Il presidente dello Stato centroamericano Nayib Bukele incassa 6 milioni di dollari l'anno: 22 mila per ogni migrante espulso dagli Usa contro il no dei giudici

Oopsie… Too late». Beffardo e cinico, il presidente del Salvador non aspetta. Replica sul suo account di X all’ingiunzione del giudice distrettuale di Washington James E. Boasberg che ordinava ai due aerei con a bordo 261 immigrati illegali di spegnere i motori e liberare i passeggeri. Il post viene rilanciato e condiviso da Steven Cheung, direttore delle comunicazioni delle Casa Bianca. È la conferma di un asse San Salvador-Washington che funziona: vi mandiamo i criminali, presunti, in cambio di soldi e sostegno. Nayib Bukele, con questo carico, incassa 6 milioni di dollari l'anno: 22 mila per ogni prigioniero. Paga lo Zio Sam. Un piccolo contributo per le spese carcerarie che ammontano a 200 milioni. Ma soprattutto rafforza l’alleanza con il tycoon. Donald Trump ignora il decreto giudiziario. Troppo tardi, dice anche lui. I velivoli erano già decollati, spiegano dallo Studio Ovale, ed entrambi si trovavano in quel momento nello spazio internazionale. Impossible fermarli. L’ufficio del giudice ha contestato il dettaglio ma ha potuto fare ben poco.

 

Il presidente Usa lancia la sfida a uno dei grandi poteri della Costituzione. Non accadeva da 250 anni. Dopo il tentativo di bloccare i due aerei, reagisce infastidito. Si scaglia contro il giudice Boasberg che ha osato contrastarlo. Chiede al Congresso di intervenire e di metterlo sotto accusa. Lo definisce «lunatico, radicale e di sinistra, un agitatore e un provocatore che è stato notoriamente nominato da Barack Hussein Obama ma non è stato eletto presidente». Come dire: alle urne ho vinto io e sono al di sopra delle leggi e dei giudici. Lo scontro arriva alla Corte Suprema. Spinge il presidente John Roberts a una dichiarazione straordinaria. «Per più di due secoli – ricorda – è stato stabilito che l’impeachment non è una risposta appropriata al disaccordo su una decisione giudiziaria. Il normale processo di revisione d’appello esiste per questo scopo». Ma la battaglia per la rimozione era già stata avviata. Elon Musk ha aperto di nuovo il suo cospicuo portafogli per foraggiare i membri del Congresso che sostengono l’impeachment dei giudici troppo invadenti. Trump lo aveva detto durante la campagna elettorale: se vinco mi trasformo in dittatore sin dal primo giorno. È stato di parola. Ha messo a dura prova il potere esecutivo, ha invaso quello legislativo con una valanga di ordini e decreti.

 

L’intera operazione di trasferimento degli immigrati viene ripresa, con una scenografia hollywoodiana, in tutte le sue fasi. Immagini dure messe in rete come deterrente. I prigionieri immigrati sono a stragrande maggioranza venezuelani. Il Dipartimento della sicurezza interna (Dhs) li accusa di far parte del “Tren de Aragua”, una potente organizzazione criminale finita nella lista nera di quelle terroriste. Sprovvisti di documenti ufficiali, i sospetti sono obbligati a togliersi la camicia e a mostrare mezzo corpo nudo. Basta avere un tatuaggio che non convince e finisci in manette.

 

I 238 venezuelani sui 261 deportati (23 erano salvadoregni) non atterrano a Caracas ma a San Salvador, la capitale del piccolo Stato centroamericano. Sono trasferiti con degli autobus nel Centro di detenzione per terroristi, il Cecot: un supercarcere in grado di ospitare fino a 40 mila detenuti, moderno e ipertecnologico. Un vero lager, lo considerano una sorta di campo di concentramento. Il presidente Usa ha rispolverato la legge d’emergenza che risale al 1798 quando venne promulgata dal presidente John Adams. Prevede l’espulsione dei nemici in tempo di guerra. Si chiama Alien Enemies Act ed è stata usata solo in tre occasioni: durante la guerra civile americana e nel corso della Prima e Seconda guerra mondiale. In quest’ultimo caso servì a spedire i giapponesi americani nei campi di prigionia in uno degli episodi più tristemente noti della storia del Paese nel XX secolo.

 

Il filmato fa il giro della rete. È visto da decine di milioni di persone. Su YouTube e TikTok. Lo guardano anche madri e padri di Los Pescadores, quartiere popolare a nord di Maracaibo, nello Stato venezuelano di Zulia. Da lì sono fuggiti in molti, attraversando l’inferno della giungla del Darien Gap per arrivare negli Usa. Alcune famiglie riconoscono i propri figli e nipoti nel video. Si disperano, giurano che i loro congiunti non hanno commesso alcun reato, che non fanno parte di nessuna gang. Tanto meno del Tren de Aragua. È molto probabile. Nelle retate compiute dalla polizia sono caduti insospettabili. Come SuarezVzla, nome d‘arte di Arturo Suárez-Trejo, famoso artista reggaeton venezuelano di 33 anni. Ha lasciato il suo Paese nel 2018 e si è stabilito in Cile. Ha creato musica, amicizie e coltivato milioni di fan. Una vera star internazionale. È entrato negli Usa con il programma Cbp One, l’applicazione creata da Biden e smantellata dall’amministrazione repubblicana. Adesso voleva tornare in Cile. Non ha fatto in tempo. Lo hanno sorpreso in una sala di registrazione assieme ad altri musicisti stranieri. Sono stati tutti ammanettati e poi imbarcati sugli aerei.

 

Non è un caso isolato. Nelle ultime settimane decine di stranieri negli Usa per turismo o lavoro, soprattutto europei e canadesi, sono incappati in controlli, arresti ed espulsioni. Così il tedesco con il visto da turista scaduto, l’attrice canadese senza più quello di lavoro; un altro cittadino di Monaco sorpreso a Boston senza carta verde, denudato, bagnato con una bella doccia fredda, rinchiuso in un centro di detenzione, espulso. E ancora un’artista gallese non in regola, un ricercatore francese accusato di sottrazione di segreti di Stato: gli hanno trovato nel pc materiale nucleare di Los Alamos. Ma lui è un ingegnere nucleare e faceva il ricercatore in New Mexico.

L'edicola

Voglia di nucleare - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso

Il settimanale, da venerdì 28 marzo, è disponibile in edicola e in app