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13 ottobre, 2025In un'intervista a La Stampa, Gideon Sa'ar accoglie con favore la liberazione degli ostaggi ma stronca la prospettiva di uno Stato di Palestina: "Bene non esserci fermati un anno fa". E su Barghouti: "È un simbolo del terrorismo e non della pace"
Mentre Israele abbraccia e accoglie i 20 ostaggi ancora in vita rilasciati questa mattina — 13 ottobre — da Hamas, dal ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, è arrivato un altolà alla prospettiva di un futuro Stato palestinese: “Non conta quanti Paesi abbiano riconosciuto lo Stato palestinese: quello Stato nascerà solo quando riterremo che ci saranno le condizioni, così com'è stato con il processo di Oslo e con il ritiro unilaterale da Gaza”, ha spiegato il capo della diplomazia israeliana in un’intervista a La Stampa.
“Aver lasciato la Striscia ai palestinesi non ha portato pace né sicurezza e ora dobbiamo essere cauti. Se abbandonassimo la Giudea e Samaria, e non lo faremo, ci troveremmo con 'Hamasland' al confine. Parlare di Stato palestinese dopo il 7 ottobre non è responsabile. E comunque è impraticabile senza che sia d'accordo Israele, che non lo è”, ha continuato Sa’ar.
Sa’ar poi ha rimarcato le differenze che, secondo lui, ci sarebbero tra il piano di Donald Trump e quello avanzato, senza concreto seguito, da Joe Biden un anno fa. “Questo piano non ha paralleli con il passato: finora Hamas non aveva mai accettato la smilitarizzazione e aveva sempre chiesto il pieno ritiro israeliano come premessa per rilasciare gli ostaggi — ha spiegato —. Le condizioni oggi sono molto diverse, siamo ancora presenti in una parte della Striscia per motivi di sicurezza e c’è un forte impegno americano ad andare avanti. Se ci fossimo fermati un anno fa avremmo anche la minaccia dell’Iran nucleare, è stato molto positivo che Israele non abbia ceduto alle pressioni”.
Poi, un passaggio sulla liberazione di Marwan Barghouti, chiesta dalla controparte palestinese ma finora bocciata da Israele: “Rilasciare qualsiasi assassino è terribile, ingiusto e doloroso, un prezzo altissimo che il Paese è pronto a pagare per avere indietro gli ostaggi. Ma fa male. Barghouti — ha spiegato a La Stampa — è il simbolo del terrorismo e non della pace, all’indomani di Oslo ha scelto di guidare chi compiva attentati contro Israele, l’ha fatto mentre era parte dell’Autorità nazionale palestinese e di Fatah a cui avevamo dato una chance. È gravissimo”.
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