Ancora una volta è la Polonia a tenere l’Europa con il fiato sospeso. Un altro Paese dell’Est al bivio tra fascismo liberale e progressismo europeista. Ma non uno qualsiasi. Negli ultimi anni la Polonia è diventata potenza economica e militare all’interno della Ue: ogni sua oscillazione politica ha un impatto strutturale sul resto della costruzione europea.
Il primo giugno, i suoi cittadini dovranno scegliere al secondo turno tra due candidati alla presidenza e due visioni del Paese. Da una parte, Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, di fede progressista, inclusiva e sostenitore dell’Unione europea; dall’altra, Karol Nawrocki, scelto dall’anima del Pys (Giustizia e libertà) Jarosław Kaczyński in persona, nazionalista, euroscettico e ammiratore di Donald Trump.
Nel dicembre del 2023 una coalizione capeggiata da Donald Tusk, leader del Po, la piattaforma civica di stampo liberale, aveva sconfitto il regime del Pys dopo lunghi otto anni di crescita economica e decrescita democratica, ridando speranza a chi non si arrendeva alla demagogia illiberale. Ma da allora Tusk, già primo ministro polacco tra il 2007 e il 2014 e presidente del Consiglio europeo tra il 2014 e il 2019, ha dovuto coabitare con il presidente conservatore Andrzej Duda, non avendo la maggioranza parlamentare dei tre quinti con cui disinnescare il potere di veto presidenziale. Ecco perché le Presidenziali di domenica sono cruciali: la vittoria di Trzaskowski non solo potrebbe permettere a Tusk di realizzare tutte le sue promesse elettorali (al momento siamo a circa un terzo), ma sarebbe soprattutto garanzia che, in caso di vittoria dell’estrema destra alle elezioni nazionali del 2027, rimarrebbe in carica un presidente in grado di controbilanciarne gli istinti illiberali.
Nawrocki sommerso ma non indebolito dagli scandali
Nelle settimane passate Nawrocki sembrava indebolito dagli scandali che lo hanno riguardato di persona. Lui, che vuole passare a tutti i costi come «persona del popolo», aveva acquistato con un sotterfugio una seconda casa (di cui aveva inizialmente negato l’esistenza) da un vicino fragile, poi finito in casa di riposo, a un prezzo molto basso, destinato unicamente agli affittuari delle case popolari. Ma l’impatto dello scandalo è stato limitato. A oggi le chance di vittoria dei due candidati sono simili: negli ultimi sondaggi entrambi vengono dati al 47 per cento. «È il voto più imprevedibile della storia delle elezioni polacche», dice Piotr Buras, a capo dell’ufficio di Varsavia dell’European Council on Foreign relations: «Trzaskowski vincerebbe se portasse alle urne quei due milioni di elettori che non avevano votato al primo turno, mentre Nawrocki vincerebbe se lo votassero i due milioni che al primo turno gli hanno preferito Mentzen».
Sono gli elettori di Mentzen l'ago della bilancia
Slawomir Mentzen, il candidato trentottenne dell’estrema destra libertaria, è stato la vera sorpresa del primo turno, con quel 15 per cento dei voti ottenuti in maggioranza tra i giovani al di sotto dei trent’anni. Lo hanno definito «un voto di protesta» contro i due partiti dell’establishment che hanno governato la Polonia negli ultimi vent’anni: «Hanno votato per lui non “per” ma “nonostante” le sue proposte», dice Buras. Veto all’entrata dell’Ucraina nella Nato, sospensione degli aiuti sociali ai rifugiati ucraini in Polonia, opposizione a un’Unione che riduca la sovranità nazionale, estensione del divieto all’aborto anche ai casi d’incesto (unico motivo per cui è oggi lecito) e via libera all’uso di punizioni corporali sui figli: il tutto nel quadro di un’economia ultraliberista, con tasse basse e basso intervento governativo. Lui, laureato in Fisica e con un dottorato in Economia, una sindrome di Asperger esibita sui social, che usa sapientemente, ha creato a cavallo tra i venti e i trent’anni una birreria, un ristorante e un’azienda di consulenza fiscale, diventando milionario, prima di rientrare in politica (da più giovane era militante) e portare al successo un partito alle frange dell’estrema destra. Insomma una crasi tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, «un uomo del fare» che attrae le nuove generazioni dimenticate dai due grandi partiti: «Almeno lui fa qualcosa di concreto», dice Olga Malgorzata, funzionaria europea.
Gli errori di Tusk
Ed è qui che il ruolo giocato da Tusk nel suo primo anno e mezzo di governo è chiamato in causa. Dopo essere riuscito nell’impresa di scalzare il Pys, non ha dato seguito tempestivo alle 100 promesse fatte in campagna elettorale, dalla liberalizzazione dell’aborto alla creazione di nuovi alloggi, dalla tutela dei diritti Lgbt all’innalzamento della soglia di esenzione dei redditi dalla tassazione nazionale. Il popolo polacco, anche i suoi sostenitori, sono scontenti. Anzi, proprio delusi. A parte la sostituzione dei vertici della televisione pubblica e del procuratore nazionale attraverso degli escamotage legali, non molto è cambiato a livello interno (diversamente che a Bruxelles). Le politiche economiche del governo precedente sono rimaste invariate e non c’è stata nessuna lotta, seppur simbolica, con il presidente Duda, che in un anno e mezzo ha respinto solo quattro provvedimenti (tra cui le nomine diplomatiche) e ne ha inviati altri quattro per un controllo preventivo, di fatto bloccandoli, al Tribunale costituzionale, composto da fedeli del Pys.
Gliel’hanno dimostrato, il loro disappunto, non votando per il suo candidato. Duda, che ha giurato di non fare passare nessun cambio della legge sull’aborto o nel sistema giudiziario, è stato fino a oggi certamente un ostacolo formidabile. Ma Tusk avrebbe potuto fare di più, o almeno provarci. Invece ha prevalso la prudenza per tenere insieme una maggioranza che si sapeva eterogenea e la cui ragione di esistere è stata fin dall’inizio quella di sostituire un governo che per anni ha ampiamente abusato del suo potere.
Molto più difficile è, però, concordare la modifica a una legislazione (come quella sull’aborto) su cui le posizioni dei tre partiti della coalizione variano e sulla quale il presidente Duda avrebbe comunque messo il veto, vanificando gli sforzi: «Tusk ha preferito rimandare la questione anziché rischiare la rottura», dice Buras. La crescente insoddisfazione della popolazione, però, ha costretto Tusk domenica scorsa, durante la marcia a favore di Trzaskowski, a fare mea culpa. «Mi scuso, perché tutti voi vi aspettavate che ci sarebbe stato di più, più velocemente, con più impatto», ha detto, esortando i sostenitori presenti a votare per il suo candidato, che – ha ribadito – lo aiuterà a mantenere le promesse del 2023 e a consolidare il ruolo chiave della Polonia in Europa. Il primo giugno saranno quei quattro milioni di ribelli e di delusi a decidere la direzione futura della Polonia. E dell’Europa.