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21 agosto, 2025Il viaggio è servito a Pechino per rimarcare il controllo governativo sulla storica regione ribelle e ribadire la condanna ai progetti separatisti: “Qualsiasi tentativo di dividere la madrepatria è destinato a fallire"
Per la seconda volta durante la sua presidenza, Xi Jinping si è recato in Tibet per una visita ufficiale, per celebrare i sessanta anni dall’istituzione della regione autonoma del Tibet. La Regione Autonoma di Xizang (il nome mandarino del Tibet) fu istituita nel 1965, sei anni dopo la fuga in esilio in India del XIV Dalai Lama.
Con una sfarzosa parata nel capoluogo Lhasa, Xi è stato accolto da migliaia di persone con bandierine rosse, tra militari, stendenti e personalità di spicco della società tibetana. Il presidente è stato accompagnato da una delegazione composta da alti dirigenti del Partito comunista, tra cui Wang Huning, il numero 4 del Pcc. Il politico cinese ha chiesto “di approfondire la lotta antisecessionista e di garantire consolidamento e sicurezza delle aree di confine”. “Qualsiasi tentativo di dividere la madrepatria e di minare la stabilità del Tibet è destinato a fallire", ha aggiunto.
Il viaggio di mercoledì 20 agosto, che segue ad una prima visita nel 2021, è servito alla presidenza cinese per rimarcare il controllo governativo sulla storica regione ribelle e ribadire la condanna ai progetti separatisti. Il presidente cinese ha elogiato gli sforzi compiuti dal governo regionale per "condurre una lotta a tutto campo contro il separatismo".
“Per governare, stabilizzare e sviluppare il Tibet, la prima cosa è mantenere la stabilità politica, la stabilità sociale, l'unità etnica e l'armonia religiosa” ha dichiarato Xi agli alti funzionari tibetani, non facendo alcun riferimento alla figura del Dalai Lama. La visita si colloca, infatti, in un momento delicato nei rapporti fra Pechino e il buddismo tibetano. La guida spirituale, in esilio in India ormai da più di 60 anni e bollata dalla Cina come un “pericoloso separatista”, a luglio aveva annunciato che sarà trovato un successore dopo la sua morte, tra i tibetani in esilio. Il governo cinese, invece, sostiene di avere l’autorità esclusiva di approvare il nuovo Dalai Lama, che riconosca, quindi, la piena sovranità di Pechino sulla regione.
“Questa visita riflette la profonda insicurezza della Cina in Tibet e la sua necessità di esercitare la leadership e affermare la propria autorità in Tibet", ha affermato Tencho Gyatso, presidente dell'International Campaign for Tibet, ong che si batte per la difesa dei diritti umani. Malgrado Pechino neghi qualsiasi forma di oppressione nei confronti del popolo tibetano, diverse organizzazioni internazionali denunciano da anni una repressione sistematica dei diritti umani nella regione, dove rimane difficile ogni forma di dissenso, oltre che condurre indagini indipendenti sullo stato delle libertà.
Il Tibet costituisce anche un’importante zona strategica al confine con l’India. È qui che il governo costruirà la più grande centrale idroelettrica al mondo, un progetto da 167 miliardi di dollari, già al centro di attriti fra Pechino, Nuova Delhi e Dhaka.
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