La Piazza dei Martiri di Leopoli è una distesa di bandiere, volti di giovanissimi uomini e lumini sempre accesi. ll silenzio lascia libertà all’immaginazione: chi era quel ragazzo di 19 anni, qual era la sua vita prima della guerra, cosa gli piaceva fare o cosa avrebbe voluto fare? Ma, soprattutto, il silenzio lascia spazio alla rabbia: “Il cimitero di Leopoli è uno dei luoghi simbolo del dolore di una generazione perduta a causa della guerra. Non è la prima volta che vengo e in questi anni ho visto crescere, insieme alla sofferenza di tante persone, anche il numero di vedove e di orfani, di persone che hanno perduto il loro affetto”, racconta Aldo Ciani, capo della diciannovesima missione di Mediterranea Saving Humans in Ucraina, “questo dà la dimensione della guerra: un tempo nel quale gli anziani sono costretti ad andare a visitare i giovani nei cimiteri. La dimensione umana della guerra confligge con la retorica della nostra Europa, confligge con l’aver sdoganato il tema delle armi. In questo luogo conosciamo meglio il demone della guerra, in questo luogo ci chiediamo con forza: 'Fino a quando?'”.
Siamo a Leopoli, all'estremo ovest dell'Ucraina, dove dal 24 febbraio 2022 migliaia di sfollati fuggiti dall'Est hanno trovato rifugio. Siamo entrati con un convoglio umanitario dell'Ong italiana Mediterranea Saving Humans che dal 2022, in 19 missioni umanitarie differenti, ha portato sostegno medico e beni di prima necessità a quelli che oggi sono diventati a tutti gli effetti dei migranti interni al Paese.
“Nonostante qui la vita continui normalmente, questo è ancora un paese in piena guerra”, continua Aldo Ciani, “Mediterranea è presente in Ucraina sin dal primo giorno di invasione Russa. La prima iniziativa che prendemmo fu quella di venire a sostenere le persone non ucraine che volevano lasciare il paese. In quel periodo l'Europa concesse dei visti agli ucraini che volevano espatriare ma tutto questo non valeva per le persone che non avevano passaporto ucraino, come se gli studenti sudamericani, i lavoratori di origine africana o asiatica non avessero il medesimo diritto di fuggire. Quelle missioni le chiamammo passaggio sicuro e da allora abbiamo incontrato tante realtà ecclesiali e civili che all'inizio furono molto sostenute da diverse associazioni e organizzazioni internazionali, ma poi pian piano si sono ritrovate sempre più sole in un contesto che invece continua a peggiorare”.
Nelle scorse notti, infatti, anche qui a Leopoli hanno suonato le sirene anti missile: domenica mattina, per il secondo giorno consecutivo, l'esercito russo ha lanciato un massiccio attacco su tutta la regione, con 367 attacchi di droni e missili. L'attacco con il più alto numero di droni in 39 mesi di guerra nonché il terzo attacco su vasta scala nel giro di una settimana.
“Per questo abbiamo deciso di non fermare le nostre missioni in Ucraina”, conclude Ciani, “Nel tempo il nostro operato qui si è trasformato, passando da convogli di sanitari, medici e infermieri che venivano a curare i profughi, a vere e proprie staffette di aiuti umanitari che si alternano ogni 10 giorni. Per i nostri partner sul territorio conta certamente l'aiuto concreto che noi riusciamo a portare, ma conta tantissimo anche la fedeltà che noi dimostriamo nei loro confronti. Oggi, quando siamo arrivati, la prima cosa che abbiamo chiesto ai preti del Don Bosco che ci accolgono per dormire è stata: Come state? E la risposta: Finché vi vediamo stiamo bene, perché finché c'è qualcuno che si ricorda di noi, che viene a trovarci, vuol dire che non siamo soli e abbandonati nella tragedia della guerra”.
