Fornituredi armi, accordi economici, scambi di informazioni. Gli storici rapporti privilegiati tra Mosca e Teheran contano molto in funzione antioccidentale

Solo due capi di Stato fra i tantissimi che hanno dichiarato solidarietà a Israele – dagli Usa all’Italia – hanno invece evitato di condannare Hamas per l’attacco del 7 ottobre. Ebrahim Raisi, presidente dell’Iran, finanziatore semi-ufficiale di Hamas (oltre che di Hezbollah nel Nord di Israele), non ha perso l’occasione per minacciare: «Il nostro Paese supporta la legittima difesa della Palestina». Più scivoloso Vladimir Putin: nessuna condanna all’attacco, tutt’al più un generico «va evitata una risposta violenta». E addirittura, negli ultimi giorni, un tentativo di accreditarsi come mediatore. Da che pulpito. Intanto il capo internazionale di Hamas, Ali Baraka, ha scelto il canale tv Russia Today per rivelare che «erano due anni che preparavamo l’operazione». In questa guerra di parole (per ora) si sono inseriti nei giorni successivi la Cina (che compra dall’Iran la metà di tutto il petrolio che consuma), che con posizioni ancora più sfumate è sembrata in vena di ambiguità strategica, nonché l’Ucraina: il capo dei servizi segreti, Kyrylo Budanov, ha scritto sulla Pravda di Kiev di avere le prove che Mosca dirotta ad Hamas le armi sequestrate in battaglia.

 

Ma l’attenzione degli osservatori internazionali si concentra sulla stretta interdipendenza fra Russia e Iran. Forse l’attacco di Hamas non è stato organizzato direttamente dai due grandi sponsor, «ma di sicuro Mosca e Teheran vogliono cogliere l’occasione per riaffermare e rinsaldare la comune avversione per l’America e per transizione per il Paese che è visto come il satellite mediorientale, anche se per la verità fra Mosca e Gerusalemme c’erano antichi legami», riflette Stefano Silvestri, già sottosegretario alla Difesa e consulente degli Esteri. Fra Russia e Iran esiste quella che la Rand Corporation - che ha dedicato al rapporto fra i due Paesi un’analisi di 60 pagine - definisce «partnership di convenienza».

 

Tutto comincia il 1° febbraio 1979 con il ritorno trionfale dell’ayatollah Ruhollah Khomeini a Teheran. In precedenza, Reza Palhavi (al trono dal 1941) era il più fedele alleato degli americani: ora tutto cambia e l’Unione Sovietica è la prima a riconoscere la neonata Repubblica Islamica d’Iran. Il rapporto però s’incrina in fretta perché allo scoppio nel 1980 della guerra Iran-Iraq, l’Urss prende le parti di Baghdad e comincia a rifornirla di armi. Ma già verso le fine del conflitto (1989), nuovo voltafaccia e l’Urss, delusa dal comportamento di Saddam Hussein, torna ad abbracciare la causa iraniana. Stavolta per non mollarla più, neanche dopo il “cambio di denominazione” dell’8 dicembre 1991.

 

Nella vicenda del programma nucleare iraniano e dei possibili risvolti bellici, per esempio, il Cremlino non ha mai smesso di fornire a Teheran materiali, assistenza tecnica, formazione nei centri di ricerca sparsi per il Paese e nella centrale nucleare di Novovoronezh, e infine combustibile atomico in virtù di un contratto decennale firmato nel 2015. In cambio, nell’intricata giungla afghana l’Iran ha cooperato con Mosca nel sostegno all’Alleanza del Nord contro i talebani (operazione a cui parteciparono anche gli Usa) fino al disastro del settembre 2001 (due giorni prima dell’attacco alle torri era stato ucciso il “leone del Panjshir” Aḥmad Shāh Mas’ūd). Poi, Teheran non ha condannato la Russia nella guerra in Cecenia che è andata avanti dal 1999 al 2009, e ha affiancato Mosca perfino nella guerra civile in Tajikistan (1992-97). Quanto al conflitto siriano durato quasi tutto il decennio passato (con la vicenda collaterale dell’Isis in cui tutto il mondo si è trovato unito), l’Iran ha permesso alla Russia nel 2016 di usare la sua base aerea di Shadid Nojeh per gli attacchi all’interno della Siria (permesso però poi revocato per contrasti sul ruolo di Hezbollah) e di far attraversare il suo spazio aereo dai missili di crociera del Cremlino.

 

La più convinta delle alleanze Iran-Russia è stata però forgiata con l’attacco all’Ucraina. Pochi giorni prima del 24 febbraio 2022, il presidente Raisi è volato a Mosca per firmare un accordo di cooperazione in 20 punti. «Il conflitto - scrive la Rand - ha alzato definitivamente la consapevolezza in Russia e Iran che ci sono aree di interesse comune». L’Iran è il maggior fornitore di droni, mitragliatrici e munizioni per Mosca. I russi mandano a Teheran, ha documentato la Cnn, missili anticarro Javelin e antiaereo Stinger sequestrati in battaglia agli ucraini (forniti dagli americani), perché siano “revisionati” e rispediti a Mosca. Nel luglio 2022 l’ayatollah supremo Ali Khamenei accolse Putin alla sua prima visita all’estero dopo l’invasione (la seconda solo nel settembre 2023 in Azerbaijan) con le parole «l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina». Ancora: nell’agosto 2022 la Russia ha lanciato in orbita un satellite per scopi civili: ma dagli ambienti delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche è filtrato, scrive la Rand citando il Pentagono, che potrà monitorare potenziali bersagli americani e israeliani. Infine, fra Russia e Iran, due Paesi sotto sanzioni, si sta sviluppando un’area monetaria comune, con transazioni regolate indifferentemente in rial e rubli e l’incentivo ad altri eventuali alleati a unirsi. Lo stesso schema di alleanza si potrebbe ora ripetere per Israele. Come non si stanca di ripetere Dario Fabbri, il direttore editoriale di Domino, «non possiamo dire con certezza che ci sia stato un avallo russo all’attacco di Hamas ma non possiamo escludere che Mosca sapesse». Sul ruolo dell’Iran, pochi dubbi. Per questo le due capitali sotto più stretto monitoraggio oggi sono Teheran e Mosca.

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