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7 agosto, 2025Il presidente russo potrebbe detenere materiali “non pubblici” relativi alla vicenda. Parte dell’archivio potrebbe essere finito anche in mano al Mossad già negli anni Novanta
Ogni volta che Donald Trump finisce nel vortice del caso Epstein, c’è un dettaglio che ritorna come un orologio svizzero: un’accelerazione improvvisa dei contatti con Mosca. E adesso, con l’annuncio di un incontro “di alto livello” tra il presidente americano e Vladimir Putin – su iniziativa, guarda caso, della parte americana – in ambienti dell’intelligence occidentale si alza il livello d’allerta. Perché dietro il palcoscenico delle diplomazie ufficiali si celerebbe un’altra partita, molto meno geopolitica e molto più personale.
A parlare è Yuri Ushakov, consigliere presidenziale russo, figura storica negli ingranaggi del potere moscovita. “Su proposta di Washington – ha dichiarato – è stato sostanzialmente concordato un incontro bilaterale nei prossimi giorni”. Un annuncio sobrio, ma che nei circuiti dell’intelligence europea suona come una sirena. «Non è l’Ucraina il motivo principale – spiega una fonte –. È Epstein. Ancora una volta».
Secondo quanto filtra da analisti di stanza a Bruxelles, il presidente russo potrebbe detenere materiali “non pubblici” relativi al caso Epstein: registrazioni, appunti di intelligence, persino spezzoni video che proverebbero il coinvolgimento di alcune personalità americane nei circuiti oscuri della rete di traffico e ricatto tessuta attorno all’isola del miliardario suicidato.
Ma la Russia non sarebbe la sola ad avere le mani su questo materiale. Parte dell’archivio Epstein potrebbe essere finito in mano al Mossad già negli anni Novanta, quando il miliardario, allora in rapida ascesa, era osservato come potenziale asset. «Epstein era un ponte – racconta una fonte estera di lungo corso – tra ambienti finanziari americani e interessi internazionali meno visibili. Qualcuno lo ha protetto troppo a lungo, e non gratis».
Il sospetto, ora, è che Putin stia giocando su più scacchiere. Per Trump, pressato da inchieste parallele e da rivelazioni che continuano a filtrare dalla stampa indipendente americana, il colloquio con il Cremlino potrebbe diventare un salvagente. Non tanto per evitare l’imbarazzo politico, quanto per “neutralizzare” una minaccia che potrebbe diventare esplosiva.
Nessuna pace in vista per l’Ucraina, dunque. L’incontro – sostengono fonti riservate – servirà piuttosto a stabilire un patto d’acciaio: materiale compromettente in cambio di garanzie, silenzi, forse addirittura leve strategiche su futuri equilibri geopolitici.
«Putin – osserva una fonte italiana – non regala nulla. Se oggi offre un incontro, è perché tiene in mano qualcosa che Trump non può ignorare».
E mentre i media si preparano a raccontare l'eventuale incontro come l’ennesimo tentativo di dialogo tra superpotenze, nei dossier degli 007 il titolo, quello vero, è già stato scritto.
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