Donne violentate e poi trucidate dai soldati russi: i casi da ricostruire sono centinaia. E dove non arrivano le testimonianze si passa all’esame delle salme recuperate (foto di Alessio Mamo)

Quando, dopo la ritirata dei soldati russi dalla periferia di Kiev, le prime donne si presentarono negli uffici della procura della capitale, Oleh Tkalenko capì di trovarsi davanti a quella che era solo la punta di un iceberg. Le donne, provenienti dai villaggi di Bucha, Borodyanka, Hostomel e Irpin, ridotte ad un cumulo di macerie e fosse comuni dalle truppe di Mosca, raccontavano, riluttanti, di essere state violentate e picchiate dai militari. In quei giorni, centinaia di testimonianze sugli stupri perpetrati dai soldati nelle aree che avevano occupato, arrivavano da tutto il Paese.

 

«Le donne erano restìe a parlarne», spiega Tkalenko, vice procuratore della regione di Kiev. «Alcune di loro pensavano fosse inutile, perché i colpevoli non sarebbero mai stati consegnati alla giustizia. Succede di solito che le vittime di stupro inizialmente vogliano raccontare ma poi si ritraggono e solo mesi dopo tornano a parlarne».

Tkalenko intuì che se si voleva accelerare le indagini, era necessario indagare non solo sulle donne in vita, ma anche su quelle che erano state trucidate dai soldati russi. Il vice procuratore è convinto che sui loro corpi, disseppelliti a centinaia dalle fosse comuni, si celino gli indizi su uno dei crimini più atroci e atavici nella storia dei conflitti armati, quello dello stupro come arma di guerra.

Reportage
Torture, stupri e prigionieri usati come schiavi: in Ucraina ora si raccolgono prove sui crimini delle truppe di Putin
21/4/2022

Sul piazzale dell’obitorio di un villaggio nella periferia di Kiev, è parcheggiato un tir refrigerato pieno zeppo di cadaveri. Da quando i russi si sono ritirati in Bielorussia dalle zone a nord della capitale, non c’è più spazio per i morti nelle celle dell’edificio. I sopravvissuti non hanno avuto nemmeno il tempo di festeggiare la liberazione delle loro città che hanno dovuto iniziare a contare i morti e a identificarli. Ogni giorno, decine di persone si avvicinano al veicolo per il riconoscimento delle salme, chiuse dentro sacchi neri e ammassate una sull’altra.

 

A poche decine di metri dal tir, i medici legali della Gendarmeria scientifica francese, inviati in Ucraina dal presidente Emmanuel Macron, lavorano senza sosta con i loro colleghi ucraini per esaminare le salme dei civili uccisi durante il conflitto. Uomini e donne bardati entrano ed escono da un tendone bianco. All’interno, s’intravede un tavolo d’acciaio e su di esso, quel che rimane di una salma disseppellita da una fossa comune 20 giorni fa. Nelle stanze della Corte internazionale di giustizia dell’Aja c’è un processo sui crimini di guerra russi da preparare e il compito dei medici è quello di ispezionare ogni centimetro di pelle, alla ricerca di prove incontrovertibili sulle esecuzioni sommarie, sulle torture, e, cosa più difficile, sugli stupri.

 

«I casi di stupro sono una questione molto sensibile e delicata», aveva detto Tkalenko. «I medici legali hanno il compito specifico di controllare i genitali delle vittime donne e cercare segni di stupro». Ci sono volute 3 settimane e 200 autopsie prima che le prove sui primi casi di stupro perpetratati dai soldati russi su donne poi uccise venissero a galla. A dare per primo l’annuncio è stato Vladyslav Perovskyi, appena 27 anni, un coraggioso medico legale di Kiev che ogni giorno effettua dalle 8 alle 15 autopsie sui cadaveri provenienti dai villaggi occupati dai russi. «Abbiamo già alcuni casi che suggeriscono che queste donne siano state violentate prima di essere uccise a colpi di arma da fuoco», ha detto Perovskyi. «Non possiamo fornire maggiori dettagli poiché i miei colleghi stanno ancora raccogliendo i dati e abbiamo ancora centinaia di corpi da esaminare».

La notizia ha iniziato a fare il giro del mondo. La scienza, con le prime prove sugli stupri, comincia a fare chiarezza su uno dei temi più discussi della guerra. Un tema che, come altri, aveva incontrato il dissenso e la reticenza dei complottisti mondiali, convinti che Bucha sia un teatrino messo in scena dagli ucraini per ottenere più armi dall’Occidente.

 

Ma non solo le evidenze scientifiche non arrivavano dalle sole autorità ucraine, cosa che avrebbe fatto storcere il naso ai filorussi, ma sono state confermate da un team di medici legali stranieri inviati dal più attivo dei mediatori europei sulla crisi ucraina ovvero Macron, con il quale lo stesso Putin si è ufficialmente congratulato per la recente vittoria alle elezioni presidenziali. Unica esternazione di apparente cordialità nei confronti di un Paese occidentale dello “zar” dall’inizio dell’invasione. Uno dei medici francesi che preferisce rimanere anonimo (Parigi non ha autorizzato il team forense a parlare ufficialmente con la stampa), spiega le difficoltà del compito assegnato: «Alcuni corpi sono in condizioni pessime e non è facile trovare segni di stupri e abusi sessuali. Ma abbiamo raccolto prove su alcuni casi di donne che riteniamo siano state violentate prima di essere uccise».

 

Le autorità, al momento, si rifiutano di fornire ulteriori dati o dettagli sul luogo in cui sono avvenuti gli stupri, sull’età delle vittime e sul numero esatto di casi.

 

L’8 aprile, il difensore civico ucraino per i diritti umani, Lyudmila Denisova, ha sostenuto che a Bucha 25 donne sono state tenute in ostaggio in uno scantinato e violentate sistematicamente. Qualche giorno dopo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un discorso al Parlamento lituano, aveva dichiarato che nelle aree occupate liberate, le autorità erano già al lavoro per registrare e indagare sui crimini di guerra commessi dalla Russia. Zelensky aveva parlato di migliaia di vittime e di centinaia di casi di brutali torture. «Si trovano ancora cadaveri nei tombini e negli scantinati. Corpi legati e mutilati e centinaia di stupri, vittime ragazze minorenni e bambini molto piccoli e persino neonati», aveva aggiunto. Un volontario che il primo di Aprile si è recato nelle aree appena liberate a nord di Kiev per aiutare a evacuare i residenti, ha detto di aver incontrato tre donne letteralmente nude uscire dallo scantinato di un palazzo. «Una delle tre era stata picchiata brutalmente e aveva gli arti fratturati. È stata portata via in ambulanza», ha raccontato. Il volontario ha aggiunto di aver anche assistito alle testimonianze di almeno altre 10 donne che avrebbero denunciato alla polizia di essere state stuprate.

«Ci sono molti corpi pesantemente sfigurati che sono semplicemente impossibili da identificare», aggiunge Perovskyi: «A volte la faccia è ridotta ad un cumulo di brandelli. E rimetterla insieme è semplicemente impossibile. E altre volte ancora nei cadaveri manca del tutto la testa». Perovskyi ha raccontato che i cadaveri di alcune donne sottoposte all’autopsia mostravano chiari segni di colpi di arma da fuoco e alcune salme presentavano dai cinque ai sei fori di proiettile sulla schiena.

 

Il sindaco di Bucha, Anatoliy Fedoruk, ha parlato di un vero e proprio «safari ceceno» nella sua città. La Russia ha ripetutamente negato di aver preso di mira i civili durante la guerra. Ma le prove incontrovertibili della scienza iniziano a smentire Mosca.

 

Nonostante ciò, un recente studio dell’Institute for strategic dialogue sulla piattaforma di Facebook rivela che l’Italia è uno dei Paesi dove spopolano di più le fake news sul conflitto. Una disinformazione che sembra sfruttare gli stessi canali dei no-vax. Non a caso, nel corso delle manifestazioni pro-Putin, no-green pass, no-vax e filo-russi si confondono, come se i canali di disinformazione sui vaccini anti Covid-19 e sulla guerra in Russia avessero la stessa matrice (russa?). I post contenenti fake news sulla crisi ucraina sarebbero stati condivisi 208 mila volte in una settimana in Italia, quasi il doppio rispetto alle informazioni ritenute affidabili.

 

Se chiedete a Tkalenko cosa ne pensa di chi crede che Bucha sia un teatrino, vi sorriderà con la compostezza che contraddistingue gli uomini dello Stato. Poi, con gli occhi pieni di rabbia, vi risponderà che «in 20 anni di carriera non ho mai visto gli orrori a cui ho dovuto assistere» dal 24 febbraio ad oggi. «La guerra è qualcosa di molto spaventoso. E questo è quanto».