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27 novembre, 2025Ad aprire il fuoco un 29 enne afghano, Rahmanullah Lakanwal, arrivato negli Usa dopo il ritiro americano. Aveva lavorato per anni con diverse agenzie d'intelligence, poi è finito nella lista del programma Operation Allies Welcome predisposto da Biden (e ora attaccato da Trump)
Era arrivato negli Stati Uniti subito dopo la grande fuga da Kabul, nel 2021. L’esercito americano era in rotta, le trattative con i Taleban, avviate da Donald Trump e chiuse da Joe Biden, avevano fissato per il 15 agosto la data della partenza di tutte le truppe che da vent'anni cercavano di contrastare la guerriglia del Movimento degli studenti coranici.
La storia di ripeteva. Era toccato all’Armata rossa nel 1989, adesso era a volta di 21 eserciti che formavano la Coalizione internazionale, italiano compreso. A Kabul era il panico. Chi poteva si preparava ad abbandonare il paese.
Anche Rahmanullah Lakanwal, 29 anni, sposato con cinque figli, aveva deciso di lasciare l’Afghanistan: restare significava essere arrestati o peggio fatti fuori per ritorsione. È presto per dire cosa gli si saltato in mente. Ma è facile intuirlo. Il protagonista della sparatoria in cui sono stati gravemente feriti i due riservisti della Guardia Nazionale del West Virginia e in servizio di vigilanza davanti alla Casa Bianca, aveva lavorato a lungo per diverse agenzie di intelligence statunitensi. Soprattutto nelle unità speciali della Cia per incursioni, servizi sotto copertura e blitz mirati contro i ribelli Taleban nella regione del sud ovest di Kandahar. Lo conferma la Fox tv. E visto il ruolo avuto e le operazioni svolte sapeva di essere nel mirino dei Taleban che preparavano a prendere il potere.
Nella concitata fuga da Kabul, i servizi di sicurezza e la polizia del governo afgano sostenuto dagli Usa avevano lasciato gran parte delle attrezzature usate per il lavoro di controspionaggio. Tra queste c’era anche l’archivio con i nomi dei collaboratori: tutta gente che aveva fornito informazioni cruciali per colpire quadri alti e intermedi dei vari gruppi raccolti nel Movimento jihadista. Il ministro degli Interni era stato tra i primi a fuggire lasciando gli altri al loro destino. Chi era stato addestrato e aveva operato con le forse di occupazione era considerato un traditore. La resa dei conti iniziò subito, nelle ultime ore concitate. Un’enorme folla si radunò dentro e fuori l’aeroporto di Kabul.
Alcuni attentatori suicidi si fecero esplodere provocando le ultime stragi tra famiglie disperate, assieme e donne e bambini. Tutto il mondo guardò quelle centinaia di persone che correvano come formiche impazzite sulle piste dello scalo e si aggrappava alle carlinghe degli aerei per non restare a terra. Molti si lasciarono precipitare nel vuoto. Preferirono il suicidio.
Lankanwal riuscì a partire. Finì nella lista del programma Operation Allies Welcome, un programma voluto da Biden per concedere una sorta di visto della durata di due anni a chiunque avesse collaborato con le forze di occupazione in Afghanistan. Il visto, il SIV, si sarebbe tradotto in una sorta di status di immigrazione permanente. C’era una condizione: andava rinnovato nel giro di 24 mesi. Il giovane afgano si era messo in regola. Ad aprile scorso, con Trump, la sua richiesta era stata formalizzata, era in attesa della carta verde. Con la sua famiglia aveva preso casa a Bellingham, nello stato di Washington, 130 km da Seattle.
Si è rotto qualcosa nella sua vita. E nella sua testa. Si è armato, è andato davanti alla Casa Bianca e ha esploso una serie di colpi che hanno colpito i due soldati della riserva. Facile per Donald Trump sfruttare questa follia trasformata in dramma: ha parlato di “atto malvagio” presto trasformato in “atto terroristico”. Quindi ha ammonito: “È la più grave minaccia alla sicurezza nazionale che la nostra nazione si trova ad affrontare”. Una dichiarazione roboante, come pronunciare il presidente Usa. Che si traduce in una nuova, più intensa caccia a qualsiasi straniero irregolare.
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