Medio Oriente in fiamme

«Raisi era solo una marionetta. Il regime in Iran ora potrebbe fare una mossa a sorpresa: come scegliere un presidente donna»

di Chiara Sgreccia   22 maggio 2024

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L’esperto di relazioni internazionali Pejman Abdolmohammadi fa un quadro del Paese diviso tra festeggiamenti e celebrazioni dopo la morte del presidente in un incidente aereo. «Un nuovo presidente più moderato potrebbe rabbonire le diplomazie internazionali e instillare il dubbio nella popolazione che un cambiamento sia in atto»

«Tutti sono felici per la morte di Raisi», esclama Narges, nome di fantasia che nasconde l’identità di una trentenne come tante di Teheran. Subito dopo averlo detto, stappa una bottiglia di vodka, si riempie il bicchiere e beve tutto d’un fiato. Ha i capelli sciolti, lo sguardo vispo, sembra malizioso: «Quelle madri in nero che piangono per i loro figli non hanno ancora alzato la testa e tu devi pagare per le loro lacrime» aggiunge con un filo di voce.

 

Narges spiega, poco prima di chiudere la videocall, che sono versi tratti da un vecchio poema che parla di assassini: «Assassini di bambini». Il web è pieno di post, più o meno allusivi, che descrivono con gioia la morte del presidente della Repubblica Islamica dell’Iran Ebrahim Raisi. L’elicottero su cui viaggiava insieme al ministro degli affari esteri Hossein Amir-Abdollahian e altre 6 persone si è schiantato al suolo vicino al confine con l’Azerbaijan il 19 maggio.

 

CI sono video su Instagram in cui si vedono donne e uomini festeggiare sulle note della canzone Helikopter del 2015, del musicista bosniaco Fazlija. Che spopola in Iran proprio nelle stesse ore in cui prima a Tabriz, poi a Qom, infine a Teheran si svolgono i funerali di Raisi: è il 21 maggio e migliaia di persone si sono riunite in ogni città per rendere omaggio all’ex presidente.

 

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«Posso essere onesta? Ho iniziato a ballare quando ho saputo che era morto. Non sono la sola che ha mostrato gioia per la morte del macellaio di Teheran», ha detto senza troppe preoccupazioni la giornalista e attivista politica Masih Alinejad, iraniana naturalizzata americana, in un’intervista a Abc news. In cui poco dopo spiega che ad avere veramente potere nella Repubblica islamica è la Guida suprema Ali Khamenei: «Tutti lo sanno. Per questo la morte di Raisi non poterà miglioramenti per il popolo iraniano. Almeno non fino a quando i leader degli Stati democratici non si renderanno conto che è arrivato il momento di supportare la popolazione. Perché la Repubblica islamica dell’Iran non si può riformare. Quello che chiedono le persone è di rimuovere l'intero sistema».

 

È d’accordo anche il professore di Relazioni internazionali del Medio Oriente all’Università di Trento, analista associato dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, Pejman Abdolmohammadi: «La morte di Raisi non crea un problema istituzionale per l’Iran che, infatti, è già all’opera per indire le nuove elezioni il prossimo 28 giugno - e che ora è guidato dall’ex vice presidente Mohammad Mokhber, una figura poco nota ma importante, fedele alla Guida suprema, con buoni contatti in politica estera, soprattutto nel Golfo persico. Ma ha, invece, rilevanza dal punto di vista politico». Come spiega Abdolmohammadi, Raisi era una «marionetta perfetta», in grado di unire gli interessi del clero ultraconservatore, quindi della Guida suprema, e dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione islamica, «per questo poteva essere le figura giusta per sostituire l'ayatollah. Con Raisi come Guida Suprema il figlio di Khamenei, Mojtaba, avrebbe avuto di fatto il potere restando nell’ombra, senza quindi la necessità di trasformare apertamente la repubblica islamica in una dinastia. La sua morte inaspettata, invece, ha causato uno shock nella già fragile élite che guida la Repubblica islamica».

 

Per il professore dell’Università di Trento il fatto che il popolo iraniano non voglia una riforma della Repubblica islamica ma un cambiamento radicale non significa, però, che la Repubblica islamica non provi a farsi percepire come diversa: «Bisogna vedere quali saranno i candidati che potranno partecipare alle elezioni, che - ricordiamo - non sono libere ma controllate dal Consiglio dei Guardiani. La Repubblica islamica potrebbe comportarsi in maniera astuta cercando di attirare il consenso dei riformisti, fingendo di concedere più libertà. Scegliendo così un nuovo presidente più moderato, magari una donna - nonostante l'ambiguità della Costituzione - capace di rabbonire le diplomazie internazionali e instillare il dubbio nella popolazione che un cambiamento sia in atto».

 

Come chiarisce Abdolmohammadi per capire quello che succederà e il ruolo che avrà l’Iran nello scacchiere mediorientale: «Dobbiamo aspettare. È troppo presto dirlo adesso. Quello che è sicuro è che la popolazione è pronta al cambiamento, uno spirito rinascimentale pervade le persone, la rivoluzione culturale è fatta, come abbiamo visto con le proteste del 2022, dopo la morte di Mahsa Amini. Lo spazio per agire si sta creando, ora serve la scintilla in grado di generare la trasformazione, che non possiamo sapere quando arriverà.  E servirebbe che gli Stati liberal-democratici smettessero di comportarsi da ipocriti e prendessero atto della situazione reale del Paese. Un nuovo ordine in Medio Oriente potrebbe partire proprio dalla trasformazione dell’Iran».