Il retroscena

Secondo la Nbc, Joe Biden avrebbe definito uno "stronzo" Netanyahu per la guerra a Gaza

di Simone Alliva   12 febbraio 2024

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Il presidente Usa sarebbe ai ferri corti con il premier israeliano per la sua campagna militare, scrive in un retroscena la rete televisiva americana. Che nel suo articolo rivela come in almeno tre occasioni il presidente Usa avrebbe appellato il leader israeliano con questo insulto. Ma il Consiglio di sicurezza smentisce

«Uno stronzo» ("an asshole"). Così il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, avrebbe definito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in alcune conversazioni private avute con i suoi collaboratori. A riportarlo l'emittente Nbc. Sintomo di una frustrazione crescente per la sua incapacità di persuadere Israele a rivedere le sue tattiche militari nella Striscia di Gaza, indicando in Netanyahu l'ostacolo principale. 

 

«Crede che tutto questo sia sufficiente e che debba finire», ha riferito una delle persone riguardo alle opinioni espresse da Biden. Secondo le stesse fonti, nelle ultime settimane Biden ha parlato in privato di Netanyahu, un leader che conosce da decenni, con una schiettezza che ha sorpreso i suoi collaboratori. A volte, riporta l'emittente Usa, Biden si riferisce a Netanyahu semplicemente come "quel ragazzo" e in almeno tre casi recenti il presidente americano lo ha definito uno "stronzo". A una domanda sui commenti privati di Biden su Netanyahu, un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha affermato che i due leader hanno un rapporto di rispetto. «Il presidente è stato chiaro sui punti su cui non è d'accordo con il primo ministro Netanyahu, ma questa è una relazione decennale che è rispettosa in pubblico e in privato», ha detto il portavoce.

 

Secondo quanto riportato ieri da fonti citate dal quotidiano "The Washington Post", Biden sarebbe vicino al punto di rottura con Netanyahu sulla guerra a Gaza, perché il leader della Casa Bianca e i suoi più stretti collaboratori non vedono la possibilità di esercitare un'influenza in forma privata. Secondo le stesse fonti, la "crescente frustrazione nei confronti di Netanyahu ha spinto alcuni degli assistenti di Biden a esortarlo a essere pubblicamente più critico". Dopo essere stato a lungo riluttante, Biden si starebbe "lentamente avvicinando all'idea". Per ora, ricorda la testata, la Casa Bianca ha respinto le richieste di sospendere gli aiuti militari a Israele o di imporre condizioni. Tuttavia alcuni assistenti di Biden gli stanno consigliando di "prendere le distanze da un leader impopolare" ribadendo al contempo il sostegno di lunga data allo Stato ebraico. Biden, spiega il Post, ha "un attaccamento viscerale" a Israele ed è restio a "criticare un primo ministro in carica, soprattutto in tempo di guerra"; tuttavia, la sua pazienza "si sta esaurendo", anche perché si avvia verso una combattuta campagna elettorale e dai sondaggi emerge che i giovani elettori, le persone di colore, i musulmani e gli arabi-americani disapprovano fortemente la sua gestione del dossier.

 

L'articolo, sulla base di interviste a 19 alti funzionari dell'amministrazione e consulenti esterni, molti dei quali hanno parlato a condizione di non essere nominati, sottolinea che un punto particolarmente critico è il piano di Israele di lanciare una campagna militare a Rafah, la città più meridionale di Gaza, che confina con l'Egitto e la cui popolazione è aumentata di quattro volte. Un consigliere di Biden ha fatto notare che lì sono accampati moltissimi profughi che già "non ricevono abbastanza cibo e acqua". Per molti collaboratori del presidente, tuttavia, non sarebbe sufficiente un "cambiamento retorico", ma servirebbe porre delle condizioni per il sostegno a Israele, anche perché c'è un diffuso scetticismo sulla sua capacità di raggiungere l'obiettivo dichiarato della vittoria militare totale su Hamas. L'ultimo colloquio telefonico tra i due è avvenuto ieri, come riferito in una nota dalla Casa Bianca.

 

Nel corso della telefonata, Biden ha ribadito che la sconfitta di Hamas è un "obiettivo condiviso", ma anche che un'operazione militare a Rafah "non dovrebbe procedere senza un piano credibile e praticabile per garantire la sicurezza e il sostegno a oltre un milione di persone che vi trovano rifugio". I due leader, si legge nel resoconto, hanno discusso degli sforzi in corso per il rilascio degli ostaggi e a questo proposito il presidente statunitense ha evidenziato la necessità di sfruttare i progressi compiuti nei negoziati per garantire il rilascio di tutte le persone tenute in ostaggio. Biden, inoltre, ha chiesto misure urgenti e specifiche per "aumentare la portata e la consistenza dell'assistenza umanitaria ai civili palestinesi innocenti". I due leader hanno concordato di rimanere in stretto contatto.