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24 luglio, 2025La ex presidente contesta il voto, non riconosce il successore e la svolta filorussa del Paese: “Non voglio che lo Stato scompaia sotto i nostri piedi”
«Non voglio che lo Stato scompaia sotto i nostri piedi». Salomé Zourabichvili lo scandisce mentre è seduta nel suo piccolo ufficio dipinto di bianco, con alle spalle la bandiera dell’Unione europea e quella della Georgia. Quinta presidente della repubblica caucasica, primo capo di Stato donna, questa signora di 73 anni è oggi il volto più riconoscibile delle proteste contro la rotta illiberale e filorussa intrapresa da Sogno Georgiano, il partito fondato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, che ha vinto le elezioni dello scorso ottobre con il 54 per cento dei consensi tra le accuse di brogli dell’opposizione. Proprio per le irregolarità che avrebbero caratterizzato il voto, Zourabichvili ha preso una decisione sorprendente.
A fine dicembre avrebbe dovuto lasciare il posto al suo successore, l’ex calciatore del Manchester City, Mikheil Kavelashvili, sostenuto da Sogno Georgiano. Ma lei si è rifiutata. «Sono l’ultima istituzione indipendente a rappresentare la continuità dello Stato e la voce del popolo. Affinché io possa porre fine al mandato – spiega – abbiamo bisogno di elezioni legittime, di un Parlamento legittimo che designi il prossimo presidente al quale, con piacere, cederò l’incarico». Nel frattempo Zourabichvili ha lasciato il palazzo presidenziale e si è trasferita nell’ufficio dove la incontriamo: una piccola zona all’interno di un edificio del centro di Tbilisi, condiviso con ong e alcune ambasciate europee. Di fronte all’ingresso fanno capolino due uomini alti e robusti: sono la sua guardia del corpo e il suo autista. Dopo due minuti di attesa arriva lei, tailleur grigio scuro, il viso stanco e gli occhi azzurri, vivaci. «Ciò che sta accadendo qui non è una normale crisi politica. È una minaccia esistenziale alla nostra sovranità», mette in chiaro in perfetto inglese.
Soprannominata dai suoi sostenitori più giovani “slay-queen” (in gergo, donna sicura e affascinante), Zourabichvili è nata e cresciuta a Parigi da genitori georgiani trasferitisi in Francia nel 1921 per evitare di finire sotto l’Unione Sovietica. Ha continuato a parlare la sua lingua d’origine nella convinzione che prima o poi la nazione sarebbe tornata indipendente e lei vi avrebbe fatto ritorno. Quel giorno è arrivato il 9 aprile 1991. Un momento, ha dichiarato più volte, a cui inconsciamente si era sempre preparata.
Zourabichvili ha studiato relazioni internazionali a Science Po e alla Columbia University. A New York, ha avuto come docente il diplomatico Zbigniew Brzezinksi, ex consigliere per la sicurezza del presidente statunitense Jimmy Carter, specializzato in minacce geopolitiche agli Stati indipendenti. Finiti gli studi, ha lavorato oltre trent’anni anni per il ministero degli Esteri francese rappresentando Parigi negli Usa, in Italia, in Ciad, presso l’Onu, l’Osce e la Nato. Poi, nel 2004, è tornata in patria come ministro degli Esteri del governo guidato da Mikheil Saakashvili (oggi in carcere), ha rinunciato alla cittadinanza francese. E, nel 2018, è diventata presidente della Repubblica con il sostegno di Sogno Georgiano. Proprio per questo appoggio i suoi critici la accusano di aver aiutato il partito di Ivanishvili ad accrescere il proprio potere.
«Mi hanno supportata perché ero una candidata indipendente – risponde lei – e loro ne avevano bisogno visto che il presidente della Repubblica non dovrebbe essere membro di un partito. Quando sono stata eletta, rappresentavo la loro posizione a favore dell’Unione europea, che condividevo pienamente. Nel frattempo però le cose sono cambiate: Sogno Georgiano ha cambiato la sua politica drasticamente, sia quella interna che quella estera, virando verso una forma di Stato autocratico. Loro ora mi accusano di aver tradito gli elettori, ma io rispondo “No, voi siete cambiati”. Ero e sono fedele al programma che allora prevedeva di portare la Georgia nell’Ue, nella Nato, e di realizzare tutte le riforme democratiche che vanno di pari passo con l’integrazione europea».
Le cose sono cambiate in modo evidente dopo l’invasione totale dell’Ucraina da parte della Russia, nel febbraio del 2022. La virata in realtà era iniziata prima, con le proposte di legge anti-gender e anti-ong (poi approvate), ma è diventata eclatante a ottobre dell’anno scorso, quando si sono tenute le elezioni. «Sono state rubate», dice Zourabichivili ribadendo un concetto che unisce tutti i partiti georgiani di opposizione. Non si è spinta a tanto l’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), di cui fa parte anche la Georgia, ma ha scritto che «numerosi problemi hanno avuto un impatto negativo e compromesso l’integrità del voto». Anche il Parlamento europeo si è schierato con chi si oppone a Sogno Georgiano, votando una risoluzione contro il partito, e dopo poco è arrivata la notizia che ha fatto scoppiare le manifestazioni: il 28 novembre il governo di Tbilisi ha annunciato la sospensione dei negoziati per l’adesione all’Ue a causa di quello che il premier, Irakli Kobakhidze, ha definito un «ricatto» di Bruxelles.
«La banca centrale, il Parlamento, il governo, ogni istituzione, anche l’agenzia anti-corruzione: è tutto nelle mani di un partito», si scalda Zourabichvili parlando di Sogno Georgiano, fondato nel 2012 dall’oligarca Ivanishvili e da allora sempre al potere. L’uomo, che ha fatto la sua fortuna con le privatizzazioni russe dei primi anni ’90, è stato premier, ma oggi non ha incarichi politici ufficiali. Secondo tutti i georgiani incontrati a Tbilisi, però, è ancora sempre lui a decidere la politica nazionale. «Il governo ci vuole rendere uno Stato vassallo della Russia», sospira Zourabichvili.
Alla Georgia era stato concesso lo status di candidato all’adesione all’Ue alla fine del 2023, con un forte sostegno pubblico testimoniato dai sondaggi dei georgiani. La scelta del governo di bloccare il processo di adesione all’Unione europea ha ricordato quanto fatto nel 2014 dall’allora presidente ucraino Viktor Yanukovich, scatenando le proteste di Piazza Maidan a Kiev. Anche perché nel frattempo ci sono stati altri segnali di un atteggiamento favorevole alla Russia da parte di Sogno Georgiano. Tutto questo ha scatenato le proteste a Tbilisi e in altre città del Paese, che continuano da mesi nonostante centinaia di arresti, una cinquantina di condanne e migliaia di multe (sanzioni di 1.500 euro in un Paese in cui lo stipendio medio è di circa 600 euro).
«Non credo che ci siano georgiani filorussi – ragiona Zourabichvili – piuttosto ci sono persone che sostengono Sogno Georgiano per paura o per interesse personale. Bisogna ricordare che l’economia è interamente nelle mani di un circolo corrotto che gira intorno al signor Ivanishvili». Secondo lei, però, le cose stanno cambiando. Dice che sempre più figure di potere si stanno allontanando da lui e che c’è grande malumore all’interno del partito. Ricorda le recenti sostituzioni del capo dei servizi segreti e del ministro degli Interni. «L’elenco è lungo», sorride amara la donna che sfida il governo autocratico della Georgia. A fine aprile, Zourabichvili ha rivolto un appello ai vari partiti di opposizione per unirsi. «Non solo per le elezioni parlamentari, ma anche quello che verrà dopo: la formazione di un governo di coalizione», ha detto. Ce la farà? Il primo test utile per capirlo saranno le elezioni municipali del prossimo 4 ottobre.
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