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28 ottobre, 2025I tagli all’assistenza sono l’ultimo tassello per demolire l’impianto democratico che sosteneva i pazienti di famiglie a basso reddito. La più drastica stretta degli ultimi anni
Nel 2013 Stacy e Shane Staggs stavano vivendo il sogno americano. «Avevamo comprato casa nella Carolina del Nord, avevamo un buon lavoro e due gemelle in arrivo». Poi un cesareo d’urgenza per complicazioni. Emma, una delle due bambine, pesa solo 780 grammi e rischia la vita. «L’ho tenuta in braccio per la prima volta dopo 28 giorni», racconta la mamma a L’Espresso. Per i medici fu chiaro sin da subito che la neonata non sarebbe mai riuscita a respirare o mangiare autonomamente. Negli anni, Stacy e il marito hanno modellato tutta la loro esistenza sui bisogni della piccola: orari di lavoro, sonno, spese. Un equilibrio fragilissimo reso possibile grazie al Medicaid (il programma pubblico per le fasce a basso reddito, per fragili e disabili) e al “Katie Beckett Waiver”, che consente ai bambini con disabilità gravi di essere curati a casa.
Ora gli Staggs si sentono mancare il terreno sotto i piedi. Dopo anni di tentativi falliti, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca il progetto repubblicano di smantellare l’Obamacare – bloccato nel 2017 dal voto contrario del compianto senatore dell’Arizona John McCain – ha ripreso slancio. A meno di un anno dal suo insediamento, la Casa Bianca ha ottenuto dal Congresso il via libera al piano per ridurre l’assistenza pubblica. Una posizione che, denunciano i critici, equivale a dichiarare guerra alla salute stessa del Paese. È per dare voce a quel dramma che Stacy ha accettato di condividere la sua storia. Una storia personale, ma anche collettiva, che accomuna migliaia di famiglie.
La legge finanziaria approvata in estate, il One Big Beautiful Bill Act, prevede tagli per oltre un trilione di dollari alla spesa sanitaria federale nel prossimo decennio: la più drastica stretta al welfare americano degli ultimi anni. Ora, un nuovo braccio di ferro sulla sanità ha paralizzato Washington, provocando lo shutdown, il blocco delle attività amministrative del governo. I democratici si rifiutano di approvare la legge di bilancio repubblicana finché non verranno rinnovati i sussidi (in scadenza a fine anno) introdotti durante la pandemia per rendere l’Obamacare più accessibile. Per i progressisti devono diventare permanenti; per i conservatori, sono da eliminare.
A rischiare di perdere la copertura non ci sono solo i disabili, ma oltre 17 milioni di persone con lavori autonomi, freelance, precari.
Al centro dello scontro torna l’Affordable Care Act, la riforma simbolo della presidenza di Barack Obama, in vigore dal 2014, che ha permesso – appunto – a milioni di americani di ottenere un’assicurazione sanitaria. In pochi anni, il numero di cittadini senza copertura si è quasi dimezzato, passando da oltre 40 a circa 25 milioni, secondo i dati del Census Bureau e della Kaiser Family Foundation.
L’Obamacare ha ampliato il programma pubblico Medicaid e creato un mercato nazionale, ovvero piattaforme online dove è possibile confrontare e acquistare diversi piani assicurativi privati. In questo modo, anche chi rientrava nei criteri del Medicaid ma non poteva permettersi una polizza privata ha potuto assicurarsi grazie ai sussidi federali che abbassano i costi. La riforma ha inoltre vietato alle compagnie di rifiutare chi soffre di patologie preesistenti (come diabete o tumori) e imposto standard minimi. Durante la pandemia, Joe Biden ha ulteriormente rafforzato quegli aiuti, favorendo un’adesione record.
«I tagli che si prospettano oggi sono una minaccia mortale. Siamo nella più totale incertezza, senza sapere se o quando saremo colpiti. Se l’alimentazione artificiale da 125 dollari al giorno non fosse più coperta, faremo di tutto, chiederemo prestiti o venderemo la casa. Qualunque cosa pur di tenere nostra figlia in vita», prospetta Stacy che ha fondato l’associazione Little Lobbyists nel 2017 quando Trump si adoperava per azzoppare la struttura portante dell’Aca.
«Senza Medicaid e quindi senza sondini, terapie e assistenza, mi servirebbero 30 mila dollari al mese. Nell’incertezza razioniamo le scorte e ci aiutiamo tra famiglie», confessa Alexis Stadler. Una vicenda simile a quella di Stacy. Sua figlia Kinsley, sei anni, è nata con la neurofibromatosi di tipo I e l’ipofosfatasia, a cui si è aggiunto successivamente un tumore cerebrale. Anche lei si alimenta artificialmente e necessita il monitoraggio di un infermiere.
«Ero assicurata tramite la scuola in cui lavoravo: alla loro quota dovevo aggiungere 800 dollari mensili. In America, pur avendo una polizza, contribuisci sempre anche di tasca tua: i costi si dividono con il datore di lavoro». Il sistema sanitario è complesso: chi non ha un’assicurazione riceve solo cure d’emergenza. Il resto – visite preventive, terapie per malattie croniche, farmaci, salute mentale – è a pagamento e spesso inaccessibile, con parcelle che spingono milioni di persone a rinunciare. «Nonostante fossimo assicurati, non bastava a coprire tutto», rammenta Alexis, sottolineando che prima di ottenere il “Waiver”, con il marito è andata in bancarotta.
Una situazione simile a quella di molte altre famiglie. «In Europa la sanità è un diritto, qui è un privilegio, si compra», ci spiega Simon Haeder, professore di politiche sanitarie alla Ohio State University. «C’è la convinzione che se lavori puoi permetterti la copertura sanitaria; altrimenti è colpa tua».
Quando fu approvato l’Aca, l’obiettivo era anche estendere il Medicaid a tutti i meno abbienti. Ma la Corte Suprema rese facoltativa l’espansione e dieci Stati (Alabama, Florida, Georgia, Kansas, Mississippi, South Carolina, Tennessee, Texas, Wisconsin e Wyoming), in gran parte a guida repubblicana, non l’hanno mai applicata. Sono loro a rischiare le conseguenze più pesanti. «Chi ora paga 50 dollari al mese potrebbe ritrovarsi presto a sborsarne 400 o 500. Molti desisteranno», avverte. E se resteranno solo persone a rischio, le polizze saliranno ancora.
Per il Gop, sostiene Haeder, è una scelta calcolata: «La leadership ha deciso che meno tasse, meno Stato e meno immigrati contano più delle conseguenze per la propria base elettorale». Inoltre, i conservatori ritengono che troppa assistenza pubblica renda le persone dipendenti, meno inclini a lavorare. «Hanno introdotto nuove regole, come l’obbligo di 80 ore di lavoro mensili, dimenticando che chi vive in povertà spesso lavora già».
In realtà, i repubblicani presentano la legge come uno strumento per snellire la spesa pubblica e ridurre frodi e sprechi. I supporter, tra cui lo speaker Mike Johnson, giudicano inefficiente il sistema attuale. Ma non mancano lotte intestine: la trumpiana Marjorie Taylor Greene sostiene il rinnovo dei crediti d’imposta («anche l’assicurazione dei miei figli aumenterebbe») mentre la senatrice Lisa Murkowski propone di prorogarli per altri due anni.
Joel White, a capo del Council for Affordable Health Coverage, ci dice che rendere permanenti i sussidi introdotti durante la pandemia costerebbe circa 350 miliardi di dollari in dieci anni e spingerebbe le piccole imprese a rinunciare alle proprie polizze aziendali, trasferendo l’onere allo Stato. «Solo il 7% degli americani è senza copertura: il mercato individuale interessa circa 24 milioni di persone, contro i 180 assicurati tramite il datore di lavoro», sottolinea. Come altri organismi legati al fronte repubblicano, critica l’Aca perché a suo avviso non affronta la radice del problema, ossia il costo eccessivo della sanità, finendo per pesare sulla spesa pubblica. Eppure, un’alternativa non esiste: «Non è stato pubblicato nulla – ammette – ma ci stanno lavorando».
Il professor Haeder, invece, è netto: «L’unica politica sanitaria repubblicana è demolire l’Obamacare, senza un piano B». Così mentre a Washington si discute di bilanci e sussidi, nelle case come quella degli Staggs la vita di una bambina si misura in sacche alimentari da 25 dollari l’una, consegnate mese per mese: finché ce ne saranno.
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