Prima c’era stata la critica al consigliere della Casa Bianca per il Commercio, Peter Navarro, il funzionario statunitense che ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del piano sui dazi: “Un dottorato in economica ad Harvard è una cosa negativa, non una cosa positiva”, aveva scritto Elon Musk su X. Poi, sempre sul suo social network, la condivisione di un video dell’economista Milton Friedman, tra gli ideologi del neoliberismo e tra i più grandi sostenitori del libero mercato (il contrario delle nuove barriere tariffarie che stanno entrando in vigore in questi giorni). Due indizi non fanno ancora una prova, ma secondo il Washington Post Musk, nel fine settimana, avrebbe cercato personalmente di convincere Trump a revocare i dazi. Un tentativo che finora non ha avuto successo. Ieri - 7 aprile - il tycoon ha minacciato la Cina di introdurre ulteriori tariffe del 50 per cento come ritorsione per i controdazi del 34 per cento annunciato da Pechino all’indomani del “Liberation Day”. Il portavoce del ministro degli Esteri cinese Lin Jian ha chiesto “rispetto” agli Stati Uniti e ha attaccato il vicepresidente americano, JD Vance. In parallelo, e quasi in contemporanea, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha avuto un colloquio telefonico con il premier cinese, Li Qiang, per fare “il punto sulle questioni bilaterali e globali”, a partire dal commercio mondiale.
Musk contro i dazi
Il tentativo di Musk di far pressioni direttamente su Trump è confermato al Washington Post da due fonti anonime. Per il quotidiano americano si tratta del “disaccordo di più alto profilo” tra il tycoon e il patron di Tesla e SpaceX, che ha investito 290 milioni di dollari sulla campagna elettorale. Già qualche settimana fa Tesla aveva scritto all’ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Jamieson Greer, dicendosi preoccupata per i dazi perché “alcuni componenti essenziali sarebbero difficili o impossibili da reperire negli Stati Uniti”. La casa automobilistica - che da inizio anno ha perso oltre il 38 per cento della capitalizzazione di mercato - ha in Cina importanti centri produttivi e grosse fette di mercato. Nel 2020 Tesla era arrivata a denunciare l’amministrazione Trump per i dazi, per poi fare subito un passo indietro per timore di apparire tropo allineato a Pechino (ma cinque anni fa Musk non aveva ruoli di governo). Un assaggio delle posizioni delle sue posizioni critiche sulla nuova politica commerciale protezionistica Musk l’aveva già dato sabato - 5 aprile - intervento al congresso della Lega auspicando la nascita di un’area di libero scambio Usa-Ue. Proposta respinta dal consigliere commerciale Navarro, che ha definito il patron di Tesla in maniera sprezzante un “assemblatore di automobili”. Poi dopo qualche ora è arrivata la controreplica di Musk, che lo ha definito "un cretino". E all'appello contro le nuove misure commerciali si è unito anche il fratello del patron di Tesla, Kimbal, secondo cui i dazi sono "una tassa sui consumatori".
Pechino: "Adotteremo misure risolute"
Le pressioni di Musk (e delle borse mondiali) non sono riusciti a fermare Trump, che è intenzionato a continuare nel suo braccio di ferro contro la Cina. Ma Pechino ha ribadito che non accetterà mai la “natura ricattatoria” statunitense. “Se gli Stati Uniti vogliono davvero parlare, dovrebbero allora adottare un atteggiamento di uguaglianza, rispetto e beneficio reciproco”, ha affermato il portavoce del ministro degli Esteri, che ha aggiunto che se gli Usa dovessero ignorare “gli interessi di entrambi i Paesi e della comunità internazionale e insistere nell’iniziare una guerra tariffaria o commercial, la Cina combatterà fino alla fine. Adotteremo misure risolute e forti a tutela dei nostri diritti e interessi legittimi”. Poi Jian ha attaccato JD Vance - “ignorante e maleducato” - dopo le frasi sul denaro presto in prestito “dai contadini cinesi per acquistare le cose che quei contadini cinesi producono”
Il dialogo Ue-Cina
Se le relazioni (almeno quelle commerciali) tra Washington e Pechino sembrano essere ai minimi termini, con l’Unione europea sembra esserci invece un tentativo di dialogo. Il premier cinese Li Qiang ha infatti avuto un colloquio telefonico con von der Leyen: “I due leader hanno avuto un dibattito costruttivo durante il quale hanno fatto il punto sulle questioni bilaterali e globali”, ha fatto sapere la Commissione europea, indicando che “la presidente ha sottolineato l’importanza vitale della stabilità e della prevedibilità per l’economia globale” e, “in risposta alla diffusa interruzione causata dai dazi Usa, ha sottolineato la responsabilità dell’Europa e della Cina, in quanto due dei più grandi mercati del mondo, di sostenere un forte sistema commerciale riformato, libero, equo”. Von der Leyen “ha chiesto una risoluzione negoziata della situazione attuale sottolineando la necessità di evitare un’ulteriore escalation”.