Il mega-viadotto colpito dall’esplosione del 9 ottobre è stato costruito dall’oligarca che finanziava le società offshore del violoncellista-prestanome dello zar. Miliardi spostati nei paradisi fiscali e usati anche per comprare una fabbrica di camion. Pubblicizzati dal presidente all’inaugurazione dell’opera con l’amico costruttore: ecco video e foto

Il ponte in Crimea colpito sabato scorso da una devastante esplosione, che ha provocato l'ennesima escalation della guerra in Ucraina, è stato descritto in tutte le cronache, giustamente, come l'opera simbolo dell'annessione russa. Ma è anche un simbolo della corruzione dominante del regime di Mosca. Per misurarne la forza, basta guardare con attenzione le immagini dell'inaugurazione di quel gigantesco viadotto, trasmesse in diretta nel 2018 dalle televisioni statali russe e rilanciate in questi giorni dai media di tutto il mondo.

 

La star è lui, Vladimir Putin. Il presidente russo si fa riprendere mentre inaugura personalmente il ponte sullo stretto di Kherk: il 15 maggio 2018 si mette al volante di un camion rosso, in testa a una lunga e strombazzante colonna di mezzi pesanti dello stesso tipo, che apre al traffico il nuovo viadotto stradale. Con quei 19 chilometri di cemento e asfalto, «Russia e Crimea sono unite per la prima volta nella storia», sottolinea Putin nel suo discorso davanti a un pubblico selezionato, tra grida di giubilo e cartelli che inneggiano a Mosca. Pochi mesi dopo, nel 2019, è stato aperto anche il parallelo viadotto ferroviario, il più danneggiato dall'attacco esplosivo della settimana scorsa, che ha bloccato il traffico dei treni merci con i rifornimenti militari e che viene attribuito dalle autorità russe (ma anche dai servizi americani) alle forze speciali ucraine.

Le immagini dell'inaugurazione del ponte, riviste oggi, nascondono una serie di messaggi di potere. Quando scende dal camion rosso, accolto da due tecnici in mezzo al ponte, Putin si ferma davanti al marchio dell'industria produttrice del veicolo, ovviamente russa: Kamaz. La scritta è vistosa. Quando appare il presidente, la folla che lo aspetta e gli spettatori a casa vedono sullo sfondo il nome di quell'industria privata. Poi, per il discorso, Putin sale su una pedana che fa da palco delle autorità. Tra i pochi ammessi ad affiancarlo, all'estrema destra per chi guarda, c'è un suo vecchio amico, che nel ventennio di Putin è diventato miliardario. Anche grazie a quel nuovo ponte.

 

Si chiama Arkadij Rotenberg e fa parte della cosiddetta «cerchia degli intimi di San Pietroburgo», l'ex Leningrado, la città dove il presidente russo è cresciuto e ha iniziato la sua carriera politica. Con il fratello Boris, Arkadij è padrone del gruppo StroyGazMontazh (Sgm), che sotto i governi di Putin è diventato un colosso delle costruzioni e degli appalti per grandi opere, dalle strade alle ferrovie, dalle centrali ai gasdotti. Nel giorno dell'inaugurazione, Arkadij Rotenberg è sul palco perché il ponte di Kherkh l'ha fatto lui. Il suo gruppo Sgm ha ottenuto l'appalto per costruire il maxi-viadotto stradale con assegnazione diretta, il 30 gennaio 2015, grazie a un decreto firmato dal primo ministro Dmitry Medveded. Nel gennaio 2017 un altro provvedimento del governo gli ha affidato anche la realizzazione del parallelo viadotto ferroviario. Il nuovo ponte è costato più 3 miliardi e mezzo di euro.

Quattro stelle russe: l'ingresso dell'hotel Berg, nel centro storico di Roma, controllato attraverso società estere dai fratelli Arkadij e Boris Rotenberg, ora colpiti dalle sanzioni contro gli oligarchi più vicini al presidente

Arkadij Rotenberg è in cima alla lista nera degli oligarchi sanzionati dall'Unione europea, come si legge nelle motivazioni (aggiornate dopo la guerra), proprio «per aver progettato e costruito quell'opera fondamentale dopo l'annessione illegale della Crimea». Le autorità di Bruxelles, nel testo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea, evidenziano che il gruppo Sgm ha ottenuto dal regime di Mosca molti altri appalti faraonici, sempre con assegnazione diretta senza gara, per ulteriori 7 miliardi di euro, in particolare per le costosissime Olimpiadi di Sochi. L'oligarca è stato sanzionato già dal luglio 2014 anche come presidente del gruppo editoriale Prosvescheniye, che ha gestito la campagna propagandistica per «russificare» i bambini della Crimea.

 

Arkadij Rotenberg è molto legato all'Italia, dove passava lunghe vacanze prima della guerra. Con il fratello Boris ha acquistato ville di lusso, terreni, alberghi, appartamenti e residence turistici sulle coste più esclusive della Sardegna, in Toscana e nel Lazio. Nel centro storico di Roma, in via Aurora, i Rotenberg possiedono un hotel a quattro stelle, con un nome che richiama la famiglia: Berg. Questi beni sono stati colpiti dalle sanzioni e sequestrati già da tempo dalla Guardia di Finanza. Anche Igor Rotenberg, il figlio di Arkadij, controlla proprietà milionarie nel nostro Paese, in particolare una tenuta di 220 ettari sul Monte Argentario e una villa affacciata sul mare a Castiglione della Pescaia.

Il costruttore di regime: la scheda dei Panama Papers sulle società dei paradisi fiscali controllate segretamente dall'oligarca Arkadij Rotenberg, intimo di Putin, che ha costruito anche il ponte tra Russia e Crimea

La famiglia Rotenberg gestisce i suoi ricchissimi investimenti esteri, dall'Italia alla Germania, dalla Gran Bretagna ai Caraibi, attraverso una costellazione di anonime società offshore, rimaste segrete per anni. I nomi di quegli oligarchi vicinissimi a Putin sono stati svelati a partire dal 2016 dalle inchieste giornalistiche sui paradisi fiscali (dai Panama Papers ai Fincen Files) coordinate dal consorzio Icij, di cui fa parte l'Espresso in esclusiva per l'Italia. Il nostro settimanale ha pubblicato nei mesi scorsi la mappa completa delle proprietà italiane dei Rotenberg e di molti altri oligarchi russi ora sanzionati.

 

Le carte riservate dei paradisi fiscali mostrano che le società offshore dei Rotenberg hanno incassato e manovrato somme enormi: oltre 7 miliardi di euro. Da quelle tesorerie non tassabili sono usciti anche i soldi per gli investimenti in Italia. E almeno 200 milioni sono stati riversati ad altre tre offshore, tra cui la Sonnette Overseas, che risultano intestate a un altro grande amico di famiglia di Putin: Sergei Roldugin. Anche lui fa parte della cerchia degli intimi di San Pietroburgo ed è stato, tra l'altro, il padrino di battesimo della figlia primogenita del presidente. Le sue offshore hanno incassato, in totale, oltre un miliardo di euro. Il problema è che Roldugin non ha mai avuto redditi o proprietà in grado di giustificare un patrimonio così grande: fa il musicista, suona il violoncello ed è direttore del conservatorio di San Pietroburgo. Conclusione logica: è solo un fiduciario, un prestanome di lusso. Il suo ruolo di tesoriere segreto di Putin, emerso per la prima volta con i Panama Papers, è ora accreditato anche da atti ufficiali: dopo la guerra in Ucraina, le autorità europee e americane hanno inserito anche Roldugin (con sei anni di ritardo rispetto all’inchiesta giornalistica) nella lista degli oligarchi sanzionati, accreditandolo appunto come fiduciario e prestanome del presidente russo.

Il violoncellista prestanome dello zar: la scheda dei Panama Papers sulle società offshore intestate a Sergei Roldugin, il musicista amico di famiglia di Vladimir Putin (Icij - L'Espresso)

Anche le offshore intestate al violoncellista russo sono state utilizzate come schermo, per nascondere i nomi dei beneficiari di ricchi investimenti internazionali. In particolare la Sonnette Overseas, nel marzo 2008, ha acquistato il 12,5 per cento delle azioni di un'importante società russa, di cui ha ottenuto il controllo insieme a una cordata di altre offshore, rimaste invece anonime: è la Kamaz, proprio la società dei camion. Un’azienda che domina il mercato russo dei camion: in origine era statale, ma fu privatizzata dopo il crollo dell'Urss.

 

Sui colossali flussi di denaro gestiti da quelle e da molte altre società offshore, tutte ricollegabili agli oligarchi più vicini a Putin, sono in corso molte indagini internazionali. Ma le carte riservate dei paradisi fiscali, rese pubbliche dai giornalisti del consorzio Icij, permettono già ora di capire il senso di alcuni passaggi di soldi. Si parte da Mosca: la Federazione russa versa i miliardi degli appalti alle società dei Rotenberg, che poi li trasferiscono in anonime tesorerie offshore, con tecniche da riciclaggio di denaro sporco. Lavati e ripuliti nei paradisi fiscali, quei soldi vengono investiti in tutto il mondo, Italia compresa. E altre centinaia di milioni finiscono nelle società offshore del violoncellista o di altri amici fidatissimi di Putin. Che poi li reinvestono, senza comparire personalmente, in attività economiche e imprese di ogni tipo, anche in Russia. Come la fabbrica dei camion sponsorizzati dal presidente in persona, mentre inaugurava il ponte in Crimea con l'amico oligarca di San Pietroburgo.