Netanyahu: "Tiranni terroristi pagheranno un prezzo alto". Nell'attacco iraniano 65 feriti, di cui sei gravi. Intanto Trump avrebbe approvato i piani di attacco contro Teheran, ma "aspetta a dare il via libera".

Raid iraniani colpiscono l'ospedale di Beer Sheva, nel Sud di Israele. Missili di Tel Aviv sul reattore ad acqua di Arak

Un missile iraniano ha colpito l’ospedale Soroka di Beer Sheva, nel Sud di Israele. Secondo il servizio di soccorso israeliano Magen David Adom sono 65 le persone rimaste ferite, di cui sei in modo grave. “Un crimine di guerra”, lo ha definito il ministro della Salute di Tel Aviv, Uriel Buso, che ha parlato esplicitamente di superamento della “linea rossa” e di “atto di terrore”. “I tiranni terroristi iraniani pagheranno un prezzo alto”, ha minacciato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. E anche il ministro della Difesa, Israel Katz, è passato all'attacco ordinando di "attaccare l'Iran con maggiore intensità: obiettivi strategici e governativi a Teheran per eliminare minacce e indebolire il regime il regime degli ayatollah. Il codardo dittatore iraniano - ha aggiunto Katz - si nasconde nelle profondità del bunker fortificato e spara colpi contro ospedali ed edifici residenziali in Israele: sono crimini di guerra della più grave specie e Khamenei sarà ritenuto responsabile dei suoi crimini", ha scritto su X.

 

La versione della Repubblica islamica, veicolata dalla sua agenzia di stampa statale Irna, è che gli “obiettivi principali - del raid di questa mattina, 19 giugno - erano il grande quartier generale del Comando e Intelligence dell'esercito israeliano (IDF C4I) e il campo di intelligence militare nel Parco Tecnologico di Gav-Yam”. Queste strutture, ha continuato l’agenzia, si trovano accanto all’ospedale.

 

Dal canto suo, Israele ha attaccato e colpito il reattore ad acqua di Arak, a 250 chilometri circa da Teheran, e l’impianto di Natanz. La conferma è arrivata dalla televisione di Stato iraniana, secondo cui non vi era "alcun pericolo di radiazioni” dal reattore di Arak, che produce plutonio come sottoprodotto che può essere potenzialmente essere utilizzato nelle armi nucleari. Questo è lo stesso sito che, nell’ambito degli accordi del 2015 firmati da Barack Obama e poi stralciati da Donald Trump, Teheran aveva promesso di riprogettare per alleviare i problemi di proliferazione.

 

Nel frattempo, ieri la guerra ha fatto un passo in avanti con l’approvazione da parte di Trump, come ha scritto il Wall Street Journal, dei piani di attacco contro l’Iran, dopo che più volte - ma senza mai sciogliere la riserva - ha ammesso la possibilità di entrare direttamente nel conflitto al fianco di Israele. Ma, riporta ancora il quotidiano americano, il presidente Usa non sarebbe ancora pronto a dare l’ordine perché starebbe aspettando di vedere se Teheran torni al tavolo per raggiungere un accordo; accordo, come più volte ripetuto nelle ultime ore, che per il tycoon dovrebbe significare una sola cosa, la “resa incondizionata”.

 

Che gli Stati Uniti potrebbero essere a un passo dal coinvolgimento diretto è testimoniato anche dai movimenti militari nell’area. Entro la prossima settimana, la portaerei Uss Ford Carrier arriverà di fronte alle coste iraniane per aggiungersi alle già presenti Uss Carl Vinson e Uss Nimitz. Ma soprattutto, quattro bombardieri B-2 sono già stati spostati sulla pista della base Diego Garcia nell’Oceano Indiano, pronti al decollo. Questi bombardieri potrebbero avere un ruolo fondamentale nella guerra e nei piani israelo-americani di distruzione dei siti nucleari di Teheran, perché i B-2 sono gli unici velivoli dell’esercito americano previsti per il trasporto delle bombe Mop, le “Bunker Buster” che servono - e gli Stati Uniti sono gli unici ad averle - per colpire e danneggiare gli impianti nucleari sotterranei di Fordow, il cuore nevralgico del programma iraniano.

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