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11 novembre, 2025Il Parlamento israeliano ha approvato in prima lettura il ddl che punisce con la pena capitale per "chiunque causi la morte di un cittadino israeliano per motivi razziali o di odio". Per l'Onu, è “un passo profondamente regressivo”
Il Parlamento israeliano ha approvato in prima lettura il disegno di legge che introduce la pena di morte per i terroristi che uccidono cittadini israeliani. È il primo dei tre voti necessari per l’approvazione definitiva della norma. Ora il disegno di legge passerà in discussione in commissione. L’ultima esecuzione nello Stato ebraico risale a quella del nazista Adolf Eichmann, impiccato nel 1962 dopo essere stato condannato per crimini contro l’umanità. Da allora non era mai stata applicata per terrorismo, ma rimasta formalmente in vigore solo per reati di genocidio o di alto tradimento.
“Siamo sulla buona strada per fare la storia. Lo abbiamo promesso e lo abbiamo mantenuto”, ha esultato su X il ministro dell'ultradestra Itamar Ben Gvir. L’esponente del governo Netanyahu considerava il semaforo verde all’introduzione della pena di morte come condizione necessaria per mantenere il suo appoggio all’esecutivo. Lo stesso premier, però, solo qualche giorno fa si era detto esplicitamente a favore della reintroduzione della pena capitale. E dopo l’approvazione della legge, Ben Gvir ha festeggiato distribuito pasticcini ai membri della Knesset.
Le ambiguità del testo
Il testo della legge, però, si presta a diverse ambiguità. Questa la formula: si prevede la pena di morte per "per chiunque, intenzionalmente o per negligenza, causi la morte di un cittadino israeliano per motivi razziali o di odio e per danneggiare Israele". La pena di morte non si applicherebbe, invece, a un israeliano che uccidesse un palestinese.
Le proteste
Protestano le associazioni dei diritti umani come Amnesty International, secondo cui la legge è un “tentativo di creare una distinzione su base etnico-nazionalista e questo la rende una legge di apartheid”. Critiche sono arrivate anche dagli esperti dell’Onu, secondo cui è “un passo profondamente regressivo” che “tra l’altro si applicherà alle minoranze e a chi vive da 55 anni sotto occupazione”. Per l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, invece, è “una decisione che apre la porta a esecuzioni extragiudiziali sul campo ed è un chiaro intento di commettere un crimine”.
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