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17 luglio, 2025Elon Political Party non esiste sulla carta. Non ha un segretario, una sede, un programma depositato. Non partecipa alle elezioni, ma le influenza. Non chiede voti, ma attenzione
Non serve fondare un partito per dominare la politica. Basta un impero di follower, un algoritmo a favore e una narrativa che polarizza. Il cosiddetto Elon Political Party è la rappresentazione concreta di come il potere oggi si costruisca non più nelle urne, ma nelle reti. Non nei Parlamenti, ma nei feed.
Questo partito non esiste sulla carta. Non ha un segretario, una sede, un programma depositato. Non partecipa alle elezioni, ma le influenza. Non chiede voti, ma attenzione. È una creatura del nostro tempo: un partito senza statuto ma con una narrazione potente, una piattaforma da miliardi di visualizzazioni, e un leader carismatico che non ha bisogno di legittimazione formale per dettare l’agenda pubblica globale. Elon Musk, oggi alla guida di X (ex Twitter), Tesla, SpaceX, Neuralink e Starlink, è diventato una figura che trascende il ruolo dell’imprenditore. È un attore politico a tutti gli effetti, capace di orientare le opinioni pubbliche, influenzare le Borse, muovere interi segmenti industriali — e farlo in tempo reale, bypassando ogni mediazione tradizionale.
Il “programma” di questo partito non è scritto, ma emerge per accumulo: si legge nei suoi tweet, nelle sue interviste, nei suoi endorsement politici — come il supporto dato a Ron DeSantis durante la corsa presidenziale 2024, o le simpatie più o meno esplicite per figure come Vivek Ramaswamy, Robert F. Kennedy Jr. e, in passato, anche Donald Trump. Si riconosce nei suoi scontri frontali con l’amministrazione Biden, nelle crociate contro «l’establishment woke», nella battaglia per una libertà d’espressione assoluta, anche a costo di ospitare contenuti estremisti. Il sistema di valori che emerge da tutto questo è chiaro: libertarismo economico, tecnofuturismo radicale, disprezzo per la burocrazia e culto della performance individuale. Lo Stato è inefficiente per definizione, le regole sono freni da aggirare, i progressi tecnologici — dall’IA al volo spaziale, fino all’interfaccia neurale — sono inevitabili e vanno accelerati a ogni costo. In questa visione, chi fallisce è colpevole, chi rallenta è un ostacolo, e chi osa è legittimato, sempre.
Il partito di Elon si nutre di simboli, meme, provocazioni, e parla direttamente ai suoi “elettori” — anche se non li chiama così. Non si vota per Musk, ci si riconosce nella sua postura. E questa è forse la sua arma più potente: la capacità di creare appartenenza in un’epoca di disillusione. Chi lo critica diventa automaticamente parte del “sistema”, chi lo segue sente di stare dalla parte di chi cambia davvero le cose — a prescindere dal metodo.
È una forma di consenso emotivo, alimentata più dall’estetica della rottura che dalla coerenza ideologica. La domanda se Musk si candiderà mai è secondaria, quasi ingenua. Il punto è che non ne ha bisogno. Con più di 185 milioni di follower su X, e un’influenza diretta su settori strategici come energia, trasporti, comunicazione satellitare e AI, esercita già un potere maggiore di quello di molti leader eletti. E questo potere non è soggetto a bilanciamenti istituzionali, ma solo all’umore dei mercati e all’engagement delle piattaforme. Il vero problema, allora, non è Elon. È il contesto che lo rende possibile: un mondo in cui la visibilità equivale al consenso, e dove chi controlla la narrativa — e gli strumenti per diffonderla — ha già vinto la battaglia, senza mai presentarsi in Parlamento.
L’Elon Political Party è la mutazione perfetta del potere nell’era della comunicazione algoritmica. Non verticale ma virale. Non regolato dalla legge ma dalla reach. Non fondato sui partiti ma sulle community. E come ogni forma di potere emergente, richiede nuove forme di consapevolezza. Perché si può ammirare Elon Musk o considerarlo un pericolo, ma ignorarne la portata politica oggi sarebbe un errore imperdonabile.
Mentre i governi legiferano, lui lancia razzi, riconfigura piattaforme, riorienta conversazioni. La sua campagna elettorale è già cominciata e probabilmente vinta — solo che non ha bisogno di candidarsi.
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