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20 agosto, 2025A cinquant’anni dall’indipendenza, il Paese è funestato dai raid dei gruppi armati e dalla dura repressione governativa del Frelimo contro le proteste per l’esito delle elezioni
Il sole brilla senza sosta sulla baia di Maputo. La lunga stagione delle piogge e di cicloni che ha devastato per mesi il Mozambico è un ricordo sbiadito. La capitale sembra risplendere nell’anniversario dei cinquant’anni di indipendenza. Un compleanno che echeggia come un battito di cuore pulsante di speranza. Ma l’ombra del conflitto nel Nord del Paese, con l’avanzata jihadista, e le repressioni contro i manifestanti che da ottobre scorso contestano la regolarità delle elezioni, offuscano il “sogno” di un futuro di libertà.
Sono passati cinquant’anni da quando, nel 1975, questo vasto angolo del Sud-Est africano riuscì a scrollarsi di dosso il giogo coloniale portoghese. Camminando tra le vie di Maputo, palpitante di aspettative di democrazia, si percepisce una vibrante sinfonia di colori, suoni e profumi. I vicoli sono attraversati dal ritmo incessante dei chiquitsi (strumenti a percussione) e dal canto di venditori ambulanti che offrono frutta fresca, spezie e xima, l’alimento base per molti mozambicani. Il mare, immenso e cristallino, sussurra leggende di tempi lontani mentre le case dalle sfumature calde e dalle basi solide ricordano l’attitudine di un popolo che ha imparato a resistere, a reinventarsi. Il cinquantenario dell’indipendenza è un’occasione per riflettere sul cammino percorso e quello futuro.
Il Mozambico ha scritto pagine di dolore e di vittoria, di battaglie simboliche e di miracoli quotidiani. La ricostruzione delle comunità, l’affermazione delle culture autoctone, l’entusiasmo di un nuovo vento di speranza permeano ogni angolo di questa terra, dove le tradizioni ancestrali convivono con le aspettative del presente. Ovunque si volga lo sguardo, si avverte il fruscio di un popolo determinato a proseguire il suo viaggio, tra ostacoli economici e sociali. Gli schianti di bambù, le risa dei bambini che giocano tra gli alberi di cashew, i fuochi d’artificio di una notte di festa: tutto parla di un’indomita volontà di aprirsi a un domani luminoso, lasciando cadere i pesi del passato.
Ma con quali margini di libertà? Dalla fine della guerra coloniale durata oltre 10 anni, che ha visto la guerriglia del Fronte di liberazione del Mozambico sopraffare il dominio portoghese, il Frelimo non ha mai lasciato il potere. Dopo la firma degli accordi di Lusaka, il 25 settembre 1974, allo scadere dei sei mesi di transizione, gli “eroi” mozambicani hanno assunto il controllo del Paese il 25 giugno del 1975.
Da allora il braccio politico del gruppo armato, ormai partito di maggioranza, non lo ha mai perso. Alla fine del 2024, la fragile stabilità pseudo “democratica” è stata scossa da una violenta crisi post-elettorale, repressa nel sangue. «Le forze di sicurezza hanno fatto un uso sconsiderato della violenza nella repressione delle proteste seguite alle elezioni dell’ottobre del 2024, causando uccisioni illegali e ferite devastanti», dice Khanyo Farise, vicedirettrice regionale di Amnesty per l'Africa orientale e meridionale. L’organizzazione internazionale per i diritti umani ha documentato in un rapporto come l’esercito e la polizia abbiano sparato con armi letali, gas lacrimogeni e proiettili di gomma contro manifestanti e passanti, compresi i bambini. «Le autorità hanno anche effettuato arresti arbitrari di massa e preso di mira i giornalisti e l’accesso a Internet è stato limitato nei momenti chiave», la denuncia di Farise. Invece di ascoltare le rimostranze della popolazione, il governo guidato dal Frelimo ha preferito andare allo scontro, scatenando un’azione di forza contro i manifestanti che ha provocato la morte di innocenti e una serie infinita di violazioni dei diritti umani. «Se il nuovo presidente, Daniel Chapo, vuole voltare pagina garantisca indagini approfondite e trasparenti sulla sconsiderata repressione affinché i responsabili ne rispondano», l’appello di Farise.
Le elezioni nazionali si sono svolte il 9 ottobre del 2024, in un clima di grande tensione. All’indomani dell’annuncio della vittoria di Chapo, con il 65 per cento dei voti, il partito di opposizione Podemos e il suo candidato alla presidenza, Venâncio Mondlane, hanno denunciato brogli elettorali. Dieci giorni dopo sono scoppiate le prime proteste che si sono diffuse in tutto il Paese e si sono intensificate con l’avvicinarsi dell'insediamento del neocapo di Stato, avvenuto il 15 gennaio. La società civile ha denunciato almeno 400 morti e più di tremila feriti; 96 le vittime secondo la polizia, compresi 17 agenti.
L’altra grave crisi che si trova ad affrontare il Mozambico è il conflitto nella provincia di Cabo Delgado, che ha causato circa cinquemila vittime e un milione di sfollati, dal 2017 a oggi. La regione, ricca di fonti energetiche come petrolio e gas, è teatro di continui attacchi jihadisti. Il Mozambico confina con Tanzania, Malawi, Zambia, Zimbabwe, Sudafrica ed Eswatini: con una costa di 2.700 km sull’Oceano Indiano è in una posizione strategica. Due terzi dei 35 milioni di abitanti vivono in stato di indigenza nelle zone rurali. Nonostante le vaste risorse minerarie presenti sul suo territorio, il Mozambico resta tra le nazioni più povere al mondo: 185° su 191 Paesi. La sua collocazione regionale e i numerosi porti lo rendono uno snodo cruciale per gli Stati confinanti senza sbocco sul mare, offrendo potenzialità economiche significative.La presenza di forze militari del Rwanda e della Comunità di sviluppo dell’Africa australe ha temporaneamente migliorato lo stato della sicurezza, ma l’instabilità ha continuato a estendersi, fino a Nampula, la città più grande nel Nord del Paese. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha registrato nell’ultimo mese un peggioramento della crisi umanitaria, causata dalla crescente violenza armata. Molti civili sono in fuga verso la vicina Tanzania.
«L’escalation della violenza da parte di “Gruppi armati non statali” ha determinato lo sfollamento di migliaia di persone, l’interruzione di servizi essenziali e l’aggravamento dell'insicurezza alimentare, oltre alla forzata limitazione della fornitura di assistenza salvavita», si legge nel rapporto dell’agenzia Onu che L’Espresso ha visionato in anteprima – la cui illustrazione ufficiale è prevista nella prossima riunione sull’area del Consiglio di sicurezza. Gli ultimi gravi attacchi documentati sono avvenuti tra il 20 e il 28 luglio. Oltre 46 mila persone sono state costrette a fuggire dai distretti settentrionali di Chiúre, Ancuabe e Muidumbe, nella provincia di Cabo Delgado, portando a circa centomila il numero totale di sfollati dal 1° gennaio.
A diffondere terrore i gruppi armati affiliati allo Stato Islamico, che si sono spinti fino a Niassa, riserva naturale del Mozambico celebre per la sua biodiversità unica. Il brutale attacco terroristico ha causato almeno venti morti, tra cui due ranger del parco che gli estremisti hanno decapitato. Il governo mozambicano, pur sostenuto da truppe di altri Paesi della regione, fatica a contrastare l’escalation di violenze: interi villaggi sono stati bruciati e migliaia di civili – compresi bambini – massacrati senza pietà.

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