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18 dicembre, 2025Si tratta fino a notte fonde per trovare la risoluzione del puzzle dei soldi per l'Ucraina. Intanto la firma del Mercosur slitta a gennaio, come chiesto da Meloni
Che la giornata fosse epocale l’avevano capito anche i vigili di piazza Montgomery. «Non uscite di casa oggi», ripetevano. Bruxelles è stata letteralmente invasa dai trattori che hanno paralizzato interi quartieri in quella che è probabilmente la più grande prova di forza in tempi recenti.
E a ragione. Anche questa volta hanno avuto la meglio sui leader europei.
Accogliendo la richiesta di Giorgia Meloni, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato che la firma dell’accordo di libero scambio con i 4 Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) è rimandata a gennaio perché l’Italia ha bisogno di tempo per rassicurare gli agricoltori e assicurare il sostegno al trattato.
In realtà le clausole di salvaguardia nel caso in cui le importazioni sudamericane recassero serio danno agli agricoltori europei sono già state definite nel trilogo del 18 dicembre tra Parlamento, Consiglio e Commissione.
Ma il punto è politico non più tecnico. In Francia gli agricoltori sono inferociti e spaventati da anni: non solo dall’accordo commerciale ma anche dalle riforme alla politica agricola in discussione nell’ambito del bilancio settennale dell’Unione, anch’esso all’ordine del giorno di questo incontro trimestrale dei leader europei, che dovrebbero fare spazio al riarmo e ridimensionare gli storici sussidi agli agricoltori (la voce più importante del bilancio comuen della Ue).
L’accordo con il Mercosur, dopo 25 anni di trattative, è fatto e concluso. Lo stesso presidente brasiliano Luis Ignacio Lula da Silva si è detto disponibile ad aspettare i primi giorni dell’anno prossimo per la ratifica, certo che è solo questione di giorni.
A proposito di bilancio, i leader hanno «accolto con favore l’adozione del regolamento per l’incentivazione degli investimenti nel settore della difesa nel bilancio della Ue e la presentazione della tabella di marcia per la trasformazione dell’industria della difesa», si legge dalle conclusioni: in altre parole, l’agricoltura (e non solo) dovrà comunque fare spazio al riarmo europeo nel prossimo bilancio.
Più complessa è la risoluzione dei fondi all’Ucraina per il biennio 2026 - 2027. Dalle nove di sera è cominciata la discussione delle due soluzioni sul tavolo, una soluzione che potrebbe andare avanti tutta la notte: quella sull’uso dei fondi russi bloccati in Belgio (185 miliardi), che richiede garanzie costose per oltre 200 miliardi di euro, e quella dell’emissione di debito comune con garanzie di un ristretto numero di Paesi.
Il primo ministro belga Bart De Wever rifiuta da un mese di accettare di sbloccare i fondi per timore di restare con il cerino in mano e dovere ripagare i soldi utilizzati in seguito alla sentenza futura di un tribunale europeo.
Ma il presidente del Consiglio europeo, il portoghese Antonio Costa, intende arrivare a una soluzione stanotte. L’obiettivo è uscire dal vertice con i soldi necessari a sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina nel prossimo biennio. Lo strumento non importa: i leader sono determinati a trovarlo, con l’aiuto dei tecnici della Commissione. Per questo circolano voci di una possibile soluzione ibrida fatta sia di asset russi garantiti da una parte degli stati membri sia di indebitamento comune: i soldi all'Ucraina verrebbero prelevati dai fondi congelati russi ma l'ipotesi di una loro restituzione da parte dei 27 potrebbe essere garantita da un prestito congiunto ripartito pro quota tra gli stati principali, senza che il nuovo debito però pesi sul tasso di indebitamento di ciascuno stato, previo via libera di Eurostat.
Macchinoso certo, e ancora solo una possibilità. Si tratta dopotutto della risoluzione di un puzzle cruciale per il futuro dell’Europa. E stanotte si cerca il pezzo mancante.
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