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29 ottobre, 2025I rincari dei prodotti alimentari affliggono il Paese, alle prese con la liberalizzazione dell’energia che ha fatto schizzare i prezzi. I più anziani rivivono lo spettro dei razionamenti
Nei caffè affollati di studenti, più che di geopolitica si parla di rincari delle bollette, affitti e altre spese quotidiane. Siamo a Cluj-Napoca, cuore della Transilvania, della Romania e dell’Europa, a pochi passi dalla statua equestre di Mattia Corvino, il re d’Ungheria nato a poche centinaia di metri da qui. E la discussione sul piano della Commissione Ue per il riarmo, sul sostegno ai “fratelli” della Moldavia e sui militari russi che avanzano in Ucraina, comincia dalle mele. «Il costo di un chilo è triplicato in un anno, passando da tre a quasi nove lei, l’equivalente di 1,80 euro», calcola Anca Stangaciu, professoressa di Studi europei e relazioni internazionali all’Universitatea Babeș-Bolyai, che con oltre 40mila iscritti è l’ateneo più grande di Romania.
Si parla di carovita tra splendori antichi: in Piața Unirii, la piazza dell’Unità, Mattia Corvino a cavallo sovrasta una teca di vetro che custodisce mura romane. Le guardano anche case di notabili ebrei, tedeschi o magiari, come Palatul Bánffy, un palazzo in stile barocco appartenuto a una famiglia dell’aristocrazia austroungarica. Mentre indica un blasone gentilizio con grifoni, spada e corona, Stangaciu condivide ricordi e previsioni: ha vissuto il socialismo di Nicolae Ceaușescu e nel 1989 era qui in piazza con i genitori, proprio dove parliamo adesso, quando i carri armati provarono a fermare la rivoluzione.
Anche oggi sono di fronte l’una all’altra prospettive politiche opposte. «Il nuovo presidente Nicușor Dan ha dovuto adottare provvedimenti impopolari, come la liberalizzazione del mercato dell’energia, che fa raddoppiare i prezzi in tutti i settori, con conseguenze anche drammatiche sui livelli di vita», spiega la professoressa: «Gli effetti sono a catena, non è risparmiata neanche la frutta».
La Romania è il Paese dell’Unione Europea con il deficit più alto, superiore al 9 per cento del Pil, a fronte del 7 fissato per il 2025 in un piano approvato da Bruxelles. E sono stati concordati con l’Ue anche l’aumento dell’Iva, le nuove tariffe sanitarie e i tagli di spesa, lasciando però fuori dal conto quelle militari giustificate con la “minaccia” proveniente da Mosca, per le quali Stati Uniti e Nato hanno imposto addirittura un aumento fino al 5 per cento del Pil entro il 2035. A garantire sarà Dan, ex sindaco di Bucarest, matematico e liberale, eletto presidente nel maggio scorso dopo l’annullamento giudiziario tra le polemiche di un primo turno vinto da Călin Georgescu, candidato sovranista etichettato come filorusso. Il capo dello Stato ha ribaltato i pronostici proprio grazie a Cluj-Napoca, la seconda città del Paese, peraltro la più ungherese di tutte: qui ha ottenuto l’80 per cento delle preferenze, uno schiaffo pure per Viktor Orbán, il primo ministro di Budapest spina nel fianco dell’Ue, fautore dell’irredentismo magiaro.
Ma attenzione: in Romania c’è chi non è contento. In tanti spengono la luce e il riscaldamento per risparmiare, quasi fosse un déjà vu degli ultimi anni di Ceaușescu, quando gli stop ai consumi domestici di gas ed elettricità erano imposti per sostenere l’industria e ripagare i debiti con il Fondo monetario internazionale. «La corrente c’era di solito tra le 19 e le 22», ricorda la professoressa. «Le temperature nelle case erano comprese tra 5 e 12 gradi, mentre l’acqua calda veniva fornita due ore al giorno ma per la mancanza di pressione spesso non raggiungeva i piani superiori».
I ventenni di oggi non studiano più con la lampada a petrolio come facevano alcuni dei loro genitori, ma condividono nuove preoccupazioni o si preparano a emigrare. «Quest’inverno sarà un problema», confida Ilie, 21 anni, iscritto a ingegneria informatica, una delle facoltà di punta a Cluj-Napoca. «Già l’anno scorso per la mia stanza in affitto, con gas, luce e internet, ho dovuto pagare 600 lei, circa 120 euro».
Oltre al carovita ci sono i tagli, parte del piano per la riduzione del deficit. Il primo ministro, Ilie Bolojan, ha approvato un aumento dell’orario lavorativo degli insegnanti delle scuole superiori da 18 a 20 ore la settimana. Secondo la segretaria sindacale Cornelia Popa Stavri, con la misura rischiano il posto 15mila supplenti. Ma il problema è più generale: il governo mira a tagliare del 40 per cento il numero dei funzionari. Se la riforma andasse in porto, a livello locale si passerebbe da quasi 190mila a meno di 127mila amministrativi, con una perdita di 62mila posti.
Chi sostiene i tagli parla di una rivoluzione necessaria per la democrazia e la competitività della Romania. Ascoltiamo anche Marinela Ardelean, consulente e autrice, impegnata con la rete di produttori Wines of Romania per far conoscere all’estero i vini del suo Paese. «Lavoro e benessere possono venire solo dall’apertura internazionale», sostiene. «Tra i modelli di successo c’è anche l’Untold Festival, che ogni agosto porta a Cluj-Napoca centinaia di migliaia di appassionati di musica elettronica».
Ad aiutare potrebbero essere i collegamenti aerei low cost, numerosi anche con l’Italia. Ci crede Darius Mârza, un altro matematico, divenuto milionario con il suo Wonderland Resort, villaggio turistico e ritrovo per famiglie con piscine e parchi avventura, cappelle per matrimoni e saloni per feste di laurea. «La fiducia nei partiti tradizionali non fa che diminuire», dice l’imprenditore. «I politici pensano ai propri interessi e non a garantire servizi di qualità ai cittadini: tra qualche anno, se Dio vorrà, sarò pronto a impegnarmi personalmente per cambiare le cose».
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