L’idillio è stato (molto) breve. Diciotto giorni precisi sono intercorsi tra il primo incontro Meloni-Macron a Roma, il 23 ottobre, e la prima crisi diplomatica tra i due Paesi, il 10 novembre, conseguenza del rifiuto italiano di concedere l’autorizzazione allo sbarco dei 234 migranti a bordo della Ocean Viking. L’imbarcazione della ong Sos Méditerranée è finita nel porto di Tolone, in Francia, suscitando l’ira del governo francese. Le misure di ritorsione sono state annunciate con effetto immediato. Per cominciare, la sospensione dell’accordo firmato a giugno scorso, che prevede l’accoglienza da parte della Francia di 3.500 migranti provenienti dall’Italia. Ma anche l’invio immediato di 500 poliziotti al confine italo-francese. La Francia ha inoltre chiesto sanzioni da parte degli altri Paesi europei.
Come spiegare una risposta così categorica? La durezza della reazione dimostra il nervosismo dell’esecutivo francese: l’episodio non può ripetersi una seconda volta. Il rischio politico è troppo importante. Di sicuro, non è una novità: a giugno 2018, Emmanuel Macron aveva rifiutato di far accostare l’Aquarius a Marsiglia. «Avere umanità non implica necessariamente farsi guidare dall’empatia. Se avessi seguito questa strada, non avrei fatto altro che rinforzare gli estremismi xenofobi», aveva dichiarato l’inquilino dell’Eliseo. Quattro anni più tardi, i consiglieri del presidente giustificano il cambiamento di rotta sulla base della «dimensione umanitaria» e dei numerosi minorenni a bordo, ma senza tardare a sottolineare il carattere eccezionale dell’accoglienza.
Sono cinque anni che Emmanuel Macron gestisce con difficoltà il tema dell’immigrazione, sottoposto a una doppia pressione. Da un lato, la sinistra che lo accusa di applicare una politica disumana nei confronti dei migranti, in particolare a seguito della promulgazione, nel 2018, di un’ennesima legge restrittiva sull’immigrazione (aumento della durata della detenzione amministrativa, riduzione dei termini per presentare una domanda di asilo, ecc.). Dall’altro, la destra e l’estrema destra di Marine Le Pen che si sono specializzate nel denunciare l’impotenza del suo governo nell’imporre una riduzione del numero di clandestini presenti sul territorio. In equilibrio tra le due fazioni, Macron naviga con difficoltà su un crinale stretto invocando a gran voce «fermezza» e «umanità».
A Parigi, la polemica è subito diventata nazionale. «Oggi il nostro Paese ha ceduto attraverso la voce del suo dirigente», ha dichiarato Marine Le Pen, anticipando una lunga serie di altre navi. Alcune affermazioni sono più difficili e sorprendenti di altre… L’attacco più feroce è venuto da Gérard Collomb, l’ex ministro dell’Interno e mentore di Macron, ormai in rotta di collisione con il presidente. «Accogliendo l’Ocean Viking, si apre una breccia», ha allertato Collomb che vede nel gesto del presidente «una svolta pericolosa nella gestione della politica migratoria del Paese».
E se Emmanuel Macron, alla costante ricerca del consenso, avesse voluto controbilanciare il suo incontro con Giorgia Meloni? A Parigi, il colloquio discreto è stato molto criticato. Macron è stato, infatti, il primo capo di Stato europeo a incontrare la leader di Fratelli d’Italia. «Una banalizzazione senza confini dell’estrema destra», ha detto il capo dei socialisti Olivier Faure.
Argomenti, questi, spazzati via dai membri della maggioranza. «La tradizione francese è una tradizione di accoglienza. C’è il diritto, ma c’è anche quello che si deve fare in quanto esseri umani», ha dichiarato la presidente dell’Assemblea nazionale, Yaël Braun-Pivet. A volte, può anche succedere che l’interesse politico incontri il dovere di umanità.