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19 dicembre, 2025Articoli correlati
Troppo complicata la soluzione di utilizzare i beni russi. L'Unione europea s'indebita per l'Ucraina a 25. Ma si ripropone di scongelare i beni russi se Mosca non pagherà i danni di guerra
In piena notte l’Unione europea ha ritrovato unità e coraggio e ha deciso un prestito da 90 miliardi per l’Ucraina per i prossimi due anni.
«Abbiamo mantenuto le promesse», ha dichiarato trionfante il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.
Il prestito, che non peserà sul rapporto debito/Pil di ciascuno stato, sarà restituito all’unione europea se e quando la Russia pagherà per i danni inferti all’Ucraina. L’Unione si riserva di utilizzare i fondi russi congelati in Belgio a garanzia del suo prestito nel caso in cui la Russia non paghi ma nel frattempo i fondi russi rimarranno semplicemente congelati e non utilizzati.
Il prestito è stato deciso a 25, con le filo russe Ungheria e Slovacchia che si sono astenute e a cui nulla sarà imputato, conferma che, viste le dimensioni dei due Paesi, la loro influenza è e sarà sempre più marginale nelle decisioni europee. La Repubblica Ceca di Andrej Babis ha votato a favore del piano dopo avere ricevuto la garanzia che anch’essa non sarà tenuta a rimborsare il prestito.
«Non pagheranno finanziariamente ma lo faranno politicamente», ha detto una fonte diplomatica.
Il prestito comune, che conferma l’unità dell’Unione nei momenti critici, come già avvenuto con il Pnrr durante la pandemia, non peserà sul livello di debito dei singoli stati, come confermato da Eurostat.
«Il messaggio che stiamo inviando oggi alla Russia è cristallino», ha detto Costa: «Primo, non avete raggiunto i vostri obiettivi in Ucraina. Secondo, l’Europa è al fianco dell’Ucraina. Oggi, domani e per tutto il tempo necessario. Terzo, la Russia deve sedersi al tavolo dei negoziati in modo serio e accettare che non vincerà questa guerra».
La mossa è di fatto una palese sconfessione del piano della presidente della Commissione Ursula von der Leyen e del tedesco Friedrich Merz che si erano rifiutati fino all’ultimo di emettere debito comune. È anche la vittoria di Belgio e Italia che avevano tenuto duro contro le pressioni teutoniche e, soprattutto, la rassicurazione che l’Europa non è soltanto un’espressione geografica.
«Ha vinto il buonsenso», ha detto la premier italiana Giorgia Meloni.
Nel corso della giornata e della notte tra giovedì e venerdì i portavoce dei vari governi europei avevano fatto sapere che nessun prestito comune fosse sul tavolo ma che la Commissione europea stava lavorando a un’ulteriore proposta su come utilizzare i fondi russi senza imporre fardelli finanziari sugli stati. «Non esiste un piano B e esiste è solo alla macchinetta del bar», continuavano a ripetere ai giornalisti.
Invece l’ennesima proposta sull’utilizzo diretto dei fondi russi si è scontrata nel cuore della notte con l’impossibilità dei singoli stati di accettare garanzie «aperte» nel loro ammontare e nella durata volute dal Belgio. Sarebbero state troppo costose, ben oltre i 210 miliardi, e indigeribili politicamente dalle opinioni pubbliche europee. Ma il presidente Costa era deciso a non fare uscire i leader dall'Europa building fino a quando non fosse stata trovata una soluzione di finanziamento per l'Ucraina e inviato un messaggio chiaro al leader russo e, indirettamente a quello americano: l'Europa mantiene le sue promesse. A differenza di altri, che pur si dicono "potenze".
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