Reportage
L’esodo russo nella Georgia pro-Ucraina: «Costretti a vivere nella vergogna per colpa di Putin»
Quasi 80mila gli esuli di Mosca a Tbilisi. Passaporti bruciati in piazza. E monta la rivolta della società civile contro il responsabile del conflitto. Gli expat: «Ci porteremo addosso lo stesso disagio che i tedeschi hanno sentito per anni dopo la Seconda Guerra Mondiale»
Tbilisi (Georgia) – Sul viale Rustaveli, la strada principale di Tbilisi, c'è una ragazza che, sotto la neve, sta in piedi, in cima alla scalinata di fronte al palazzo del Parlamento, con un cartello in mano. C'è disegnata in alto una bandiera russa e poi una scritta:"Mamma, non credere a quello che ti dicono, li stanno ammazzando, non li stanno liberando". Proprio lì accanto, qualche gradino più in basso, un memoriale celebra i soldati ucraini caduti per difendersi dall'invasione dell'esercito di Putin: alcune foto di militari, fiori, lo stemma ucraino e il simbolo della Georgia uniti, uno vicino all'altro. Tbilisi sta reagendo all'invasione russa dell'Ucraina con una mobilitazione della società civile forte, forse la più imponente al mondo, fuori dai confini ucraini.
Ogni giorno cortei e manifestazioni riempiono le vie del centro, di fronte ai palazzi del governo, con migliaia di persone. Nel quartiere antico di Avlabari, fra le vie caotiche di Marjanishvili, intorno agli edifici dell'area residenziale di Vake, compaiono, un po' ovunque, graffiti con i colori giallo e azzurro e lo slogan Slava Ukraini, oppure raffigurazioni della Kartlis Deda, la colossale statua della Madre Georgia che domina sulla città dalla collina di Sololaki, avvolta in una bandiera ucraina.
Fuori dai bar, dai ristoranti, dalle botteghe, si scorgono di continuo lavagne con annunci che offrono gratuitamente pasti, bevande, generi alimentari e di prima necessità, per chi sia in possesso di un passaporto ucraino.
Nella capitale Tbilisi, così come nel resto del paese, sta montando, potente, un'ondata di sentimento anti-russo che ha radici profonde, alimentate dai conflitti nei territori georgiani separatisti di Abkhazia e Sud Ossezia, ora controllati dalla Russia. Eppure, nonostante questo, Tbilisi, che da sempre è una delle destinazioni preferite sia dai turisti che dagli expat russi, è diventata oggi uno degli hub per gli esuli di Mosca che decidono, a seguito della guerra e delle sanzioni, di abbandonare il loro paese.
Secondo alcune stime fornite dal parlamentare armeno Vahe Hakobyan, oltre 6000 russi al giorno starebbero atterrando all'aeroporto di Yerevan. Di questi, almeno il 60% decide di proseguire il proprio viaggio verso la Georgia: si calcola che dall'inizio del conflitto siano sbarcati a Tbilisi, con l'idea di rimanere a medio-lungo termine, quasi 80.000 cittadini russi e bielorussi. «Ieri sera una signora, al panificio, ha rifiutato di servirmi quando mi sono rivolta a lei in russo: non è la prima volta che mi capita, da quando sono qui. Devo prendermi la colpa per tutto quello che fa il governo del mio paese? Sono in Georgia proprio perché non accetto le azioni di Putin e non mi sento a mio agio nella Russia di oggi.».
Anna Efimova, una programmatrice informatica di 27 anni, è arrivata da San Pietroburgo il 4 marzo insieme con il suo ragazzo, che ha deciso di lasciare la Russia in fretta e furia dopo l'introduzione di regole più dure per chi rifiuta l'arruolamento militare. Entrambi, la scorsa settimana, durante una manifestazione di solidarietà all'Ucraina, hanno dato fuoco al loro passaporto, insieme ad un'altra ventina di cittadini russi, in piazza della Libertà, nel cuore di Tbilisi. «A causa di questa guerra saremo obbligati a vivere per decenni nella vergogna - continua Anna - ormai siamo i nuovi nazisti, ci porteremo addosso lo stesso imbarazzo, lo stesso disagio, che i tedeschi hanno sentito per anni dopo la Seconda Guerra Mondiale».
L'esodo russo verso Tbilisi sta avendo degli effetti diretti anche sull'economia della Georgia, con prezzi degli affitti saliti alle stelle e voli aerei costantemente esauriti. Se fino alla metà di febbraio era possibile affittare un bilocale nel centro della capitale con cinquecento euro, adesso ce ne vogliono almeno mille. Si tratta di un fenomeno che, a questo ritmo di arrivi, è destinato ad esplodere, considerato che lo stipendio medio di un impiegato, in Georgia, è di seicento euro al mese. «Mia sorella è già stata sfrattata, da un giorno all'altro - spiega Nino Gelashvili, studentessa di ingegneria all'Università Tecnica Georgiana - così, per evitare sorprese, ho proposto al mio padrone di casa, di mia spontanea volontà, di aumentarmi l'affitto di 100 euro. Queste sono le conseguenze dirette della guerra su di noi, ed è soltanto l'inizio. A più di trent'anni dall'indipendenza, la Russia continua a governare il nostro futuro, i nostri sogni: come potremmo non odiarli?».