Con Donald Trump il mondo sta andando fuori di Tesla

L’auto elettrica di Elon Musk è diventata il simbolo del trumpismo. Le vetture finiscono al centro di critiche e vandalismo. Ma anche del dibattito politico, come successo in Italia

La Tesla come le statue di Cristoforo Colombo. Era accaduto due anni fa con la rivolta contro i conquistadores spagnoli in tutto il Centro e Sud America: le riproduzioni dei grandi scopritori del Continente prese a martellate, divelte, legate dietro ai paraurti delle auto e trascinate per strada, a volte perfino decapitate. Dopo appena 50 giorni del governo Trump monta in tutto il mondo una protesta che si trasforma in rabbia. Non basta più lo stupore, l’indignazione, la sorpresa per la raffica di decreti e annunci che il tycoon sforna quotidianamente travolgendo principi dati per acquisiti e consolidati. C’è una fetta di popolazione americana che reagisce contro quello che considera l’ispiratore di queste scelte dirompenti occupando tra l’altro un ruolo mai affidato a qualcuno di esterno all’Amministrazione come Elon Musk. Così la protesta si accanisce sui simboli che l’uomo più ricco del pianeta ostenta non certo da oggi ma che usa per declamare la sua influenza e il suo potere. Prima è toccato a X, già Twitter, che ha visto migliaia di utenti cancellare il proprio account come gesto di rifiuto e di sfida. Adesso è la volta della Tesla. Ammirata per il suo stile futurista e poi ambita nel corso dei mesi come nuovo status, la celeberrima berlina è diventata l’emblema del Male. È stata presa di mira da gesti spontanei e azioni programmate: stazioni di ricarica incendiate vicino a Boston, colpi di pistola nell’Oregon, sit-in di protesta seguiti da scontri con la polizia presso una concessionaria nel Lower Manhattan.

 

Il vento del boicottaggio ha iniziato a soffiare verso Est ed ha investito l’Europa. Qui si è abbattuto in Spagna, Francia, Olanda e quindi anche da noi in Italia. In una sequenza da emulazione è diventato un piccolo tsunami. Sulle carrozzerie delle Tesla sono apparsi adesivi, scritte, disegni, segni solcati da punteruoli che invitavano a lasciare il mercato, a definire il patron di Space X e Starlink un “fascio” o un “nazi” per il famoso gesto del braccio teso che Elon Musk si è concesso mentre salutava la folla che assisteva all’insediamento di Donald Trump. Si è diffuso un clima di paura e insieme di rifiuto. Possedere una Tesla significa schierarsi, il solo usarla un rischio anche personale. Le vendite sono crollate, il titolo è caduto in Borsa. Il consiglio d’amministrazione della casa automobilistica ha rivolto un appello accorato al presidente Usa. Gli ha fatto notare i danni che i suoi dazi comporteranno nelle esportazioni dei modelli verso l’Europa. Nessuno la comprerà più visto che il prezzo sarà più che raddoppiato. Chi l’aveva comprata mesi o anni fa ha deciso di nasconderla, toglierla dalla strada. Molti hanno cambiato il marchio sulla carrozzeria, racconta l’Ansa, e lo hanno sostituito con altri famosi ma innocui.

 

Si è arrivati a camuffare l’estetica trasformandole in anonime scatole di acciaio. Con casi al limite dall’assurdo. Come quello di Elisabetta Piccolotti, deputata di Sinistra Italiana (gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). L’onorevole è finita nel mirino dei leoni del web che l’hanno attaccata perché proprietaria di una berlina di Musk. Intervistata, ha cercato di spiegare: «L’ho comprata perché costava meno delle altre elettriche». Apriti cielo! Le hanno rinfacciato di essere taccagna, di aver voluto risparmiare su una vettura e di aver optato per quella adesso tanto odiata perché «è meno cara». È stata talmente criticata a bersagliata sul web da costringerla a una spiegazione su Instagram con tanto di video sottotitolato. «L’abbiamo comprata – ha aggiunto – prima che Musk diventasse un nazista. Quando ho visto quel saluto mi sono detta: no, questo è troppo. Per restituirla devo finire di pagare le rate del leasing. Ma a quel punto lo farò». È bastato solo a placare l’ondata di indignazione presto dirottata verso altri obiettivi. Il marito, Nicola Fratoianni, anche lui di Alleanza Verdi-Sinistra, messo alla berlina sul sito di Atreju, si è fotografato con una maglietta rossa e la falce e martello piazzata sul petto e l’ha postata sul web. Questa storia della Tesla rischiava di far perdere alla coppia una valanga di voti.

 

Donald Trump è voluto scendere in campo per difendere il suo amico e sostenitore, oltre che principale finanziatore. E ha messo in piedi qualcosa che pochissimi aveva fatto prima. Un vero spot pubblicitario, con quattro berline e un pick-up che chiudeva ad angolo retto. La location, unica ed esclusiva: il grande prato davanti alla Casa Bianca, lì dove atterra e decolla l’elicottero presidenziale. La scena a favore della Tesla è andata in onda martedì 11 marzo 2025. Il presidente ha subito annunciato che ne avrebbe tenuta una, la Model S, che ha precisato, «acquisterò senza sconti» mostrando un assegno da 79.900 dollari appena firmato. Trump si è messo alla guida di un modello rosso e ha ricordato che il magnate sudafricano gli aveva detto quanto «fosse facile da guidare: come un golf cart». Insomma, molta pubblicità per frenare gli slanci contro la Tesla e strenua difesa del suo inventore. «Penso», ha a un certo punto detto il presidente ai giornalisti raccolti sul prato della Casa Bianca, «che Musk sia stato trattano in modo molto ingiusto da un gruppo molto ristretto di persone. È un patriota che ha fatto un lavoro incredibile con la Tesla». La Model S rossa resterà alla Casa Bianca. Ma The Donald non la guiderà: non ha la patente e a un presidente non è consentito, deve sempre girare con la scorta. Sarà a disposizione dello staff, pronta per essere mostrata fino a quando Musk avrà bisogno del suo sostegno.

L'edicola

Il supermarket delle mazzette - Il nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 21 marzo, è disponibile in edicola e in app