In via Bacacay, nel quartiere Floresta di Buenos Aires, c’è un bellissimo cancello blu che è completamente ricoperto da fiori viola di bouganvillea. Quel cancello sembra uscito da una fiaba ma, negli anni della dittatura di Videla, chi lo varcava sapeva che sarebbe entrato in un incubo. Al suo interno infatti, nel 1976, funzionava un centro clandestino di tortura e sterminio. In quegli anni erano centinaia e si trovavano ovunque, erano buchi neri che ufficialmente non esistevano e dove chi si opponeva al regime veniva torturato, ucciso e fatto sparire. Per più di 40 anni chi è stato portato dentro al centro di via Bacacay ed è sopravvissuto, ha pensato che fosse impazzito e che quello che ricordava fosse frutto dell’immaginazione. I sopravvissuti si sono ripetuti che le sevizie, gli altri detenuti uccisi e la ferocia dei torturatori, fossero accaduti solo nella loro testa. Quel centro clandestino infatti ufficialmente non esisteva: non era mai stato scoperto.
Fino a quando, nel 2020, alcuni ricercatori hanno individuato quel luogo, grazie allo studio meticoloso di documenti declassificati degli archivi statali. Hanno ricostruito ciò che accadeva dentro a quel centro, hanno individuato chi fossero i torturatori che sono finiti sotto processo e, soprattutto, hanno potuto dire alle vittime quello che aspettavano di sentirsi dire da più di 40 anni: non erano impazziti, quello che ricordavano e che li aveva tormentati fino ad allora era vero. Ma oggi il lavoro di quella squadra di ricercatori è messo in pericolo dai tagli che il presidente argentino Javier Milei ha messo in atto contro tutti gli spazi che si occupano di fare giustizia per i crimini commessi durante il regime.
Javier Milei, che è stato eletto dagli argentini come nuovo presidente nel novembre del 2023, è infatti un aperto sostenitore della dittatura di Videla, che ha governato il Paese dal 1976 al 1983, e che è costata la vita ad almeno 30mila desaparecidos. Milei è un negazionista dei crimini commessi dalla dittatura e ha dimostrato molta solidarietà e vicinanza ai militari condannati. L’Argentina infatti è conosciuta nel mondo come esempio per le politiche statali che sono state portate avanti per garantire giustizia per i crimini commessi dal regime e fino a oggi sono oltre mille i collaboratori della dittatura che sono stati condannati. La vice di Milei inoltre è Victoria Villarruel, una delle più note avvocate che lotta per liberare i torturatori incarcerati. Non stupisce quindi che, da quando ha iniziato a governare, abbia smantellato con precisione chirurgica tutti gli enti statali che si occupano di memoria e abbia tagliato i finanziamenti pubblici alle associazioni della società civile che si battono per ottenere giustizia per i desaparecidos.
Parte delle politiche pubbliche sul tema è stata la creazione dei “siti di memoria”. Sono oltre 40 e, quasi tutti, sono ex centri di tortura e sterminio. Gli stabilimenti sono stati recuperati e trasformati in musei pubblici che chiunque può visitare gratuitamente. All’interno ci sono lavoratori specializzati che fanno da guida alle scolaresche, archivisti e poi équipe di ricercatori che raccolgono nuove testimonianze, studiano documenti e si dedicano a individuare nuovi centri clandestini. Il centro di tortura di via Bacacay, che era rimasto ignoto per oltre 40 anni, è stato scoperto dalla squadra dell’Orletti, un altro centro di sterminio. Il governo di Milei ha licenziato quasi la metà dei lavoratori dell’Orletti, che sono passati da 11 a 7. Un dato che purtroppo non stupisce: l’esecutivo del nuovo presidente ha tagliato il 50 per cento degli addetti in quasi tutti i siti di memoria.
Come spiega Octavio Rampoldi, delegato sindacale: "In un anno il governo di Milei ha licenziato almeno la metà dei lavoratori del settore. Sono stati cacciati anche moltissimi avvocati che portavano avanti i processi contro i torturatori del regime". Nel mirino del presidente ci sono soprattutto le “Abuelas de Plaza de Mayo”. Durante la dittatura i militari hanno toccato punte atroci di brutalità, e il crimine più perverso è stato quello di sequestrare i figli dei desaparecidos. Cinquecento bambini negli anni del regime sono stati rapiti dagli stessi militari che avevano ucciso i loro genitori, considerati pericolosi sovversivi, e li hanno poi cresciuti facendoli passare per figli propri. Le nonne (abuelas in spagnolo ndr) di questi bimbi però non hanno mai smesso di cercarli, si sono riunite nell’associazione Abuelas de Plaza de Mayo e fino a oggi ne hanno ritrovati ben 137.
Il governo di Milei ha tagliato completamente i fondi statali destinati alle Abuelas e ha smantellato la Conadi, l’equipe statale che aiutava le nonne a ritrovare i nipoti scomparsi. Oggi Juan Pablo Moyano ha 48 anni ed è uno dei responsabili di Abuelas, ed è anche un “nipote ritrovato”. Quando aveva solo un anno d’età, infatti, i suoi genitori sono stati sequestrati e fatti sparire dai militari di Videla e lui è scomparso nel nulla. Solo grazie agli eroici sforzi delle “Nonne”, il bambino è stato localizzato e ritrovato nel 1983, anno in cui è stato restituito alla sua famiglia biologica. Oggi lavora per ricercare gli altri nipoti scomparsi. "Ciò che sta facendo questo governo è combatterci: sono in lotta contro chi difende la memoria – afferma Juan Pablo – Vogliono impedirci di continuare a farlo, ma noi non ci fermeremo mai. E continueremo a cercare fino all’ultimo bambino rapito durante la dittatura".