La location resta un mistero. Potrebbe essere una discreta palazzina di mattoni rossi, nel quartiere di Georgetown. Quel che è certo è che per intestarsi una tessera dell’Executive Branch Club, in apertura questa estate, ci vorrà mezzo milione di dollari. È il prezzo da pagare per entrare nel sancta sanctorum dell’aristocrazia Maga. Dietro l’operazione ci sono Donald Trump Jr., figlio del presidente, assieme ad Alex e Zach Witkoff, figli di Steve, che non è solo un potente immobiliarista, ma è anche l’attuale inviato speciale per il Medio Oriente. Sarà il Mar-a-Lago della capitale, senza campi da golf ma con più lobbisti. Il palcoscenico della nuova corte, in cui coloro che hanno il portafogli più gonfio possono permettersi di “fare l’aperitivo” con l’amministrazione. Gli americani la definiscono cultura del "pay-to-play".
La vendita dell’accesso allo Studio Ovale è diventata per i Trump una voce importante di business. Per fare un altro esempio, recentemente in un’asta di memecoin (un tipo di criptovaluta basato sulla popolarità dei meme online) $TRUMP – la criptovaluta della famiglia – i 220 principali offerenti hanno “vinto” la partecipazione a un gala con il presidente nel suo resort in Virginia appena fuori da Washington, mentre i top 25 si sono assicurati pure una visita esclusiva della Casa Bianca. Guadagnati in poche ore oltre 150 milioni di dollari.
Il legame tra affari e potere non è mai stato un tabù per i Trump. Ma oggi quel confine si assottiglia come mai prima. Dalla Florida al Medio Oriente, fino al cyberspazio, dalle criptovalute ai resort, dai fondi agli investimenti immobiliari, capitalizzano ogni centimetro del potere riconquistato. Secondo la portavoce della nuova amministrazione, Karoline Leavitt, anche solo pensare che il tycoon agisca per interesse personale è “francamente ridicolo”. I numeri però la smentiscono. La presidenza ha giovato enormemente alla famiglia. Il marchio, già potente, si è dilatato ben oltre gli immobili e il merchandising (dalle scarpe alle bibbie e ai profumi, dagli orologi all’oggettistica e ai libri, fino addirittura alle chitarre). Se durante il primo mandato il patrimonio si attestava sui 3,7 miliardi di dollari, a marzo Bloomberg lo ha stimato in 4,8. Una cifra che non include i ricavi legati alle criptovalute, un tesoretto che State Democracy Defenders Action valuta in 2,9 miliardi.
Il conflitto d’interessi è stato istituzionalizzato. Appena entrato alla Casa Bianca, Trump ha affidato il controllo delle sue aziende ai figli, rinunciando a un “blind trust”, una gestione terza, come prevede la prassi per evitare che un presidente tragga vantaggio diretto dai propri affari. Il trust è controllato dal figlio maggiore, Donald Jr., mentre la Trump Organization è gestita sia da Don Jr. che dal fratello Eric. Le lobby non aspettavano altro e per questo, come ha scritto Pbs, si è «riacceso il dibattito emerso durante il primo mandato: i guadagni finanziari del presidente stanno influenzando le scelte di governo?».

Se in passato per ingraziarsi l’uomo più potente d’America si poteva puntare su investimenti immobiliari, sulla Trump Media che gestisce l'app Truth Social, sui soggiorni prenotati presso i resort oppure negli hotel del gruppo, sulle partite sui campi da golf di proprietà, oggi ci sono le criptovalute; un asset che costituirebbe ormai il 40 per cento del patrimonio netto. Della società World Liberty Financial, lanciata a settembre, fanno parte i “cripto-ambasciatori” Don Jr., Eric ed anche Barron, il più piccolo (unico figlio di Melania), mentre Donald Sr. figura come “chief crypto advocate”. La compagnia ha una “stablecoin” da un dollaro, con valore invariabile e l’ambizione di poter presto sostituire lo storico “verdone”. A rimpinguare le casse della società provvederà altresì un fondo sostenuto da Abu Dhabi che effettuerà un investimento di 2 miliardi di dollari in Binance utilizzando la stablecoin. La transazione genererà un gruzzolo di milioni di dollari. Un “regalo” degli Emirati che secondo molti critici puzza di corruzione. Le criptovalute, infatti, sono una miniera d’oro per due motivi: innanzitutto producono profitti quando il valore della moneta aumenta, ma fruttano anche grazie ai costi di transazione, ovvero quando si acquista o si vende. Le commissioni generali fino a ora ammontano a 320 milioni. Non solo. American Bitcoin, la società di mining co-fondata da Eric Trump sarà presto quotata in borsa.
Il problema è che regolare il settore delle criptovalute è estremamente complesso: le transazioni sono spesso anonime e non tracciabili geograficamente. Chiunque può investire, finanche governi stranieri. Capire fino a che punto arrivino le influenze è un’operazione incerta e scivolosa. In questo contesto opaco, a preoccupare democratici e osservatori polemici sono le proposte di legge sulle criptovalute che il team Trump sta spingendo in Congresso. La sinistra denuncia i potenziali conflitti del presidente, mentre i repubblicani non sembrano ritenere questo problema una priorità. Come nota persino un giornale conservatore come il Wall Street Journal: «Questa aperta commistione di geopolitica e interessi personali rompe con le consolidate consuetudini americane». La rappresentazione plastica di questa anomalia è di sicuro il “palazzo dei cieli”, ovvero il jet di lusso estremo donato dal Qatar che dovrebbe sostituire l'Air Force One e poi restare a disposizione della Donald J. Trump Presidential Library. Il valore stimato del Boeing 747-8 è di 400 milioni di dollari, ma secondo la Casa Bianca non ci sarebbe alcun conflitto d’interesse e neppure la parvenza di una captatio benevolentiae da parte di Doha.
A far rabbrividire i watchdog è stata anche la prima missione internazionale del presidente. La meta è stata il Medio Oriente e non a caso. Se è vero che Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti hanno promesso un impegno a lungo termine da 3,2 trilioni di dollari di investimenti negli Usa, è anche vero che si tratta di Paesi con cui la famiglia Trump ha consolidato, negli anni, rapporti commerciali strategici. Una regione strategica nell’agenda globale di Don ed Eric, che in questo secondo capitolo hanno girato il mondo per promuovere il marchio di famiglia. Tra gli affari conclusi figurano grattacieli di lusso a Dubai e a Jeddah, un campo da golf e un complesso residenziale in Qatar, solo per citarne alcuni. Una rete di relazioni avviata già durante il primo mandato, quando fu inaugurato il Trump International Golf Club a Dubai. In parallelo, Jared Kushner, marito di Ivanka e allora figura chiave, subito dopo aver lasciato gli impegni nell’amministrazione ha creato il fondo Affinity Partners, che oggi raccoglie per la maggior parte capitali dai Paesi del Golfo. Qatar ed Emirati risultano tra i principali investitori di xAI, la società di intelligenza artificiale di Elon Musk. La sua Boring Company ha ricevuto l’incarico di costruire una rete di tunnel di oltre 17 chilometri a Dubai.
Solo alcune tra le ramificazioni della “holding Casa Bianca”. Ma, per fortuna, il presidente ha garantito che, come aveva già fatto, anche questa volta rinuncerà al suo stipendio di 400mila dollari l’anno.