Afd cresce nei sondaggi anche grazie al suo programma anti-immigrati che rischia di avere un forte impatto sull’economia del Paese. E ora anche gli industriali temono le conseguenze politiche della cavalcata dell'ultradestra

Il partito di ultradestra Alternative fuer Deutschland (Afd) cavalca con successo l’inverno dello scontento in Germania e scatta l’allarme. Così, un milione di persone scende in piazza e si mobilita anche il mondo economico. Cosa può succedere a un Paese che sta cercando di riaccendere il motore e superare la crisi economica con una destra estremista dal vento in poppa?

 

Mentre le proteste dei contadini e degli autotrasportatori proseguono, nonostante il governo di Berlino abbia deciso di tirare dritto sulla legge di Bilancio 2024 e mantenere i tagli al diesel per i mezzi agricoli, il partito di ultradestra Afd è al secondo posto in Germania in un sondaggio Civey, e si attesta al 21% dopo la Cdu al 30% e prima dell’Spd al 14%. E questo accade all’indomani delle rivelazioni di un incontro segreto in un albergo di Potsdam tra l’Afd ed esponenti del movimento identitario di destra radicale. Una riunione che ha visto tutti d’accordo sul programma di “remigrazione”, secondo il quale dalla Germania sarebbe necessario espellere chi ha origini migratorie, pur con passaporto tedesco, e chi sostiene e aiuta i migranti. Il tutto in collaborazione con qualche Stato africano compiacente. Anche solo a guardare i numeri è una follia. Secondo uno studio del Bpb, Bundeszentrale für politisce Bildung, in Germania vivono 83,1 milioni di persone, di cui un quarto, cioè 23,8 milioni hanno origini migratorie. Di queste 11,6 milioni sono stranieri e 12,2 hanno il passaporto tedesco.

 

Cosa resterebbe della Germania? Finché l’Afd era un partito di protesta intorno al 10% dei voti, si poteva ancora fare dell’ironia, adesso però la voglia di ridere va a diminuire. A Berlino, Amburgo, Colonia, Lipsia, Magonza, Stoccarda, Halle, Erfurt, Dortmund e Karlsruhe ci sono state manifestazioni di protesta più o meno improvvisate contro il pericolo Afd. Chi ha meno voglia di tutti di scherzare sono manager e imprenditori. Secondo il 78% di un campione di 478 esponenti del mondo economico, politico e della pubblica amministrazione – un Elite-Panel selezionato dall’istituto Allensbach per la Frankfurter Allgemeine Zeitung – l’Afd è un rischio per il Paese, mentre per il 20% è una preoccupazione esagerata.

 

Ma cosa teme in particolare l’impresa? «Tra i nostri dipendenti ci sono persone di oltre 100 nazionalità. Da noi è caldamente benvenuto chiunque voglia impegnarsi a dare un contributo alla svolta energetica e chiunque condivida i nostri valori», ha detto a L’Espresso Leo Birnbaum, amministratore delegato di E.on, gruppo energetico tedesco leader nella fornitura di rinnovabili. Al contrario, «non tolleriamo alcuna discriminazione e discorsi di odio. Per questo prendiamo posizione contro ogni forma di estremismo e di ostilità contro la democrazia», ha continuato Birnbaum sollecitato sull’incontro segreto di Potsdam.

 

Il presidente della Confindustria tedesca (Bdi) Siegfried Russwurm

 

Le grandi aziende in Germania, soprattutto quelle ad alta qualificazione, non possono fare a meno di chi viene da fuori. In una condizione di mancanza di manodopera costante, dove il 43% delle imprese lamenta un organico insufficiente (sondaggio Ifo su 9.000 imprese), e dove la concorrenza con l’offerta di Usa, Regno Unito e Canada è molto forte, attirare la forza lavoro è vitale. E la qualificazione non è l’unico tema, sul tavolo c’è anche la questione dell’invecchiamento della popolazione autoctona, come ha ricordato il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, a margine del Forum economico di Davos. «Siamo una società che invecchia e che ha bisogno di immigrati qualificati. E queste persone devono anche poter essere felici di vivere in Germania». Tutti devono sentirsi a proprio agio, perché altrimenti a “remigrare” oltre alle persone saranno anche le aziende. Per di più chi arriva per un lavoro qualificato di solito ha più di un’opzione tra cui scegliere, arriva con trolley non con le valigie di cartone. È per questo che il discorso dell’ultradestra diventa pericoloso. «Una politica sociale ed economica che punta all’isolamento à dannosa ed è una minaccia al nostro benessere», dice il ceo di Infineon, azienda hitech, Jochen Hanebeck a Spiegel. «Possibilità, rischi, speranze e paure» devono essere discussi in maniera democratica ma «l’idea della “remigrazione” è disumana», ha scritto. Anche l’immagine della Germania nel mondo potrebbe essere danneggiata da un’avanzata dell’estrema destra. A sostenerlo è il numero uno dell’associazione degli industriali, la Bdi, Siegfried Russwurm. «Un movimento politico che rievoca il ritorno del nazionalismo è dannoso per il Paese, per l’economia e per l’immagine e il successo della Germania in un contesto globale», ha detto il leader della confindustria tedesca. Nel momento in cui si era riusciti a convincere il resto del mondo di non avere più inclinazione nascoste per il passo dell’oca – tanto da far dire allo storico israeliano Yuval Noah Harari nel 2022 «abbiamo bisogno che la Germania si faccia valere e guidi» – il rischio concreto è che si torni al “Via”. Per le aziende l’immigrazione è una risorsa che «svolge un ruolo decisivo nel mantenere la nostra prosperità e nel fornire un’assistenza a tutti i cittadini», ha detto il capo di Deutsche Post, Tobias Meyer.

 

Più di tutti l’Afd è una minaccia per quella Germania orientale che nell’ultimo decennio sta tentando di riposizionarsi come centro dell’industria hitech, per uscire dalla crisi economica post-riunificazione. Particolarmente preoccupati sono i giovani imprenditori delle startup emergenti dell’Est. Già Turingia, Brandeburgo e Sassonia (i tre Länder dove si terranno le elezioni il prossimo autunno e dove il potenziale elettorale di Afd già adesso è intorno al 30%) sono luoghi meno attraenti per chi viene da fuori rispetto a Berlino, se l’Afd poi dovesse andare al governo regionale «molte persone dovrebbero emigrare», dice Alexander Kritikos dell’isitituto economico Diw. In Germania la quota di stranieri nelle startup è del 28%, ma chi viene fuori dalle Ue rappresenta il 15% nelle startup dell’Ovest e il 7% di quelle all’Est. «Non possiamo lavorare esclusivamente con manodopera tedesca», spiega Christian Piechnick, capo della startup Wandelbots di Dresda, che fa robotica specializzata per l’industria. In parte perché alcune figure professionali non si trovano in numero sufficiente sul mercato del lavoro tedesco, in parte perché chi viene da fuori ha un compenso spesso inferiore.

 

«Se l’Afd dovesse entrare in futuro al governo in Sassonia, potremmo al massimo esportare arte popolare delle montagne dell’Erzgebirge», continua ironico il giovane imprenditore. In ogni caso il mercato del lavoro a Est della Germania è già adesso meno attraente rispetto all’Ovest per un livello maggiore di xenofobia, e finora la manodopera specializzata non si è fatta influenzare troppo dal clima politico. Se l’Afd dovesse entrare nei governi dei tre Länder dopo le elezioni, le cose potrebbero cambiare. «Uno sviluppatore indiano o un direttore vendite indonesiano ci penserà due volte prima di trasferirsi in un posto in cui deve riflettere bene prima di aspettare alla fermata del bus per via del colore della pelle», ha detto Christoph Stresing dell’associazione federale delle startup.