Post europee
Elezioni in Francia, azzardo o rischio calcolato?
La mossa di Macron di sciogliere le Camere e il successo del Rassemblement National al Parlamento Ue spaccano la politica francese: da sinistra, a destra, al centro emergono nuovi equilibri
Il 30 giugno in Francia si rivota. Visti i risultati delle appena concluse Europee, durante le quali il partito di destra estrema Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella ha raggiunto il 31,36 per cento, il doppio dei voti rispetto a Renaissance, la coalizione di Emmanuel Macron, il presidente francese ha deciso di sciogliere le camere subito dopo i primi exit poll del 9 giugno e di indire le elezioni anticipate. Che si terranno tra il 30 giugno e il 7 luglio (secondo turno). «Siamo pronti a governare se i francesi si fidano di noi», ha commentato subito Le Pen.
Se il Rassemblement National emergesse come il partito più numeroso alle prossime elezioni Macron potrebbe essere obbligato a nominare un primo ministro del partito della Le Pen, probabilmente il suo presidente, Jordan Bardella di 28 anni. Ma l’esito delle elezioni in cui i francesi dopo due anni esatti dalle ultime politiche, torneranno a scegliere i 577 deputati dell'Assemblea nazionale, non è scontato. Anche perché i colpi di scena che stanno segnando la Francia post europee rendono precari molti equilibri fino a oggi considerati fermi, non sono all’interno della nazione.
Subito dopo l’annuncio con cui Macron ha anticipato lo scioglimento delle Camere, migliaia di persone sono scese nelle piazze delle più importanti città come a Place de la République a Parigi, per invocare una coalizione contro l’estrema destra. Così la France Insoumise, i Verdi, il Partito socialista e il Partito comunista hanno annunciato la creazione di un nuovo fronte popolare in vista delle elezioni, che presenterà candidature uniche al primo turno. Mentre Macron il 12 giugno ha lanciato un appello a tutta la popolazione che «rifiuta gli estremi» affinché voti per i partiti di centro. In modo da salvare la Repubblica sia dal bigottismo dell’estrema destra sia antisemitismo della sinistra radicale. Jean-Luc Mélenchon, fondatore de La France Insoumise, partito di sinistra che ha raggiunto il 9,89 per cento delle preferenze alle europee, conquistando 4 seggi in più rispetto al 2019, che fin da subito è stato chiaro nel supporto al popolo palestinese e nella condanna alle azioni israeliane lungo la Striscia di Gaza, se l’è presa.
Contemporaneamente, però, anche a destra è scoppiato il caos: il presidente dei Repubblicani, eredi del gollismo, Eric Ciotti, di origini italiane, ha annunciato mercoledì che il suo partito si sarebbe alleato con il Rassemblement National in vista delle elezioni, notizia confermata subito anche dal leader di RN Bardella: «Una scelta saggia, che mette l’interesse dei francesi prima di quello dei singoli partiti». Pochi secondi dopo I Repubblicani si sono spaccati: il comitato politico dei partito ha comunicato di aver votato all’unanimità per rimuovere Ciotti dall’incarico che è stato espulso dal partito. «Sono e resto presidente», «solo i militanti possono negarmi questa legittimità» ha risposto lui annunciando che avrebbe intrapreso un’azione legale contro la decisione del comitato politico. Ma non è finita qui: anche la destra radicale si sta frammentando come conseguenza successo ottenuto dal Rassemblement National: il partito di Le Pen e Bardella ha chiesto anche agli estremisti di Reconquête di allearsi in vista delle elezioni di giugno, a tutti tranne al fondatore del partito Eric Zemmour considerato troppo oltranzista e pericoloso. Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, che aveva lasciato Rn per entrare in Reconquête prima delle presidenziali del 2022 ha accettato l’invito in nome di un’unione delle destre che potrebbe conquistare più voti.
Secondo i primi sondaggi, RN sarebbe in vantaggio per le elezioni, potrebbe ottenere da 235 a 265 seggi, molti di più rispetto agli 88 di oggi ma non abbastanza per raggiungere la maggioranza assoluta. E, indipendentemente dal risultato delle urne, Macron - l’ha già ribadito- non lascerà la presidenza della Repubblica francese per altri tre anni, resterà in carica fino al 2027 continuando a essere il responsabile della difesa e della politica estera.
Se la sua scelta, non dovuta, di sciogliere le Camere sia stato un azzardo, come molti gli rimproverano, o un rischio calcolato, come sostiene chi crede che il voto delle europee sia stato di rabbia e non di buon senso, si chiarirà il 30 giugno. Nel frattempo le piazze francesi continuano a riempirsi di persone ogni sera che da Parigi a Lille, da Lione a Tolosa sperano che il Paese non finisca nelle mani della destra estrema.