Nuovo scandalo corruzione al Parlamento europeo: arrestati lobbisti vicini al colosso cinese Huawei. Perquisizioni in corso all'Eurocamera

Una schiera di persone, a Bruxelles, per portare avanti gli interessi commerciali dell'azienda di Shenzhen. Sarebbe coinvolto anche un italiano. Per ora non ci sono europarlamentari tra gli indagati

Un nuovo scandalo giudiziario lambisce il Parlamento europeo. Questa mattina – 13 marzo – una maxioperazione della polizia del Belgio ha portato al fermo di diversi lobbisti, legati al colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Le persone arrestate sarebbero accusate di aver corrotto parlamentari europei per favorire gli interessi commerciali dell’azienda in Europa. Il giudice incaricato del caso "ha chiesto che vengano apposti i sigilli nei locali del Parlamento europeo, in particolare negli uffici assegnati a due assistenti parlamentari presumibilmente coinvolti". Lo fa sapere la procura federale belga, che ha spiegato che le perquisizioni "sono in corso". Secondo quanto riporta l'Ansa, gli assistenti lavorerebbero per parlamentari di Forza Italia e per i liberali di Democratic Bulgaria, del gruppo Renew. Sono stati poi perquisiti 21 indirizzi nella regione di Bruxelles, in Vallonia, ma anche in Portogallo. L’operazione, che coinvolge oltre 100 investigatori, è stata riportata dal quotidiano Le Soir, in collaborazione con il settimanale Knak, la piattaforma investigativa Follow the Money e con i giornalisti investigativi greci di Reporters United. "Il Parlamento europeo prende atto delle informazioni. Quando richiesto, collabora sempre pienamente con le autorità giudiziarie”, ha fatto sapere il servizio stampa dell’Eurocamera. Secondo quanto fa sapere la procura belga, non ci sarebbero per ora eurodeputati indagati. Tuttavia, non è escluso che nel corso dell'indagine verrà chiesta la revoca dell'immunità. Sarebbero circa 15 i rappresentati (attuali o passati) di diversi schieramenti politici finiti sotto le lenti degli inquirenti.

Stando a quanto scrivono i giornali di Bruxelles, uno dei lobbisti coinvolti nell’inchiesta sarebbe il belga-italiano Valerio Ottati, direttore degli Affari pubblici europei per Huawei, che entrò a far parte del colosso cinese nel 2019. In quegli anni, per rispondere all’estromissione dal mercato statunitense dovuto alle accuse di spionaggio mosse dalle autorità americane per la tecnologia 5G, Huawei stava intensificando le sue attività di influenza nel Vecchio Continente. Per anni Ottati ha lavorato come assistente di due eurodeputati italiani, un popolare e un socialista, occupandosi anche delle relazioni Bruxelles-Pechino.

Regali in cambio di presunti favori

"La corruzione sarebbe stata praticata regolarmente e in modo molto discreto dal 2021 a oggi, sotto le mentite spoglie di attività di lobbying commerciale e assumendo varie forme, come regali, spese di vitto e di viaggio, o inviti regolari a partite di calcio", ha spiegato la procura federale, senza tuttavia menzionare Huawei. Nelle prossime ore le persone coinvolte – accusate di corruzione, falsificazione, uso di documenti falsi, riciclaggio di denaro e organizzazione criminale – verranno interrogate. Secondo il codice di condotta degli europarlamentari, qualsiasi regalo superiore ai 150 euro fatto da terzi deve essere dichiarato e inserito nel registro pubblico dei regali.

Secondo quanto riportato da Le Soir, Ottati si “sarebbe occupato di organizzare molti incontri con i deputati” e “invitare le persone agli eventi” che il colosso cinese avrebbe finanziario con quasi 2 milioni di euro”. Una facciata “legale”, per chi indaga, che sarebbe servita per coprire operazioni di corruzione portate avanti con altri collaboratori. 

 

"I benefici finanziari legati alla presunta corruzione potrebbero" essersi concretizzati con "flussi finanziari relativi alla copertura di spese per conferenze e versati a diversi intermediari, al fine di dissimularne la natura illecita o di consentire agli autori di sfuggire alle conseguenze delle loro azioni", ha spiegato la procura, precisando che "l'indagine mira anche a rilevare elementi di riciclaggio di denaro".

A due anni dal Qatargate

Non è la prima volta che il Parlamento europeo finisce al centro di accuse di corruzione. A dicembre del 2022 un altro scandalo, il Qatargate, aveva colpito l’Eurocamera. In quell’occasione, al centro dell’inchiesta non c’era un’azienda straniera – come nel caso di Huawei, accusata però di essere strettamente legata al Partito comunista cinese – ma uno Stato: il Qatar. L’accusa riguardava presunte tangenti ricevute dal governo di Doha da parte di membri dell’Europarlamento e funzionari europei e ha portato a diverse perquisizioni e arresti, tra cui la vicepresidente del Parlamento, Eva Kaili. Negli scorsi giorni la procura federale belga, sempre nel contesto del Qatargate, ha chiesto la revoca dell’immunità per due europarlamentari italiane, entrambe poi autosospese dal gruppo dei Socialisti e democratici: Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti.

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