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Messico, manifestanti assaltano il Palazzo Nazionale per chiedere giustizia per i 43 studenti scomparsi nel 2014

di Chiara Sgreccia   13 marzo 2024

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assalto Palazzo Nazionale Messico

Sono passati 10 anni dalla notte della loro sparizione e ancora la verità non è venuta a galla. L'8 marzo un altro studente della stessa scuola di Ayotzinapa è stato ucciso dalla polizia

Sono entrati dentro gli uffici della Procura e hanno dato fuoco ad almeno undici auto della polizia. Come si vede dai video dell’agenzia di stampa Associated Press, una coltre di fumo nero ha riempito in poco tempo il parcheggio dell’edificio. E i pezzi delle macchine esplose sono schizzati per aria. È successo a Chilpancingo, la capitale dello Stato di Guerrero, in Messico, martedì 12 marzo, quando centinaia di studenti si sono riuniti per protestare contro le forze dell’ordine dopo la morte di Yanqui Kothan Gómez Peralta colpito alla testa da un agente di polizia, lo scorso 8 marzo.

 

Era a bordo, insieme ad altri quattro, di un camioncino bianco rubato, che non si è fermato al posto di blocco. Così la polizia avrebbe iniziato a sparare. E uno dei proiettili ha colpito alla testa e ucciso il ragazzo di 23 anni che studiava alla scuola normale rurale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa.

 

La stessa scuola che frequentavano i 43 studenti scomparsi nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2014. Mentre si stavano dirigendo, a bordo di un autobus sequestrato (una pratica comune per le le scuole più povere del Messico perché non sempre dispongono dei mezzi di trasporto necessari agli allievi per spostarsi), verso la manifestazione in commemorazione del massacro di Tlatelolco del 1968. Che si sarebbe svolta il successivo 2 ottobre a Città del Messico, la capitale, per ricordare centinaia di manifestanti uccisi in piazza dall’esercito.

 

La storia
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I 43 studenti, però, non sono mai arrivati a destinazione. Sono scomparsi dopo che l’autobus su cui viaggiavano è stato fermato dalle forze di polizia, nella notte appunto tra il 26 e il 27 settembre 2014. Dopo 10 anni la verità su che cosa è successo è ancora nascosta, sebbene il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador abbia almeno iniziato a fare chiarezza, dichiarando che si è trattato di un crimine di Stato al quale hanno partecipato le forze dell’ordine messicane che sarebbero coinvolte nella sparizione degli studenti. Probabilmente venduti a bande di narcotrafficanti locali.

 

Eppure, nonostante fare luce sulla vicenda dei 43 studenti di Ayotzinapa fosse una delle promesse del presidente López Obrador quando è stato eletto nel 2018, ad oggi i progressi fatti nelle indagini sono pochi: i resti di solo tre degli studenti sono stati trovati e identificati, l’esecutivo ignora le accuse degli investigatori secondo cui l'esercito si rifiuterebbe di rivelare alcuni documenti che potrebbero fornire informazioni sul luogo in cui si trovano i corpi. E due detective federali che stavano indagando sui 43 studenti, sono scomparsi per due giorni. Per poi riapparire illesi.

 

«Spero che questo non sia legato a coloro che non vogliono che troviamo i giovani», ha detto López Obrador mentre i familiari degli studenti continuano a chiedere disperatamente giustizia. Pochi giorni prima dell’uccisione di Gómez Peralta, il 6 marzo, un gruppo di manifestanti ha assaltato il Palazzo Nazionale di Città del Messico: sfondando, con un furgoncino bianco della compagnia elettrica statale del Messico, il portone d’ingresso dell’edificio storico, sede del potere esecutivo. Il tutto mentre il presidente teneva la conferenza stampa quotidiana.  

 

 

«La porta sarà riparata, non è niente», ha commentato López Obrador nel tentativo di ridurre l’eco delle proteste. Sebbene da 10 anni i familiari delle vittime non smettano di manifestare per uno dei casi più controversi della storia del Messico, in cui le sparizioni di massa purtroppo non sono rare.