In generale, la prospettiva dei mondiali di calcio rappresenta, in Francia, una parentesi serena per l’opinione pubblica. Per un po’ più di un mese, una parte importante del nostro Paese si focalizza sulle partite e sui risultati nazionali, e parla meno di potere d’acquisto, crisi energetica, e riforma delle pensioni. Nel 2018, la vittoria del mondiale in Russia ha anche dato l’occasione a Emmanuel Macron - allora giovane presidente della Repubblica francese, eletto un anno prima - di guadagnare qualche giorno di tranquillità, celebrando l’unità nazionale e la grandezza dell’Esagono.
Cinque anni sono passati. Oggi, il mondiale 2022 in Qatar - il cui fischio d’inizio è previsto per il 20 novembre - non promette giornate spensierate, e provoca invece smorfie imbarazzate da parte dei ministri e dei responsabili della maggioranza. Il mondiale più anomalo di sempre non fa più ridere nessuno a Parigi.
Come potrebbe essere altrimenti? In effetti, la competizione mondiale ha tutti gli attributi del disastro ecologico. Con delle partite che si svolgeranno in enormi stadi effimeri, climatizzati in pieno deserto. Il mondiale produrrebbe 3,6 milioni di tonnellate di CO2 secondo la FIFA (come termine di paragone, basti pensare che si tratta del montante globale di produzione dell’Islanda per un anno). A questa cifra bisogna aggiungere i viaggi per i tifosi: almeno 160 voli quotidiani sono previsti, ossia un volo ogni dieci minuti. Per finire, c’è anche il tema dei diritti umani. Secondo l’inchiesta del Guardian, ci sarebbero stati 6.500 morti, direttamente legati ai lavori sui cantieri. Dei migranti, reclutati soprattutto in Bangladesh, Nepal e India, che vengono sfruttati, pagati male (certe volte non pagati affatto), e che soffrono di problemi di salute. Una cifra che sarebbe molto sopravvalutata, secondo le Ong specializzate.
Le proteste sono partite inizialmente dalla società civile. L’ex calciatore Eric Cantona ha incitato al boicottaggio (parlando di «grande farsa»). Il popolare attore francese Vincent Lindon, a inizio settembre, ha anche lui dichiarato in televisione : «Non guarderò il mondiale. È pura follia!». La sequenza, evidenziata sui social, è diventata virale in poche ore. E i responsabili politici, soprattutto di sinistra, hanno reagito. L’intera coalizione rosso-verde - il partito socialista, gli ecologisti, ma anche i sostenitori di Jean-Luc Mélenchon - hanno tutti dichiarato di essere indignati davanti a «uno spettacolo intollerabile».
Una petizione è anche stata lanciata dall’eurodeputato Raphaël Glucksmann: «Gentile presidente, non partecipate alla coppa del mondo in Qatar». Il testo spiega: «Non andate in Qatar, non mandate nessun responsabile del governo e spiegate perché: bisogna dire che ci sono conseguenze a disprezzare i diritti e la dignità umana. Dite no». L’iniziativa ha raccolto 65.000 firme in una settimana: un risultato modesto, ma che mostra una preoccupazione crescente nell’opinione pubblica, e che si farà sentire di più mano a mano che l’inizio della competizione sportiva si avvicina. In un recente sondaggio, il 65 per cento dei francesi si è dichiarato pronto a boicottare la competizione.
Le conseguenze politiche sono già visibili. Molti sindaci francesi hanno deciso recentemente di annullare gli eventi pubblici organizzati per trasmettere le partite della World Cup. A Lille, Bordeaux, Reims, Nancy, Marsiglia e anche Parigi, le autorità hanno spiegato la loro volontà di non installare maxischermi (una misura anche più facile da fare accettare in pieno inverno).
Dall’Eliseo, sull’organizzazione del mondiale di calcio, è calato un silenzio imbarazzato. Si preferisce non parlare dell’argomento. Emmanuel Macron è sempre stato un grande appassionato di calcio. Per la scorsa coppa del mondo era partito in Russia, per la finale contro i croati. Ma anche per la semifinale, che opponeva Francia e Belgio.
Il dilemma sembra irrisolvibile per il potere francese. Da un lato, Emmanuel Macron ha promesso di fare della lotta contro il riscaldamento climatico una priorità (qualche settimana prima l’elezione del 2022, in un grande comizio a Marsiglia, ha promesso che il suo quinquennio «sarà ecologico o non sarà affatto»). Ma dall’altro, il boicottaggio ufficiale, con una presa di posizione del presidente della Repubblica, sembra impossibile in un contesto di guerra in Ucraina, e nel bel mezzo di una crisi energetica che coinvolge tutta l’Europa. Il Qatar possiede la terza più grande riserva di gas del pianeta. L’impresa energetica francese Total ha annunciato, quest’estate, la sua partecipazione allo sviluppo del più grande giacimento di gas al mondo nell’Emirato. Una sfida strategica: si tratta per gli europei di limitare la dipendenza dalla Russia.
Rimane una domanda complicata: come far accettare alla popolazione stadi giganteschi con l’aria condizionata mentre il governo francese ha chiesto ai cittadini di indossare «il dolcevita» e di abbassare la temperatura per evitare interruzioni di corrente elettrica? «Dobbiamo prestare attenzione ai simboli, e limitare i viaggi di deputati o senatori a Doha», ha confidato all’Express un ministro, imbarazzato.
Per il resto della classe politica, il disagio è notevole. Il presidente del Senato, Gérard Larcher (membro del partito di destra Les Républicains), si è lamentato della situazione, ma senza invitare al boicottaggio. Sulla destra francese, plana ancora l’ombra di Nicolas Sarkozy, l’ex presidente che ha contribuito ad affidare il mondiale al Qatar, dodici anni fa. Un accordo sul quale gravano accuse di corruzione (i processi sono ancora in corso). Inoltre, il giovane pensionato della vita politica è stato colui il quale ha permesso al Qatar di costruirsi un’immagine rispettabile sulla scena internazionale. Ha anche giocato un ruolo di facilitatore per l’acquisto del Paris Saint Germain (Psg), ormai proprietà dei qatari.
Un altro “ex” è uscito della sua (relativa) riserva. François Hollande ha dichiarato: «Se fossi ancora capo di Stato, non parteciperei». I suoi consigli, normalmente, non sono ben accolti dall’attuale capo di Stato. Ma tra la partecipazione o l’astensione, rimane una terza via per Emmanuel Macron. Che la Francia si faccia eliminare dalla competizione prima dei quarti di finale. Una buonissima ragione per non prendere l’aereo.