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10 luglio, 2025L'Idf offre centinaia di dollari al giorno per contribuire alla demolizione sistematica dell'enclave palestinese
"La distruzione sistematica di Gaza non è certo un segreto", scrive sul Guardian l'editorialista Arwa Mahdawi. Il piano di demolizione degli edifici e di spostamento forzato della popolazione palestinese non è più un documento riservato sulla scrivania di un ministro. È una prassi pubblica, sotto gli occhi di tutti. Lo dimostrano gli annunci pubblicati dall'esercito israeliano su Facebook per reclutare operatori di bulldozer, pagati per demolire la Striscia.
"Cercasi operatore esperto che sappia lavorare tra le rovine, stipendio pagato dal ministero della Difesa", recita uno dei post visibili su pagine pubbliche dedicate agli operatori di mezzi pesanti. Le offerte in denaro arrivano fino a 3 mila shekel (circa 880 dollari) - scrive il Guardian - per chi è disposto a guidare bulldozer nelle zone di guerra.
Secondo un'inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz, si tratta in molti casi di pagamenti a cottimo. Le cifre riportate sono sempre nell'ordine delle migliaia: 2.500 shekel per demolire un edificio piccolo, 5 mila per uno grande. È una pratica irrituale anche per le forze di difesa israeliane, che da sempre operano con mezzi e personale militare. Negli ultimi mesi, però, vista la carenza di conducenti e la strategia di demolizione su larga sala, l'esercito sta ricorrendo anche ai civili.
Meta, la società che controlla Facebook, non ha preso finora una posizione chiara sull'accaduto, limitandosi a rimandare alle sue linee guida. Ma la piattaforma non sta solo ospitando annunci che cercano operatori di bulldozer, spesso vengono diffusi anche video di autisti israeliani che glorificano la demolizione di edifici palestinesi. In alcuni casi, dopo segnalazioni, i video sono stati rimossi. Ma gli annunci di lavoro restano e, secondo diversi esperti legali, anche questo tipo di contenuti può rappresentare una violazione del diritto internazionale.
Il fatto che il piano di reclutamento per la distruzione di Gaza possa circolare liberamente online e venga, di fatto, facilitato da Facebook, solleva interrogativi profondi sull'implicazione delle grandi piattaforme tecnologiche nella guerra a Gaza. Gli stessi dubbi che emergono se si guarda alle campagne web mirate a screditare la relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese. Negli ultimi giorni, cercando il suo nome su Google, compare tra i primi risultati una pagina sponsorizzata da un dominio governativo israeliano, govextra.gov. Una politica simile è stata adottata su YouTube, con video promozionali in favore della controversa Gaza Humanitarian Foundation, organizzazione sostenuta da Israele e Stati Uniti che si occupa della gestione degli aiuti nella Striscia.
Secondo l'ultima stima delle Nazioni Unite, circa il 92% di tutti gli edifici residenziali di Gaza – 436 mila abitazioni – è stato danneggiato o distrutto dall’inizio del conflitto. Restano solo le rovine e, dopo il passaggio di bulldozer ben pagati, spariranno anche quelle.
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