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14 novembre, 2025Il cooperante italiano è recluso da un anno, senza accuse formali, in un centro di tortura veneuelano. La Farnesina tace. L'ombra di un ricatto di Maduro all'Italia
È il 15 novembre 2024, la polizia venezuelana ferma un'automobile lungo il confine Sud-Ovest tra Venezuela e Colombia, a bordo ci sono Alberto Trentini e il suo autista Rafael Ubiel Hernández Machado. Trentini è un cooperante italiano di 45 anni in servizio per l’Ong francese “Humanity and Inclusion”. Entrambi vengono caricati su un veicolo e imprigionati illegalmente.
Attualmente Trentini si trova nel carcere El Rodeo I nella periferia di Caracas, indicato come un centro di tortura fisica e psicologica. Organizzazioni internazionali come Amnesty e Foro Penal hanno denunciato le condizioni di vita dei reclusi come «crudeli, disumane e degradanti», e denunciato che vi si compiono sistematici crimini contro l’umanità. Trentini è detenuto senza alcuna garanzia processuale, senza assistenza legale e senza capi d’imputazione. Da oltre 12 mesi le autorità venezuelane non rilasciano informazioni ufficiali e il governo italiano non si espone pubblicamente. La maggior parte degli aggiornamenti provengono da ex compagni di cella di Trentini.
Nell’ultimo anno, il cooperante ha potuto telefonare a casa appena tre volte; ha ricevuto solo una visita consolare e il governo continua a mantenere il silenzio stampa. «Tutto tace. Il nostro governo deve attivarsi come ha fatto per altri cittadini italiani», aveva dichiarato a luglio la madre Armanda Trentini Colusso. Nel frattempo si moltiplicano le ipotesi sul silenzio istituzionale e sulle ragioni della sua ingiustificata detenzione. Il Domani ha collegato la questione a uno scambio di ostaggi, riferendosi all’interesse del presidente del Venezuela Nicolás Maduro all’estradizione del suo avversario politico Rafael Ramirez da anni rifugiato in Italia. Sulla vicenda Trentini non si hanno certezze, l’unica evidenza è che Alberto è un ostaggio politico, una pedina nella scacchiera di Maduro pronta a essere messa in campo. Non è la prima volta che un prigioniero straniero viene usato come merce di scambio. Lo scorso luglio, per esempio, la liberazione di dieci cittadini statunitensi è stata negoziata in cambio del rimpatrio di 252 cittadini venezuelani, deportati dagli USA nelle carceri di El Salvador con l’accusa di narcotraffico.
In Venezuela l’utilizzo di prigionieri come leva negoziale è un fenomeno che si è amplificato soprattutto dopo la terza vittoria presidenziale di Maduro a luglio 2024. Da allora è iniziata una drammatica escalation di violenza e di detenzioni sistematiche di giornalisti e oppositori del regime. Nel gioco politico internazionale la fragilità democratica venezuelana è l’occasione perfetta per giustificare l’interventismo statunitense nel Mar dei Caraibi, che negli ultimi giorni ha lanciato 15 raid aerei contro imbarcazioni di presunti narco-terroristi costati la vita ad alme- no 65 persone. Secondo gli esperti l’inasprimento della relazione Usa-Venezuela allontana ancora di più la speranza della scarcerazione di Trentini.
Maduro punta al riconoscimento internazionale, ma l’Italia non considera legittimo il governo chavista, soprattutto adesso che è sotto la minaccia di Washington. «Non smettete di parlare di Alberto», ha detto la mamma: «Con tanto silenzio si può far sparire anche un uomo».
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