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28 agosto, 2025Oltre 1.500 operatori sanitari sono stati uccisi nella Striscia dall’ottobre 2023. E tra loro anche luminari riconosciuti. Intanto, nei pochi ospedali attivi, manca quasi tutto
Il sistema sanitario nella Striscia di Gaza è al collasso a causa dei bombardamenti israeliani contro ospedali, ambulanze e personale medico. Dall’ottobre 2023, almeno 1.580 operatori sanitari palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia, secondo quanto riferito dal Ministero della Salute.
Solo negli ultimi due mesi, più di 70 membri del personale medico hanno perso la vita sotto i bombardamenti. Tra questi, ci sono le menti palestinesi più brillanti di Gaza. Mousa Khafajeh, consulente presso l’Ospedale Nasser; Soma Baroud, ostetrica e ginecologa; Omar Farwana, ex preside della Facoltà di Medicina dell’Università Islamica di Gaza; Rafat Lubbad, direttore dell’ospedale Hamad per gli arti artificiali; Ahmad Nabhan, capo del reparto di emergenza dell’Ospedale Indonesiano.
Una delle ultime vittime, il dottor Marwan al-Sultan, stimato cardiologo e direttore dell’Ospedale Indonesiano, è stato ucciso da un attacco aereo israeliano che ha colpito direttamente il palazzo in cui si trovava con la sua famiglia, uccidendo lui, la moglie e altri parenti.
Un sistema sanitario già fragile prima del 7 ottobre, ulteriormente devastato da venti mesi di bombardamenti incessanti. «Prima della guerra, il sistema sanitario nella Striscia di Gaza era già frammentato. In teoria, avrebbe dovuto essere un sistema sanitario unificato e autonomo, in pratica era separato da quello della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Anni e anni di occupazione israeliana, uniti a 17 anni di assedio su Gaza, hanno di fatto separato tutte queste entità, dando origine a un sistema sanitario irregolare e diviso», spiega Aseel Aburass, direttrice del Dipartimento per i Territori Palestinesi Occupati di Medici per i Diritti Umani-Israele. «Israele controlla non solo l’ingresso e l’uscita dalla Striscia dei pazienti e dei feriti, ma anche quello degli operatori sanitari, delle forniture e apparecchiature mediche», aggiunge.
Tra le conseguenze più gravi della guerra sul sistema sanitario di Gaza, l’uccisione dei medici più esperti è forse quella più difficile da affrontare. «Quando la guerra finirà, ci vorranno anni per ricostruire tutti gli ospedali, ma ancora di più per ricostruire la capacità professionale del sistema sanitario dopo l’uccisione sistematica del personale medico. Queste figure, come al-Sultan, hanno speso tutta la vita per raggiungere questo livello di competenze». Secondo Aburass, «la politica è quella di rendere Gaza invivibile, eliminando tutte le condizioni necessarie per la vita. È un modo per impedire ai palestinesi di sopravvivere e, a chi sopravvive, di non poter più vivere lì».
Dei 36 ospedali di Gaza, solo 17 sono parzialmente funzionanti secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità. Di questi, solo cinque, inclusi il Complesso Medico Nasser e l’Ospedale Al-Amal, rappresentano il 75 per cento di tutti i letti ospedalieri di Gaza. Nessun ospedale è più operativo nel Nord della Striscia.
E tra quelli funzionanti manca praticamente tutto. «Tutti gli ospedali stanno soffrendo la mancanza di medicinali e forniture mediche, così come di carburante necessario per i generatori e le ambulanze. Il personale lavora instancabilmente, 24 ore su 24, da circa due anni», spiega Nebal Farsakh, portavoce della Mezza Luna Rossa Palestinese. «Molti pazienti muoiono a causa di malattie molto lievi. Non ci sono medicinali disponibili per i pazienti con malattie croniche, né latte in polvere né multivitaminici da fornire a bambini e donne che soffrono di malnutrizione».
Le condizioni in cui si trova a lavorare il personale sanitario sono disumane. «Quando i paramedici escono a soccorrere le persone sanno che potrebbero diventare un obiettivo in qualsiasi momento», aggiunge. I casi più noti sono quello dei 15 paramedici assassinati dall’esercito israeliano a Rafah lo scorso 23 marzo e quello dell’equipaggio di un’ambulanza colpito mentre tentava di soccorrere Hind Rajab, di soli 6 anni, nel gennaio 2024.
«Inoltre, vivono sotto costante ansia, sapendo che mentre sono in servizio, anche i loro familiari potrebbero essere colpiti, poiché a Gaza non c’è un posto sicuro. Accade frequentemente che i nostri infermieri, medici e paramedici siano scioccati nel vedere un loro familiare arrivare in ospedale, ucciso o ferito, mentre erano impegnati a prestare soccorso», confessa Farsakh.
L’esercito israeliano ha più volte respinto le accuse di aver deliberatamente colpito operatori sanitari, sostenendo che si è trattato di “danni collaterali”, senza però offrire spiegazioni alternative. Tuttavia, dalle testimonianze di alcuni soldati israeliani, emerge una realtà diversa. «Dopo il 7 ottobre è diventato legittimo considerare i palestinesi come se non fossero più esseri umani. Molti politici li hanno disumanizzati, e questo ha giustificato, per molti, il bombardamento impunito di ospedali e di altre strutture, così come il ferimento o l’uccisione di medici e paramedici», racconta Ron Feiner, 26 anni, riservista dell’Idf, condannato a 20 giorni di prigione per essersi rifiutato di presentarsi in servizio in segno di protesta contro la guerra a Gaza.
Il senso di impunità tra i soldati israeliani è diffuso: «In teoria dovrebbe esistere un meccanismo per giudicare i militari responsabili di crimini, ma nella pratica è quasi impossibile esaminare ogni singolo caso in una situazione del genere, e il sistema finisce per giustificare simili atti», ammette Feiner.
Una violazione sistematica delle norme del diritto internazionale umanitario. Da venti mesi, senza sosta.
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