Quello che le donne della Palestina occupata stanno vivendo è un «genocidio riproduttivo»: Sawsan Saleh parla di «perdita dei feti durante la gravidanza e altre malattie per mancanza di acqua o servizi igienici». Sawsan è la presidente di Aowa (Association of Women’s Action for Training and Rehabilitation) e scrive via email con l’aiuto della figlia Ruba perché è malata. «Gli ultimi 18 mesi hanno rappresentato il periodo più difficile mai attraversato come palestinesi e come donne, a Gaza e in Cisgiordania – spiega – hanno toccato tutti i livelli, a partire dalla sicurezza umana con sfollamenti forzati, perdita di persone care, confisca di proprietà da parte dell’esercito e delle bande di coloni. Anche l’istruzione è stata colpita, così come i servizi sanitari».
Nata nel 1994 dal lavoro di un gruppo di attiviste palestinesi, Aowa, insieme con Altromercato, ha avviato una produzione di saponi e oli essenziali per combattere l’emarginazione grazie al lavoro. Oggi l’associazione, con sede a Ramallah e con diramazioni a Jenin, Hebron, Tulkarem e Gaza, ha dovuto trasformarsi: «Ora l’80 per cento dei nostri sforzi è per gli aiuti – spiega Sawsan – in primis cibo e coperte alle famiglie costrette allo sfollamento».
«L’esercito sionista prende di mira quotidianamente i rifugi per sfollati, campi o scuole», mentre «il continuo volo dei quadricotteri suscita terrore». Zainab Al Ghonaimy è attivista della Coalizione delle donne per combattere la violenza contro le donne. Fino a poche settimane fa, teneva un diario. A passare queste pagine a L’Espresso è Stefania Guerrucci della cooperativa sociale Ponte Solidale. Leggiamo: «Negli ultimi mesi, con la presenza di un gran numero di persone nella mia stessa casa, mi sveglio alla stessa ora, all’alba, ma con i rumori delle porte del bagno poiché il mio posto letto è nel piccolo corridoio tra le stanze». Per la doccia «approfitto di acqua calda nel thermos avanzata dalla sera prima». Per strada ci sono cadaveri. La notte è insonne, un «ronzio nella testa» a ogni esplosione. «Tutti noi ci aspettiamo ogni giorno la morte da un proiettile, da una bomba».
Il diario si è interrotto perché un missile israeliano ha sterminato l’intera famiglia di suo nipote: moglie e figli. Ponte Solidale, con Altreconomia, Altromercato ed Equo Garantito, ha deciso di fare da megafono all’appello con l’hashtag #SawsanTiHoLetto: «Un tentativo – spiega Guerrucci – per non sentirci del tutto impotenti».