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18 settembre, 2025Netanyahu guarda all’antica potenza greca, ma non tiene conto delle conseguenze storiche delle sue azioni
L’ultimo delirio di Bibi Netanyahu è l’impossibile paragone tra Israele e Sparta. La sua illusione di rendere il Paese non una Sparta qualunque ma una super Sparta autosufficiente nella produzione di armi e libera da qualsiasi limitazione relativa a una supposta indipendenza difensiva. “È una lezione che abbiamo imparato da questa guerra”, dice. Ma ignora il punto focale della questione, la sua sostanza più evidente: la fine che proprio Sparta ha fatto dopo aver cercato di dominare il Peloponneso con la violenza nell’età classica del mondo ellenistico.
La dissoluzione delle sue fondamenta, la disgregazione della compagine sociale e politica. In altre parole, il ritorno a un villaggetto di campagna irrilevante e innocuo. Altroché indipendenza negli armamenti e predominio del mondo.
Perché proprio il percorso di rapida ascesa e altrettanto rapido declino di Sparta conferma quel sempre valido detto del chi troppo vuole nulla stringe, e tocca scomodare persino Erodoto che, nella sua profonda analisi della storia greca, risalendo al periodo arcaico delle vicende della città, ricorda come intorno al VI secolo a.C. l’esercito spartano sferrò un duro attacco contro i tegeati, stanziati in una striscia nell’angolo sud-orientale dell’Arcadia. L’obiettivo era quello di annientarli e di rendere la popolazione una massa di schiavi inerti. Ma non ci riuscì, i tegeati si difesero con una forza inaspettata e Sparta subì una pesante sconfitta.
Da qui in poi, gli uomini ai vertici della politica spartana vengono contagiati dall’ossessione per la politica dell’annessione aggressiva e violenta, per le alleanze diseguali dove a loro è concessa ogni cosa e agli alleati è richiesta una fedeltà incondizionata e inappellabile. La guerra contro Atene, la ricerca di finanziamenti dai persiani, l’instaurazione di una severissima oligarchia e il malcontento crescente di una parte dei greci che non accettano le violenze e le continue sopraffazioni dei deliranti spartani.
Ma la corda, si sa, quando è troppo tesa prima o poi si spezza. E questo infonde speranza per il presente, se solo si considera quanto è sorprendente prendere atto dei parallelismi che risaltano così terribili tra il modo di agire della città greca e la scelleratezza di Israele. Progressivamente, i tentativi di imporre con la forza un modello oligarchico oppressivo e l’egemonia di una classe politica delirante e sconsiderata portarono allo sfaldamento e all’isolamento di Sparta. E al sogno del predominio, dell’indipendenza economica e militare e della legge del più forte, si sostituì la dura realtà della rapida decadenza, del declassamento inarrestabile e definitivo di un’egemonia che in piedi non poteva più stare.
Sparta non si riprese mai più e quello che oggi rimane dello splendore di un tempo è una manciata di rovine poco attraenti addormentate su una collinetta e un paesone di sedicimila abitanti fondato nel 1834 che di interessante ha pochissimo. O nulla.
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