Filippine, arrestato l’ex presidente Duterte: la Cpi lo accusa di crimini contro l’umanità

L'ex presidente è stato fermato a Manila su mandato della Corte Penale Internazionale. La sua “guerra alla droga” avrebbe causato migliaia di morti tra il 2016 e il 2022

Rodrigo Duterte, ex presidente delle Filippine dal 2016 al 2022, è stato arrestato la mattina dell'11 marzo all’aeroporto internazionale di Manila. L'operazione è partita su impulso della Corte Penale Internazionale (Cpi) che ha spiccato un mandato di arresto per crimini contro l'umanità. I giudici dell'Aia avrebbero ricondotto a Duterte la responsabilità delle migliaia di morti verificatesi nelle Filippine durante la cosiddetta "guerra alla droga".

Duterte, 79 anni, era appena rientrato da un breve viaggio a Hong Kong. Le autorità lo hanno fermato al suo arrivo nello scalo aeroportuale: “L’Interpol di Manila ha ricevuto la copia ufficiale del mandato d’arresto dalla Cpi”, ha dichiarato in una nota la presidenza filippina, ora guidata da Ferdinand Marcos Jr. L’ex leader del Paese si trova in custodia cautelare.

La guerra agli spacciatori di stupefacenti 

Le accuse risalgono alla crociata antidroga lanciata da Duterte durante il suo mandato. L'ex presidente aveva promesso di estirpare il problema della droga con metodi spietati. Secondo diverse stime, oltre 6 mila persone sono state uccise in operazioni di polizia. Alcune organizzazioni per i diritti umani parlano di un bilancio più pesante, con cifre che oscillano tra 12.000 e 30.000 morti. Molte vittime, spesso giovani delle aree urbane più povere, sarebbero state eliminate in esecuzioni extragiudiziali, senza prove concrete di coinvolgimento nel traffico di droga.

La Cpi aveva aperto un’indagine nel 2018, concentrandosi sugli anni tra il 2011 – quando Duterte era sindaco di Davao – e il 2019, prima che le Filippine si ritirassero dal tribunale internazionale su ordine dello stesso Duterte. Nonostante l’uscita dalla Cpi, la Corte ha ribadito la sua giurisdizione sui crimini commessi prima del ritiro.  

Durante il suo governo, Duterte aveva difeso con veemenza i suoi metodi, arrivando a definire “giustificati” gli omicidi di sospetti spacciatori e minacciando di lasciare anche l’Onu. “Se questo è il mio destino, lo accetterò”, aveva dichiarato due giorni fa a Hong Kong, davanti a una folla di sostenitori, quasi presagendo l’arresto.

L'edicola

Le radici culturali dell'Europa, antidoto al caos

Contro la crisi identitaria del Continente non c’è che uno sbocco: la riaffermazione dei valori comuni

La copertina del decimo numero: "Vieni avanti, straniero".