E poi il riassunto del summit Nato, l'ennesima evacuazione di Gaza city, i viaggi di Orban come presidente Ue, i risultati delle elezioni in Francia e Iran, i disastri dell'uragano Beryl, il contrasto ai matrimonio precoci in Sierra Leone. Ecco i fatti da sapere della settimana

Usa, Biden confuso: sostegno dei democratici a rischio
«Non avrei scelto il vicepresidente Trump come vicepresidente se non avessi pensato che fosse qualificata per essere presidente», ha detto il presidente statunitense Joe Biden, in corsa per le presidenziali di novembre 2024, quando dovrà sfidare il repubblicano Donald Trump, per rispondere alla domanda di un giornalista di Reuters durante la conferenza stampa indetta durante il vertice dei leader della Nato che si è concluso l’11 luglio a Washington. La gaffe ha seguito di poco un’altra fatta qualche ora prima, quando durante un incontro sempre al meeting Nato, Biden ha presentato l’ucraino Volodymyr Zelensky come il «presidente Putin». «Il presidente Putin?», ha detto resosi contro dell’errore: «Batteremo il presidente Putin, presidente Zelensky. Sono così concentrato nel battere Putin. Dobbiamo preoccuparcene». Come sottolinea il New York Times, le gaffe di Biden non avrebbero potuto essere più inopportune: arrivano mentre il presidente cerca di contrastare la crisi di fiducia dei democratici che iniziano a pensare a un nuovo candidato in vista delle presidenziali.

 

 

Usa, vertice Nato
A conclusione del vertice Nato che si è tenuto, in occasione del 75esimo anniversario dell’Alleanza Atlantica, a Washington Dc, i leader hanno redatto un documento di 38 punti da cui si evince che il sostegno a Kiev è irremovibile e la traiettoria dell‘Ucraina verso l’ingresso nella Nato «irreversibile». Avverrà, però, quando «ci sarà un accordo tra gli alleati e saranno rispettate le condizioni richieste». Dal documento si capisce anche che la Russia resta la minaccia più significativa alla sicurezza dell’Alleanza. Ma per la prima volta viene formulata un accusa diretta anche nei confronti della Cina, considerata come «facilitatore decisivo» dell’aggressione russa, compici anche Iran e Corea del Nord. A minacciare la Nato però non sono solo i rivali esterni, anche l’ombra del voto Usa fa paura.


 

Gaza, ennesima evacuazione 
Mentre in Qatar avrebbero dovuto riprendere i colloqui per una tregua e un accordo per il rilascio degli ostaggi per porre fine alla guerra, arrivata al decimo mese (dal 7 ottobre, almeno 38.345 persone sono state uccise e 88.295 ferite), l’esercito israeliano il 10 luglio ha ordinato di evacuare Gaza city, di nuovo. Era già successo a gennaio, in occasione della prima invasione di terra, ma da tempo decine di migliaia di persone erano tornate a ripopolare la capitale di fatto della Striscia. Mercoledì scorso l’esercito israeliano ha lanciato migliaia di volantini intimando alla popolazione di andarsene perché una nuova pesante offensiva sarebbe ricominciata: secondo la Difesa civile di Gaza adesso ci sono decine di corpi sono sparsi nei vicoli e all'interno delle case distrutte nella zona industriale della città, dopo il ritiro delle truppe israeliane.

 

Ucraina, missili contro gli ospedali
L’8 luglio scorso la Russia ha lanciato 40 missili su tutto il territorio ucraino causando almeno 41 morti e circa 170 feriti nelle regioni di Kiev, Dnipro, Kryvyi Rih, Sloviansk, Kramatorsk. Un missile subsonico ha colpito l’ospedale pediatrico Okhmatdyt nella capitale, tra i più importanti d’Europa. L’offensiva è stata una delle più gravi dall’inizio invasione russa: Volodymyr Zelensky ha promesso ritorsioni e chiesto «una risposta più forte» da parte dell’Occidente, che ha subito condannato Mosca per i suoi «crimini di guerra».

 

Ue, i viaggi di Orbán
Dopo sette giorni di presidenza di turno dell’Ue, è salita la tensione tra l’Unione e il premier ungherese Viktor Orbán che prima ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, poi ha scatenato una tempesta diplomatica con l’incontro a sorpresa con il presidente russo Vladimir Putin a Mosca. Dopo pochi giorni è arrivato in Cina per incontrare Xi Jinping. Su X ha descritto il viaggio come una «missione di pace 3.0». Infine, l’11 luglio ha incontrato il candidato alla presidenza Usa Donald Trump nella sua residenza a Mar-a-Lago in Florida: «Abbiamo discusso di come realizzare la pace. La buona notizia del giorno: lui risolverà il problema!», ha fatto sapere. Ma i leader europei si sono affrettati a ribadire che Orbán rappresenta solo il suo Paese non l’Ue. Intanto, il gruppo al Parlamento Ue voluto dal leader ungherese, i Patrioti, ha preso forma.

 

 

Iran, ha vinto il riformista Pezeshkian
Il 5 luglio, al secondo turno delle elezioni presidenziali in Iran indette dopo la morte di Ebrahim Raisi, ha vinto il riformista Masoud Pezeshkian con più del 53 per cento dei voti, superando l’ultraconservatore Saeed Jalili. Pezeshkian, cardiochirurgo, ex ministro della Salute, pur rimanendo fedele ai principi della Repubblica islamica, ha promesso di promuovere alcune riforme di parziale liberalizzazione del regime iraniano: dall’apertura nei confronti dell’Occidente all’alleggerimento della repressione, in particolare verso le donne che non indossano il velo.

 

 

Francia, la destra non sfonda 
In Francia, al secondo turno delle elezioni parlamentari che si è tenuto il 7 luglio, la coalizione di sinistra del Nouveau Front Populaire è arrivata prima, al contrario di quanto prevedevano i sondaggi. Ensemble del presidente della Repubblica Emmanuel Macron è arrivato secondo, superando il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Ma i risultati del voto hanno costruito un’Assemblea Nazionale spaccata.  Per la Francia si apre così un periodo di grande incertezza: visto che Macron non può sciogliere le camere per i prossimi dodici mesi, si deve trovare una maggioranza all’interno dell’Assemblea Nazionale così costituita.


 

Americhe, la devastazione dell’uragano Beryl
Dopo essersi abbattuto sui Caraibi e sul Venezuela, dove l’uragano Beryl ha provocato almeno sette morti nei giorni scorsi a causa di venti forti e inondazioni che hanno distrutto strade, edifici e infrastrutture, la potente tempesta tropicale ha colpito anche Jamaica, Messico, Texas e Luisiana dove sono morte almeno altre otto persone e milioni quelle rimaste senza corrente. È il più grande uragano atlantico degli ultimi 20 anni con venti che hanno raggiunto la categoria di forza 5 e sono arrivati fino a 240 km/h e piogge torrenziali. Molti i Paesi che hanno dichiarato lo stato di emergenza.

 

 

Kenya, nuovi ministri
Il presidente del Kenya William Ruto, l’11 luglio ha licenziato la maggior parte dei ministri del suo governo con la promessa di formarne uno nuovo più efficiente, in risposta alle tre settimane di proteste, guidate soprattutto dai giovani, che hanno scosso il Paese, iniziate il 25 giugno quando i manifestanti hanno fatto irruzione nel Parlamento che stava approvando un disegno di legge che, per migliorare le finanze del Kenya, avrebbe alzato le tasse ai suoi cittadini.

 

Sierra Leone, una legge contro i matrimoni precoci
All’inizio di luglio, il presidente della Sierra Leone, Julius Maada Bio, ha promulgato una legge che vieta i matrimoni precoci, dove migliaia di ragazze si sposano prima di compiere 18 anni: 800 mila, per l’Unicef, le minori che si sono sposate nel 2020, un terzo di tutte quelle del Paese dell’Africa Occidentale. Secondo la nuova norma, a essere punito deve essere anche chi, oltre al marito, partecipa all’organizzazione del matrimonio, come i genitori o gli invitati.

 

India, una strage di fedeli 
«Le persone hanno cominciato a cadere l’una sull’altra. Quelli che sono rimasti schiacciati sono morti», ha raccontato un testimone all’agenzia di stampa Press Trust of India a proposito dell’incontro religioso durante il quale sono morte almeno 121 persone e 80 sono rimaste ferite. È successo ad Hathras, nello Stato dell’Uttar Pradesh. Non è ancora chiaro che cosa abbia scatenato il panico tra le migliaia di fedeli che si erano radunati per ascoltare il discorso del predicatore Bhole Baba.