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2 ottobre, 2025All'operazione partecipano circa 600 agenti di polizia. Per l'ong B’Tselem, il sistema penitenziario israeliano è un "inferno in terra"
Il piano è quello operazioni delicate. Secondo il programma approvato dal capo della polizia israeliana, Dany Levi, alle operazioni contro i membri della Global Sumud Flotilla parteciperanno circa 600 agenti. Gli attivisti, ma anche i politici e i giornalisti, stanno sbarcando in questi momenti nel porto di Ashdod. Da lì, vengono trasferiti nel grande carcere di massima sicurezza di Ketziot, nel Negev, a Sud-Ovest di BeerSheba.
Il penitenziario di Ketziot è noto alle cronache per gli abusi e le violenze perpetrate nei confronti di detenuti palestinesi. Picchiati, percossi, affamati: secondo analisi indipendenti e inchieste giornalistiche, il carcere dove saranno reclusi i membri della Flotilla è un vero e proprio “inferno”, come lo ha definito in un report l’ong israeliana B’Tselem. Nella sua ricerca, la ong ha raccolto una serie di testimonianze. Come quella di A.H., che racconta: “Ci hanno legato le mani dietro la schiena con delle fascette e poi ci hanno trascinato con la forza nel corridoio. Dalla cella ho sentito il pianto e le urla dei detenuti che erano stati presi prima di me e picchiati. Quando sono arrivato alla mensa, ho visto gli altri prigionieri della mia cella. Erano tutti nudi e sanguinanti. Li hanno gettati uno sull’altro”.
Altri detenuti hanno raccontato di aver subito lì, dove verranno portati i membri della Flotilla, percosse ai genitali, dell’uso di bastoni e strumenti metallici. “Siamo stati portati in una stanza in cui erano sparsi molti vestiti, scarpe, anelli e orologi — raccontava a B’Tselem Sami Khalili —. Siamo stati spogliati e abbiamo dovuto toglierci anche la biancheria intima. Ci hanno perquisito con un metal detector portatile. Ci hanno obbligato ad aprire le gambe e a sederci semisdraiati. Poi hanno iniziato a colpirci sulle parti intime con il metal detector. Ci hanno fatto piovere addosso dei colpi. Poi ci hanno ordinato di fare il saluto a una bandiera israeliana appesa al muro”.
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