade, il Texas è diventato uno di quei 14 Stati da bollino rosso per quanto riguarda l’Ivg. E la rotta delle donne della Louisiana è cambiata e le porta verso l’Illinois e la Georgia. A spostarsi, solo nel 2023, sono state oltre 3.500. Da quando anche la Florida ha introdotto numerosi paletti per ostacolare l'aborto, le persone che vogliono accedervi devono viaggiare per quasi 1000 chilometri per arrivare in Carolina del Nord. Un'odissea che dura un giorno intero solo all’andata. Sorte molto simile tocca alle donne dell’Arizona, che invece si spostano verso verso la California meridionale, il New Mexico o il Colorado. Con spostamenti che, anche in questo caso, oscillano tra i 400 e i 1.100 chilometri. 

 

La situazione più critica è sicuramente quella della zona sud-est degli Usa. Lì infatti tutti gli Stati hanno vietato o limitato l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza. Nella Carolina del Sud, ad esempio, il numero di aborti all'interno del sistema sanitario formale è diminuito del 79 per cento. Di contro, la percentuale di aborti forniti alle pazienti che sono costrette a spostarsi oltre confine è schizzato dal 3 per cento del 2020, al 42 per cento dei primi sei mesi del 2023. Tra le regole più vincolanti di questo Stato c'è l'obbligo per le pazienti di fare due viaggi per abortire. Il primo per una consulenza e un altro - almeno 72 ore dopo - per effettuare la procedura. 

 

«Ciò che colpisce di questi nuovi dati è la frequenza con cui le persone viaggiano attraverso più confini di stato per accedere alle cure per l'aborto», afferma Isaac Maddow-Zimet, data scientist di Guttmacher. «Viaggiare per abortire richiede che le persone superino enormi barriere finanziarie e logistiche. Non possiamo perdere di vista il fatto che ciò non è né normale né accettabile: una persona non dovrebbe dover viaggiare per centinaia o migliaia di chilometri per ricevere assistenza sanitaria di base».