Giovani e battaglieri sono il 20 per cento dei consiglieri comunali italiani. E ora vogliono contare di più. Con alleanze trasversali

Qualcuno, maliziosamente, li chiama Baby Casta. "Ma quale Casta", ribattono, "siamo la meritocrazia messa in pratica". Loro sono i 27.304 amministratori locali under 35: giovani che rappresentano quasi il 20 per cento dell'esercito di sindaci, assessori e consiglieri comunali italiani. Potenzialmente, costituirebbero un serbatoio di rinnovamento generazionale, ma per ora restano ai margini. Come si vede nelle tabelle, la stragrande maggioranza degli amministratori young è infatti confinata nei comuni più piccoli e solo una manciata ricopre incarichi di giunta. Ma loro, forti dei numeri, puntano a contare di più. Il primo passo è stato creare una Consulta, Anci Giovane. Fondatore e coordinatore è Giacomo D'Arrigo, classe 1976, consigliere Pd a Nizza di Sicilia, 3 mila anime; il suo vice è Carlo Fidanza, classe '77, capogruppo di An al Comune di Milano, dove 3 mila voti sono il minimo per essere eletti.

Nord e Sud, destra e sinistra, metropoli e micropaese: la trasversalità tra i giovani dell'Anci è la regola, anche per quanto riguarda le alleanze politiche. Conferma D'Arrigo: "La nostra generazione non ha conosciuto i partiti storici, quindi sente meno la questione dell'identità o dell'appartenenza". Lo si è visto alla prima Assemblea nazionale di Anci Giovane, convocata a metà marzo a Taormina. Per due giorni ragazzi del Pdl hanno condiviso le proposte lanciate da ragazzi del Pd e viceversa, e tutti assieme hanno tributato una standing ovation a Giorgia Meloni, considerata una sorta di santa protettrice nel Palazzo. Orgogliosi della loro esperienza, i giovani amministratori sono convinti che la politica sarebbe migliore se prima di entrare in Parlamento fosse obbligatorio per tutti un passaggio negli enti locali. Bocciano le quote verdi, pensano che il potere vada conquistato e non elemosinato e sono convinti che l'unico vero ricambio generazionale avviene battendo i senior sul campo. Il modello è Matteo Renzi. Simona Bonafè, 33 anni, assessore a Scandicci, lavora con Renzi dal 2004: "Matteo", spiega, "è un simbolo perché si è fatto avanti da solo, lottando per affermarsi. Nessuno gli ha regalato nulla". Puntualizza D'Arrigo: "Il potere ce lo siamo conquistato sul campo. E non ci piace che ci definiscano la classe dirigente del futuro: siamo già classe dirigente oggi. Firmiamo delibere, decidiamo, ci assumiamo responsabilità, ogni giorno e da anni".

Illusioni non se ne fanno: "Sappiamo bene che spesso la politica ci usa come spot", ammette Doriana Ribaudo, capogruppo Udc al Comune di Palermo, 26 anni. Si aspettano dunque una guerra dura, ma nel contempo sono convinti che il ricambio arriverà: "Sono nato nel 1976", dice Roberto Ravello, consigliere al Comune di Torino, "e da noi ci sono assessori entrati in carica nel 1975: non può andare avanti così a lungo".

Molte speranze le ripongono nella piattaforma varata dall'assemblea nazionale. Tre richieste secche: voto ai sedicenni, priorità al candidato più giovane in caso di parità di voti (oggi è il contrario), finanziamenti pubblici ai partiti che consentono l'elezione di under 35. Si attendono le risposte dei senior.

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