Il Dalai Lama e Pechino si trovano davanti a un conflitto di competenza per la scelta del successore della guida spirituale tibetana. Il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, in occasione del suo 90esimo compleanno (che cade il 6 luglio) ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale "l'istituzione sarà perpetuata" e "il processo di riconoscimento" di una nuova massima autorità spirituale del Buddismo tibetano "sarà di esclusiva competenza dei membri del Gaden Phodrang Trust, l'Ufficio di Sua Santità il Dalai Lama", l'unico - ha continuato Tenzin Gyatso - "ad avere l'autorità di riconoscere la futura reincarnazione".
Pechino, però, non sembra voler concedere al più importante monaco buddista la facoltà di scelta sull'argomento, convinta che spetti alla Repubblica popolare. La vicenda del successore è motivo di inquietudine per la Cina già dallo scorso marzo quando, nel suo nuovo libro Voice for the Voiceless, Tenzin Gyatso aveva scritto che il suo successore nascerà fuori dalla Cina, nel "mondo libero".
Il prossimo Dalai Lama sarà il primo a essere selezionato dalla fondazione della Repubblica popolare, che rivendica di aver ereditato il diritto di scelta originario della dinastia imperiale Qing. Secondo i media locali, si potrebbe così arrivare ad avere due Dalai Lama, uno riconosciuto da Pechino e l'altro dal governo tibetano in esilio. Anche dai vertici del Partito arriva la smentita alla guida spirituale tibetana: la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha annunciato che il successore del Dalai deve essere approvato dal governo cinese. "La reincarnazione del Dalai Lama, del Panchen Lama e di altre grandi figure del Buddismo devono essere scelte per estrazione a sorte da un'urna d'oro e poi approvate dal governo centrale", ha dichiarato Mao. La portavoce ha poi ricordato che "il governo cinese attua una politica di libertà di credo religioso, ma esistono norme sugli affari religiosi e metodi per gestire la reincarnazione dei Buddha viventi tibetani". La politica di Pechino di rendere la religione più cinese "non è una restrizione", ha continuato, sottolineando che, tuttavia, "il Buddismo tibetano è nato in Cina e porta con sé caratteristiche cinesi".
Il Dalai Lama ha letto il messaggio nel monastero di McLeod Ganj, nell'India settentrionale, dove la guida spirituale vive in esilio da quando ha lasciato il Tibet - controllato dalla Cina - nel 1959, all'età di 23 anni, quando l'Esercito popolare di liberazione piegò la rivolta armata in Tibet contro i comunisti di Mao Zedong. Da allora, il premio Nobel per la pace è diventato il volto globale della spinta tibetana ad affermare la propria identità culturale, nonché un potente simbolo di pace e della non violenza.