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26 agosto, 2025"Stop al genocidio": a fine agosto partiranno anche dall'Italia le barche della Global Sumund Flotilla, la flotta della resilienza globale che vuole forzare il blocco israeliano. Le scorse missioni sono finite con l'arresto e l'espulsione degli attivisti
L’obiettivo è sempre lo stesso: rompere il blocco israeliano e raggiungere le coste di Gaza. La nuova missione della Freedom Flotilla Coalition partirà a fine mese, con le imbarcazioni italiane che salperanno anche dall'Italia – il 31 agosto da Genova e il 4 settembre dalla Sicilia – per unirsi a quelle in partenza dalla Tunisia, dalla Spagna, dalla Grecia e da altri Paesi. L’hanno ribattezzata Global Sumund Flotilla, la flotta della resilienza globale, perché a differenza delle scorse missioni saranno diverse le navi che, tutte insieme, proveranno a raggiungere la Striscia.
“Stop all’assedio, stop al genocidio, stop alla fame usata come arma e stop alla disumanizzazione”. A bordo ci saranno attivisti da 44 Paesi di tutto il mondo. “Sebbene apparteniamo a nazioni, fedi e convinzioni politiche diverse, siamo uniti da un’unica verità: l’assedio e il genocidio devono finire. Siamo indipendenti, internazionali e non affiliati ad alcun governo o partito politico – si legge in una nota della Global Sumund Flotilla –. La nostra fedeltà è alla giustizia, alla libertà e alla sacralità della vita umana”.
“Ci sono dei rischi”, continua il comunicato. Quei rischi che hanno già sperimentato le due precedenti missioni, finite entrambe – a giugno e poi, nuovamente, a luglio – con il sequestro in acque internazionali delle imbarcazioni – la Madleen e la Handala – e con l’arresto e poi l’espulsione da Israele dagli attivisti. Questa volta a bordo della nuova missione, la più numerosa dal 7 ottobre 2023, ci sarà ancora anche Greta Thunberg.
I rischi, tuttavia, non fermano gli attivisti. “Il pericolo maggiore – continua il comunicato della Global Sumund Flotilla – sta nel permettere a Israele e ai suoi alleati di compiere un genocidio impunemente. Israele ha una lunga storia documentata di uso della forza contro le flotte umanitarie. Tuttavia i rischi che corriamo sono minimi rispetto a quelli che i palestinesi affrontano ogni giorno: fame, deportazioni e bombardamenti. Queste imbarcazioni non trasportano solo aiuti, ma anche un messaggio: l’assedio deve finire”.
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