È una fortezza strategica per controllare Mar Nero e Danubio. Gli ucraini ne hanno ripreso il controllo ma i russi non demordono: «Sappiamo che fino a quando la guerra non sarà finita, non avremo pace»

Una leggenda vuole che Poseidone sollevò dai fondali del Mar Nero uno sperone roccioso come dono per Achille, il più grande dei guerrieri greci che, secondo la mitologia, fu lì sepolto. E come l’eroico semidio anche questo misterioso isolotto ha avuto lunghe guerre nel suo destino. Per quanto remoto, inospitale, perennemente battuto dal vento e in gran parte disabitato, questo scoglio solitario di 0,7 chilometri quadrati è stato conteso per secoli da tutti i popoli della terraferma che si affacciavano su quell’angolo di mare. Lo scorso mese, sulla parte più alta di quella che oggi è conosciuta come l’Isola dei Serpenti, un gruppo di soldati ucraini ha issato ancora una volta la bandiera dopo aver scacciato le truppe russe che gliel’avevano portata via all’inizio della guerra.

 

Nell’ora più buia di Kiev, messa con le spalle al muro da Mosca nel Donbass, la celebre isola del Mar Nero è diventata così il simbolo della battaglia per la libertà del popolo ucraino. Ma se la riconquista di questo strategico avamposto ha in qualche modo risollevato il morale delle truppe e di un’intera nazione, i massicci bombardamenti che si susseguono da mesi hanno scosso le fondamenta e le vite di Vylkove, un piccolo villaggio di pescatori nell’oblast di Odessa, il più vicino insediamento abitativo sulla costa continentale dell’Ucraina all’Isola dei Serpenti, distante appena 31 miglia. Da qui partono le navi per difendere l’isolotto dalle scorribande russe ed è qui che da settimane Kiev ha concentrato una parte delle sue truppe per consolidare la sua presenza sull’area. È a Vylkove che, secondo le intelligence occidentali, Mosca stava preparando un attacco anfibio in grande stile dall’Isola dei Serpenti, chiamata dagli ucraini isola Zmiinyi, con imbarcazioni militari cariche di marines russi.

 

Le onde d’urto causate dalle esplosioni, senza ostacoli in mare aperto in grado di assorbirle, hanno raggiunto la costa e aperto crepe sui muri delle fragili case di legno della città, a ricordare ai suoi abitanti che il loro destino è inesorabilmente legato a quello di questo sperone tempestoso. Da mesi il governo ucraino ha vietato ai pescatori locali di uscire in mare. Una decisione che sta mettendo a rischio l’intera economia di questo caratteristico villaggio, le cui decine di canali navigabili che confluiscono nella foce del Danubio, in quella parte del mare che fiancheggia l’isola dei Serpenti, gli sono valsi l’appellativo di “Venezia ucraina’’.

 

Yuri Suslov, 43 anni, nato e cresciuto a Vylkove, pesca nelle acque del Mar Nero sin da quando era ragazzo: «Questa è una città molto tranquilla. Non eravamo abituati nemmeno al rumore delle macchine, figuriamoci delle bombe». Sulla sua piccola barca di legno, naviga gli stretti corsi d’acqua che nei mesi estivi, più che Venezia, ricordano i fiumi del Vietnam o della Cambogia. Canneti e palafitte fiancheggiano le rive, mentre i bambini giocano tuffandosi dai pontili. Oggi, l’accesso alla foce del Danubio è bloccato da decine di soldati dislocati nei numerosi checkpoint, pattugliati giorno e notte. «È una situazione spaventosa. Dubito però che i russi proveranno ad attaccarci. Con la mira che si ritrovano rischiano di colpire la Romania, a pochi chilometri da qui. E allora sì che sarebbe un bel casino», dice Yuri.

Gli abitanti di Vylkove, ricordano ancora con terrore i giorni in cui i russi, all’indomani dell’invasione, piombarono vicino alla costa con il loro carico di fuoco e bombe. «Fu orribile», ricorda Svitlana, 34 anni, l’unica guida turistica di Vylkove: «Gli aerei volavano sopra le nostre teste e le esplosioni erano molto forti. Gli infissi delle finestre scricchiolavano a causa delle esplosioni. Eravamo terrorizzati».

Gli oltre settemila abitanti di Vylkove sono usciti indenni dai bombardamenti, ma Svitlana sa che non saranno le esplosioni a mettere a repentaglio la sopravvivenza del villaggio, quanto il divieto di pesca dovuto al blocco in mare. «Questa città appartiene ai pescatori e la pesca è la loro principale fonte di reddito. I danni subiti sono enormi. Poi c’è il turismo, che dava lavoro al 25 per cento dei residenti. Io faccio la guida turistica e mio marito il pescatore. Da quando è iniziata la guerra per la conquista dell’Isola dei Serpenti non abbiamo di che campare», dice Svitlana.

Nonostante la storia e la letteratura siano costellate da miti e leggende che da secoli ruotano intorno a questo turbolento scoglio, l’Isola dei Serpenti, la cui amministrazione è sotto il controllo di Vylkove, è salita agli onori della cronaca internazionale lo scorso 24 febbraio, quando, rispondendo ad un messaggio radio di un incrociatore di Mosca che aveva intimato ai soldati di Kiev distaccati nell’isola di arrendersi, Roman Hrybov, ufficiale della Guardia costiera ucraina, rispose: «Nave da guerra russa: andate a farvi fottere».

La frase è diventata oggi lo slogan della resistenza ucraina e la scena è stata anche immortalata in un francobollo raffigurante un soldato ucraino che mostra il dito medio alla nave russa, che nella fattispecie era la celebre Movska, orgoglio della flotta sovietica, affondata lo scorso 13 aprile da un missile ucraino.

 

Svitlana spiega che anche prima della guerra, era molto difficile visitare l’isola per ragioni di sicurezza. «Potevi ottenere un permesso dalla polizia di frontiera, ma francamente era un processo piuttosto complicato e costoso». Oltre al personale militare di stanza nell’isola, le uniche persone autorizzate erano ricercatori e un manipolo di fortunati subacquei che regolarmente perlustravano i fondali attorno all’isola che ospitano 49 specie di pesci e decine di relitti di veicoli e navi militari, come il sottomarino sovietivo “Pike” che giace a una profondità di 35 metri, a ricordare la lunga serie di guerre che ne hanno segnato la storia.

Vladlen Tobak, istruttore subacqueo e fondatore di una scuola di immersioni a Odessa, ha perso il conto delle volte che si è immerso nelle acque attorno all’isola. «Un anno ho trascorso lì un’intera stagione con un team di scienziati. È probabilmente il miglior punto di immersione in Ucraina. C’è un numero enorme di veicoli affondati, senza contare le importanti scoperte archeologiche fatte in quel luogo, come il relitto di una nave carica di tremila anfore risalenti al IV secolo a.C. Molti storici sono preoccupati dagli effetti che questa ennesima guerra avrà sul destino di quei reperti».

 

L’importanza strategica dell’Isola dei Serpenti non sta solo nella sua vicinanza alla foce del Danubio, una posizione che l’ha trasformata in una fortezza a difesa del secondo fiume più lungo d’Europa e importante snodo commerciale del Paese, ma anche nel fatto che controllare l’isolotto significa poter contare su una vera e propria roccaforte militare nel bel mezzo del Mar Nero. Di più, nell’era della guerra moderna, conquistare uno scoglio di quella grandezza a pochi chilometri dalla costa, significa beneficiare di una testa di ponte per le operazioni militari di attacco e difesa e assicurarsi il dominio della fascia di mare compresa tra la costa ucraina e quella romena e le vicine piattaforme del gas che la Russia ha usato come stazioni radar.

Un consigliere del ministero degli Interni ucraino, Vadym Denysenko, ha definito la riconquista dell’Isola dei Serpenti come una «grande vittoria». Denysenko ha spiegato che dopo l’affondamento della Moskva i russi volevano trasformare l’isolotto in un hub di difesa antiaerea e usarlo per controllare l’intera parte occidentale del Mar Nero e lanciare un’invasione terrestre dal mare. «Ora i russi non possono fare nulla in questa zona di mare, tranne, sfortunatamente, bombardare le città ucraine con i missili delle loro navi», ha aggiunto Denysenko.

A Vylkove, gli abitanti sanno molto bene che il loro destino, da secoli, è legato indissolubilmente a quello dell’isola. Al momento, l’incubo di un’invasione russa dal mare sembra lontano. Ma la gente da queste parti è consapevole che la guerra non è ancora finita. Due settimane fa, Mosca ci ha riprovato, attaccando nella notte l’Isola con una serie di razzi, che, secondo fonti ucraine, sono però finiti in mare. «Molte persone pensano che l’isola dei Serpenti sia solo un pezzo di roccia inutile», dice Svitlana: «Ma noi che abitiamo qui, a poche miglia, sappiamo benissimo che non è così. E da mesi paghiamo il prezzo della nostra prossimità all’isolotto. Sappiamo che fino a quando la guerra non sarà finita, non avremo pace e che prima o poi i russi torneranno nel nostro mare e tenteranno in tutti i modi di riprendersela».