Contro i latinos
Arresti collaterali: la paura di Chicago
Settimane di paura, con persone rimaste in casa per giorni, strade deserte e apprensione tangibile, si sono concluse con l’atteso blitz contro i migranti irregolari di Chicago da parte dell’amministrazione Trump
Settimane di paura, con persone rimaste in casa per giorni, strade deserte e apprensione tangibile, si sono concluse con l’atteso blitz contro i migranti irregolari di Chicago da parte dell’amministrazione Trump. Sulle sponde del lago Michigan, gli uomini dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice) sono stati affiancati da agenti del dipartimento di Giustizia: dall’Fbi alle unità antidroga della Dea. A dicembre scorso, Tom Homan, il nuovo «border czar», aveva dichiarato di voler fare di Chicago il «punto di partenza» delle deportazioni. Era stato, però, costretto a rimandare tutto in vista della cerimonia d’insediamento, dopo le anticipazioni della stampa americana. Ma non ci è voluto molto perché la nuova amministrazione mettesse nel mirino Chicago, a guida democratica dal 1931 e città santuario dal 1985, dove gli agenti di polizia locale non collaborano con quelli dell’Immigrazione. In un comunicato, l’Ice ha fatto sapere di «avere condotto operazioni mirate a tenere fuori dalle nostre comunità criminali stranieri potenzialmente pericolosi». Homan ha dichiarato a NewsNation che alcune delle persone arrestate fanno parte dei Tren de Aragua, gang criminale che Donald Trump vuole inserire nella lista delle organizzazioni terroristiche. L’importanza di Chicago nello scacchiere delle deportazioni è stata resa evidente anche dalla presenza in città di Emil Bove, viceprocuratore generale ad interim, assieme a Homan. Entrambi hanno fatto discorsi a favore di telecamere. Il nuovo «border czar» si è fatto addirittura seguire durante i raid da quelle di Phil McGraw, alias Dr. Phil, “guru” della psicologia in tv e personalità social vicina sia a lui sia a Trump. Mentre tutto questo andava in scena e anche dopo, i quartieri a maggioranza latino-americana della città, come Little Village, sono rimasti vuoti. Di solito affollata, rumorosa, piena di chioschi di tamales e tacos, la 26esima Strada si è acquietata. Poche persone girano, ancora meno bandiere sventolano sulle insegne dei negozi; due soli venditori ambulanti presidiano il territorio con i loro furgoncini. A Rogers Park, M. e A. non sono usciti di casa per diversi giorni. Arrivati da bambini a Chicago – lei dal Messico e lui dalla Colombia – hanno status diversi. M. ha un visto di lavoro temporaneo e fa l’assistente sociale in un’ong affiliata a una chiesa della città. A., invece, porta avanti un’impresa personale di magliette, ma da 18 anni vive senza documenti: «Ho provato a prendere la Green Card, ma i tempi burocratici sono lunghi – dice agitato – ho lasciato la Colombia da piccolo, non voglio tornarci: ho paura, la mia vita è qui, non sono un criminale».
In una prima fase, l’operazione a Chicago avrà come bersaglio i migranti irregolari con gravi carichi giudiziari pendenti, ma Homan non ha fatto mistero dl fatto che, specie nelle città santuario, ci saranno «arresti collaterali»: persone non pericolose verranno arrestate se trovate senza documenti. Secondo Jacqueline Stevens, fondatrice della Deportation Research Clinic alla Northwestern University, «molti arresti collaterali vengono condotti dall’Ice contro persone che hanno il diritto di stare nel Paese, con processi di legalizzazione in corso, ma che non sono in grado di dimostrarlo al momento di una retata». Per combattere questa piaga, la proposta più provocatoria, respinta dall’amministrazione cittadina, è arrivata da due consiglieri democratici, Raymond Lopez e Silvana Tabares. Hanno cercato di emendare la legge che fa di Chicago una città santuario: «Trump ha detto che verranno presi di mira solo i criminali – spiega Lopez a L’Espresso – per mettere al riparo la gran parte delle comunità latine dagli arresti collaterali, la polizia dovrebbe aiutare l’Ice a individuarli». Tra arresti mirati e collaterali, Chicago si è trovata imbambolata e impaurita, ma non ancora sul punto di arrendersi. Una rete di gruppi di attivisti per i diritti dei migranti ha fatto causa all’Ice, con la motivazione che le retate «abbiano il solo scopo di distruggere le città santuario, senza nessun interesse governativo». In attesa che una Corte federale tenda loro una mano, le prossime settimane si preannunciano dure per le comunità di migranti di Chicago.